Stefano Bartezzaghi, la Repubblica 27/11/2010, 27 novembre 2010
COSÌ IL PRONOME PUÒ DIVENTARE MOLTO PERSONALE
Io e te. Basta una consonante fra quattro vocali, a Niccolò Ammaniti, per il titolo del suo ultimo libro (Einaudi, Stile libero). Era dai suoi primi libri che non rinunciava a una frase con verbo, un tipo di titoli che oramai costituiva una specie di suo marchio di fabbrica. Non esclusivo, certo: ma la moda l´ha ampiamente incominciata lui. Con Io e te, si potrebbe azzardare, si mette in concorrenza con Andrea De Carlo (vedi il recente Luielei, una parola sola; ma anche il meno recente Di noi tre) e, azzardando anche più, sulla scia dell´ingombrante precedente di Alberto Moravia, Io e lui.
La verità è che i titoli solo pronominali sono liquidissimi, ipervocalici, quindi aerei. I pronomi personali sono amatissimi dai parolieri, e in libreria si possono distinguere i lettori battistiani da quelli miniani. I primi sfogliano Ammaniti canticchiando «Io e te, vento nel vento»; i secondi fanno il controcanto: «Io / e / te /da / soli!». Proibita sia la deriva mocciana «Io e te tre metri sopra il cielo» sia quella enigmistica «Io e te: oi!» (palindromo).
Un tale karaoke farà, o avrà fatto, storcere il naso ai puristi: «Io e te» non si dice! Si deve dire «Tu e io». Per fortuna che Luca Serianni lo spiega in un libro appena uscito (L´ora d´italiano, Laterza): te può essere anche soggetto, e «io e te» andiamo bene in ogni caso, da soli o nel vento.