LEA MATTARELLA , la Repubblica 27/11/2010, 27 novembre 2010
PERCHÉ AL MERCATO DELLA BELLEZZA JEFF KOONS VALE PIÙ DI TIZIANO
«Si muovono in grandi banchi, come le sardine, tutti uguali: se uno vuole Schnabel, tutti vogliono Schnabel, se uno compra un Keith Haring, si venderanno duecento Keith Haring». Così il critico australiano Robert Hughes descrive i signori del mercato, aggiungendo allo zoo dell´arte contemporanea – già saturo di squali di Hirst e cavalli di Cattelan – anche la figura del pesce-collezionista.
Magari non è proprio così, ma è indubbio che il mercato dell´arte sia sottoposto a strane regole. E quest´anno, giurano carte alla mano Christie´s e Sotheby´s, ha ottenuto risultati straordinari (Christie´s Italia ha segnato ieri un + 21% per le aste autunnali rispetto allo scorso anno). Nonostante la crisi. La cifra più alta mai battuta in asta è del maggio 2010: 106.482.500 dollari pagati per un Picasso. L´artista vivente che costa di più è Lucian Freud che ha realizzato 33.641.000 dollari, ma questo record cambia di continuo. Jeff Koons, che lo deteneva, ha toccato i 25.796.067 dollari. La stima di un Tiziano che passerà in gennaio a New York da Sotheby´s è tra i 15 e i 20 milioni di dollari. Com´è possibile?
Per capirlo è utile ripassare la dichiarazione di Koons, icona globale del neo-pop, artefice di palloncini pantografati e ben smaltati: «Il mio lavoro – dice l´artista americano – non ha altre componenti estetiche al di là dell´estetica della comunicazione». Gli fa eco Hirst : «Trasformarsi in un nome di brand è una parte importante della vita. È il mondo in cui viviamo». L´artista insomma diventa un marchio. Comunicare e "brandizzarsi", secondo la definizione dell´economista Donald Thompson (autore di un libro sul mercato dell´arte intitolato, appunto, Lo squalo da 12 milioni di dollari) ecco gli elementi-chiave del gioco. Proprio come nella pubblicità. A inventare e diffondere in ambito internazionale la Young British Art, culla di Hirst, ma anche di Tracey Emin, Rachel Whiteread e molti altri artistar, d´altra parte, è stato il collezionista Charles Saatchi. Che pubblicitario nasce.
D´altronde, si tratta di diffondere il logo dell´artista in un mercato che è sempre più globalizzato. E gli artisti si trasformano in efficienti macchine di produzione, dirigono fabbriche con schiere di assistenti «Nel 2004 vendevamo a 24 paesi, oggi a 60» afferma Claudia Dwek di Sotheby´s. In un mondo così vasto è più facile restare folgorati da una Kate Moss in gelido marmo bianco di Marc Quinn che da una Madonna con bambino del Cinquecento. Il contemporaneo fa status. E diverte. Vai per fiere, per biennali, e magari ti ritrovi un patrimonio. È successo ai vecchi collezionisti che compravano soltanto per amore. Solo che loro spendevano poco. Oggi è più difficile, si parte già con prezzi alti. «Ma l´arte italiana è ancora sottovalutata ed è in crescita costante. Tiene insieme passione e investimento» dichiara Mariolina Bassetti di Christie´s.
C´è una specie di effetto domino per cui succede che un artista il cui nome ha la sicurezza del marchio, come il giapponese Takashi Murakami, autore di un´operazione pop che trasforma i manga in cultura visiva "alta", varchi, preceduto da Koons, la soglia di Versailles. E sebbene una voce autorevole come quella di Marc Fumaroli l´abbia stroncata come un´«esposizione di giocattoli giapponesi contemporanei, di gran marca e di gran prezzo», questa mostra ne aumenterà il valore. Il gallerista Gagosian può festeggiare. Il sistema dell´arte si muove come un´orchestra ben diretta: gli strumenti sono le gallerie, i musei, i curatori chiamati a certificare il valore dell´opera, le fondazioni, i collezionisti, le aste, le biennali che si moltiplicano, e infine le fiere che sono diventate sempre più importanti, veri e propri eventi, cui non si può mancare, come l´inglese Frieze che si è da poco conclusa o Art Basel, diventata così importante da filiare anche un´edizione americana, l´Art Basel Miami Beach, che si apre il 2 dicembre. È la legge del mercato, che ha bisogno di lanciare sempre nuovi prodotti, e di far aumentare le valutazioni. Più sono alte più cresce l´appeal. Anzi: la bellezza sta nel prezzo. Un´opera costa molto ergo è un capolavoro. Tanto che non è necessario innamorarsene. Si può anche non vedere. In banca c´è qualcuno, un art advisor, che può comprare per te questo bene rifugio che aumenta di valore mentre viene custodito in un caveau. Così si rompe il rapporto diretto, fatto di desiderio che si appaga, tra l´opera e il compratore. E fa dell´arte un bene come un altro. Un semplice, banalissimo, investimento economico.