CARLO PETRINI, la Repubblica 27/11/2010, 27 novembre 2010
LE OSTRICHE SENTINELLE DEL MARE PULITO ECCO PERCHÉ SALVARLE
sONO IMPRENDITORI che negli ultimi tre anni hanno perso dal 50% al 100% della produzione. La situazione è disperata e ci racconta di un mare malato. Siccome i ricercatori stanno brancolando nel buio, la cosa non sembra presagire nulla di buono per gli anni a venire, e non solo per chi ama questi molluschi pregiati che rischia di restarne senza o di doverli pagare cifre astronomiche.
I primi a soffrirne, e in maniera ben più grave, sono i produttori. Un virus sta facendo strage di molluschi mentre in Bretagna e Normandia si è cominciato chiudere i battenti o a licenziare. Allo stato attuale per molte aziende non c´è futuro. Gli scienziati dell´Ifremer, Istituto francese per la ricerca del mare, hanno individuato il responsabile: si chiama Ostreid herpesvirus 1 o OsHV-1, un virus che prolifera nell´ambiente adatto allo sviluppo di alghe che costituiscono l´alimentazione fondamentale delle ostriche. È un virus che, è bene rassicurare tutti, non crea nessun tipo di problema di salute all´uomo: è letale soltanto per le ostriche. Riesce a entrare nei molluschi grazie all´azione di un batterio, il Vibrio splendidus, che ne facilita l´insediamento. Le prime notizie del virus risalgono alla metà degli anni ´80, ma all´inizio le ostriche sembravano resistere bene. Oggi è probabile che l´OsHV-1 abbia subito una mutazione e sia diventato più forte, e al momento non c´è soluzione, non si riesce neanche a capire con certezza che cosa sia successo. Certo è che proprio il vibrione che favorisce la proliferazione del virus gode di straordinaria vitalità. Le cause ipotizzate sono miste ma hanno come denominatore comune la mano pesante dell´uomo: il cambiamento climatico, con l´innalzamento delle temperature del mare; l´aumento dell´inquinamento con l´immissione in mare di quantità eccessive di contaminanti e infine l´esagerata popolazione di ostriche negli allevamenti, per una produzione troppo spinta.
Va detto che l´ostrica, nonostante sia percepita come un prodotto di lusso, non è stata immune dalla corsa produttivistica che ha coinvolto tutto il settore alimentare negli ultimi decenni. Proprio l´Ifremer alcuni anni fa ha brevettato l´ostrica triploide, che riesce ad aggirare la famosa regola della R che vieta di mangiare le ostriche nei mesi che non ce l´hanno nel nome, quindi d´estate. È un´ostrica disponibile tutto l´anno, cresce nella metà del tempo delle ostriche "naturali" (così i produttori stessi chiamano le altre, diploidi, per distinguerle) ed è più carnosa, grossa e "regolare". Non ci sono problemi per il consumatore, il gusto dipende soprattutto dal mare in cui completa la sua crescita e, nonostante sia frutto di un´operazione di ingegneria genetica, non è transgenica. L´ostrica triploide si chiama così perché ha, rispetto alla diploide, un cromosoma in più. Un´eventualità che si può verificare in natura, decisamente rara, che però i tecnici dell´Ifremer sono riusciti a ricreare in laboratorio. Le ostriche triplodi sono sterili e questo è un vantaggio, poiché l´ostrica sterile evita i tempi del ciclo riproduttivo e i mutamenti ormonali conseguenti che ne rallentano la crescita rendendola smagrita e lattiginosa nei mesi senza R. Un indubbio vantaggio dal punto di vista produttivo, tant´è vero che oggi la maggior parte della produzione francese (soprattutto quella per l´esportazione) è di ostriche triploidi.
Molti produttori la chiamano l´ostrica "industriale", e intanto si è creato un fronte di piccoli ostricicoltori che continuano con le diploidi e la rifiutano, perché non rispetta i cicli naturali e quindi gli equilibri delicati degli habitat marini. Tant´è vero che alcuni di essi incolpano proprio le triploidi, con la loro diffusione massiccia, per aver fatto proliferare il virus. L´Ifremer smentisce questa ipotesi, e i dati scientifici la avvallano, ma al di là di vere o presunte responsabilità è innegabile che siamo di fronte a un prodotto che ha portato un´alterazione nel ciclo naturale, un organismo creato in laboratorio e riprodotto in pochi centri specializzati e che, magari per un errore o per scarsa attenzione al problema da parte dei responsabili, potrebbe essere stato decisivo nella diffusione del virus. Al momento però è ben più plausibile la causa del depauperamento del mare. È sempre la stessa storia: quando si accelerano troppo i ritmi della natura per produrre di più non si sa a che sorprese si va incontro. Un problema piccolo e normalmente contenibile in un contesto di grande biodiversità e produzione "lenta", di fronte a produzioni intensive può diventare insormontabile.
Ora nel Nord della Francia sono disperati, lassù si ottengono le ostriche migliori. Le temperature fredde del mare fanno sì che un´ostrica normale necessiti di tre anni prima di essere pronta per essere mangiata (nel Mediterraneo, più caldo, ci vuole molto meno). Le triploidi invece impiegano 18 mesi, la metà, nelle stesse condizioni. Ma i produttori che non ne vogliono sapere di ostriche sterili, se hanno perso tutta la produzione, dovranno mettere in conto almeno tre anni senza entrate: è economicamente insostenibile.
Il problema ormai è generalizzato, il virus non fa sconti e non sceglie tra ostriche "veloci" e ostriche "lente". Mentre invece il consumatore non ha nessuna possibilità di essere certo del tipo di mollusco che sta mangiando. Non c´è l´obbligo di specificarlo in etichetta che si tratta di triploidi e anzi, sono i produttori che allevano le ostriche (diploidi) con metodi naturali a doverlo scrivere. È un po´ lo stesso rovesciamento che si ha con il biologico: chi produce più in sintonia con la natura deve certificarsi per non essere confuso dalla massa, meno naturale e ormai diventata "convenzionale". Le triploidi sono più grandi e molto simili tra di loro ma se non si ha una buona conoscenza delle ostriche, in assenza di un´etichetta è difficile avere la certezza di sostenere con il proprio consumo un´acquacoltura piuttosto che un´altra. Un problema che rischia di non porsi più: se l´Ifremer non riuscirà a trovare una soluzione a breve, sostenere la piccola produzione o quella industriale diventerà un´opzione inesistente, perché sarà già tanto se potremo mangiare ostriche europee senza dover spendere un patrimonio.