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 2010  novembre 27 Sabato calendario

«Per censurarci, dovrebbero smantellare l’intera Internet» (Julian Assange, 39 anni, fondatore di Wikileaks, il portale Internet creato per pubblicare documenti riservati) (Anna Masera la stampa

«Per censurarci, dovrebbero smantellare l’intera Internet» (Julian Assange, 39 anni, fondatore di Wikileaks, il portale Internet creato per pubblicare documenti riservati) (Anna Masera la stampa.it 13/6/2010) Il sito Wikileaks ha rivelato al New York Times, al Guardian e al Der Spiegel, informazioni riservate relative al conflitto in Afghanistan: si tratta di notizie (pubblicate dai tre quotidiani e dal sito, in contemporanea, il 25 luglio) che parlano di civili morti e di cui non si è saputo nulla, di un’unità segreta incaricata di ’uccidere o fermare’ qualsiasi talebano anche senza processo, delle basi di partenza in Nevada dei droni Reaper (aerei senza piloti), della collaborazione tra i servizi segreti pakistani (Isi) e i talebani, eccetera. (repubblica.it 26 luglio 2010). Sono venuti alla luce 92.000 rapporti classificati del Pentagono che coprono sei anni di Guerra in Afghanistan, dal gennaio 2004 al dicembre 2009, sia sotto l’amministrazione Bush che quella Obama. Si tratta della maggiore fuga di notizie della storia militare americana: una quantità enorme di documenti da cui viene fuori un’immagine devastante di quello che è effettivamente successo in Afghanistan. Dalle carte emerge che «il Pakistan, ostentatamente alleato degli Stati Uniti, ha permesso a funzionari dei suoi servizi segreti di incontrare direttamente i capi talebani in riunioni segrete per organizzare reti di gruppi militanti per combattere contro i soldati americani, e perfino per mettere a punto complotti per eliminare leader afghani». Dai file riservati emerge tra l’altro che «l’intelligence pakistana (Directorate for Inter-Services-Intelligence) lavorava al fianco di Al Qaeda per progettare attacchi» e «faceva il doppio gioco»; «per la prima volta» è emerso che «i talebani hanno usato missili portatili a ricerca di calore contro gli aerei della Nato» come gli Stinger che Cia fornì ai mujaheddin di Osama Bin Laden «per combattere contro i sovietici negli anni Ottanta»; dall’arrivo di Obama alla Casa Bianca le truppe Usa «usano molti più droni automatici malgrado le loro prestazioni siano meno notevoli di quanto ufficialmente riferito. Alcuni si sono schiantati al suolo o si sono scontrati in volo, costringendo le truppe americane a intraprendere rischiosissime operazioni di recupero prima che i talebani riuscissero a impadronirsi dell’armamento e (della tecnologia) dei droni»; «La Cia ha allargato le operazioni paramilitari in Afghanistan» e «dal 2001 al 2008 ha finanziato l’intelligence afghana, trattandola come una sua affiliata virtuale». Secondo il Guardian i documenti rivelano il numero crescente di civili uccisi dalle forze della coalizione e dai talebani e «danno un’immagine devastante della guerra e del suo stato di fallimento in Afghanistan». (repubblica.it 26 luglio 2010). «Quello di Wikileaks è un devastante rapporto sul fallimento della guerra in Afghanistan, testi “scritti da militari e funzionari dell’intelligence che descrivono azioni militari letali che hanno coinvolto gli Stati Uniti”. Dai documenti - veri e propri “war logs” o “diari di guerra” - emerge una conferma dei sospetti che i servizi di intelligence pachistani hanno guidato l’insurrezione afghana nonostante gli aiuti militari da oltre un miliardo di dollari all’anno a Islamabad per combattere i talebani, scrive il New York Times. I “war logs” ricostruiscono gli sforzi dei servizi segreti di Islamabad per gestire le reti di attentatori suicidi e puntano i riflettori sul ruolo dell’Iran che fornirebbe ai talebani aiuti in denaro, armi e addestramento ma tratteggiano anche lati oscuri della guerra dall’unità delle forze speciali che ha il compito di dar la caccia ai leader talebani per “ucciderli o catturarli” senza processo, all’insabbiamento delle prove che i talebani hanno acquisito missili letali terra-aria. Non sono gli unici cover-up. Un capitolo del dossier riguarda le vittime civili delle forze della coalizione: dai “diari di guerra” emergono 144 di questi incidenti. Secondo le stime ufficiali 195 civili sono rimasti uccisi e 174 feriti nel corso di incidenti di questo genere ma la cifra - scrive il Guardian - è probabilmente sottostimata. Alcuni incidenti sono stati provocati dai controversi raid aerei contro cui ha protestato il governo afghano ma altri sono il frutto di sparatorie contro automobilisti» (corriere.it 26 luglio). «Per la prima volta nei suoi quasi quattro anni di storia Wikileaks ha deciso di auto-censurarsi rinviando la diffusione di circa 15 mila documenti che avrebbero creato problemi di sicurezza. Il New York Times ha presentato il risultato della suo lavoro alla Casa Bianca prima di andare in stampa, “per dare all’amministrazione il tempo di commentare e di reagire”, ha detto il capo dell’ufficio di Washington Dean Baquet. Il modello di collaborazione tra new e old media ha precedenti negli Stati Uniti dove il sito ProPublica è nato tre anni fa per offrire alle testate tradizionali ’prodottì di giornalismo investigativo. Stavolta però Wikileaks, una rete amorfa di volontari che operano in una decina di paesi, ha scelto di passare ai tre giornali i documenti “allo stato grezzo”. 

New York Times, Guardian e Spiegel hanno accettato di uscire contemporaneamente il 25 luglio, quando Wikileaks avrebbe messo i dossier sul web, pur lasciando che i loro giornalisti puntassero su angoli diversi sulla base del materiale comune. La decisione di lasciare a media tradizionali il compito di fare ricerche addizionali e analisi “riflette probabilmente una evoluzione da parte di Wikileaks”, ha detto Steven Aftergood, direttore della Federazione degli Scienziati Americani sulla Segretezza del Governo. Riflette anche, a una settimana dal maxi-scoop del Washington Post sugli sprechi dell’intelligence, la consapevolezza che, a dispetto della crisi dell’editoria, i grandi giornali continuano a giocare un ruolo di primo piano nella produzione di notizie che fanno tremare i palazzi» (Il messaggero.it 26 luglio). La mattina di lunedì 26 luglio il sito Wikileaks non era accessibile a causa del gran numero di contatti. (corriere.it 26 luglio). La Casa Bianca ha «fortemente condannato» la fuga di notizie sulla guerra in Afghanistan. In una lunga dichiarazione, il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jim Jones, sottolinea che l’azione di Wikileaks mette a repentaglio «le vite sia di americani, sia dei nostri alleati, e rappresenta una minaccia per la nostra sicurezza nazionale. Wikileaks non ha fatto alcuno sforzo di contattarci circa questi documenti. Il governo degli Stati Uniti ha appreso da organizzazioni giornalistiche che questi documenti sarebbero stati pubblicati». Jones ha sottolineato poi il rapporto di forte alleanza che esiste tra Usa e Pakistan: «Gli Stati Uniti restano a sostegno del popolo pachistano e dello sforzo del Pakistan focalizzato a sradicare i gruppi estremisti violenti». (Corriere.it 26 luglio 2010) Hussain Haqqani, ambasciatore pachistano a Washington, ha dichiarato che il rapporto è contrario "alla realtà attuale sul terreno" e riflette "nient’altro che i commenti e le voci diffuse da una sola fonte". Secondo il diplomatico di Islamabad, inoltre, "è irresponsabile far trapelare un rapporto dal terreno ancora non elaborato". Smentendo il rapporto, ha detto l’ambasciatore, le forze armate e i servizi pachistani stanno seguendo una strategia chiara per combattere ed isolare i terroristi che stanno ormai colpendo anche civili e ufficiali pachistani. "Gli Stati Uniti, l’Afghanistan e il Pakistan - ha dichiarato - sono partner strategici e stanno lavorando insieme per sconfiggere al-Qaeda e i suo alleati talebani, militarmente e politicamente". (la repubblica.it 26 luglio) Non c’è nulla di particolarmente nuovo, secondo il presidente dell’Afghanistan Hamid Karzai, nei documenti resi disponibili da Wikileaks. Il pensiero di Karzai è stato riportato oggi a Kabul dal suo portavoce, Wahid Omar che, nel corso di una conferenza stampa, ha anche commentato le notizie riguardanti la possibilità che la Coalizione internazionale abbia causato la morte accidentale di una quarantina di cicvili nella provincia meridionale di Helmand. "Molto di quanto è emerso - ha aggiunto Omar - riguarda le vittime civili e lo sforzo per nasconderle, e il ruolo di certi servizi segreti in Afghanistan. La prima reazione di Karzai - ha proseguito - è stata: ’Guarda che questo non è affatto una cosa nuova’". E poi ha aggiunto: "Ovviamente i documenti contribuiranno a far prendere coscienza all’opinione pubblica internazionale sui due aspetti citati, ma per il resto in tutta questa faccenda non c’è nulla di sorprendente". (repubblica.it 26 luglio) Malgrado il disappunto della Casa Bianca, Julien Assange , il fondatore di Wikileaks, difende la scelta di pubblicare i documenti riservati del Pentagono sulla guerra in Afghanistan. Le carte, spiega il numero uno dell’organizzazione online che dal 2006 promuove la diffusione di informazioni segrete, «fanno emergere il vero squallore della guerra, e permettono alla gente di decidere se continuare a sostenerla oppure no». «Grazie a questi documenti - aggiunge Assange - è possibile farsi un’idea più precisa di cosa sta succedendo in Afghanistan ed è giusto che la gente lo sappia». Nel corso di una conferenza stampa a Londra, il fondatore di Wikileaks non ha usato mezzi termini: nei documenti diffusi sulla guerra in Afghanistan «potrebbero esserci prove di crimini di guerra». Le carte segrete, comunque, non fanno correre alcun rischio «dal punto di vista operativo» alle truppe stanziate a Kabul e dintorni. Assange ha infatti garantito che i 92.000 documenti che Wikileaks ha condiviso con New York Times,Guardian e Der Spiegel sono attendibili e «dimostrano che la natura della guerra deve cambiare». Per Assange la veridicità del materiale diffuso non è da mettere «in dubbio», ma «esattamente come si fa con un’altra fonte bisogna leggere i rapporti con buon senso. Che vuol dire non chiudere gli occhi». Quanto alla dura reazione della Casa Bianca alla imponente pubblicazione di documenti riservati, Assange ha voluto sottolineare che «il buon giornalismo non si appiattisce» (corriere.it 26 luglio). Il fondatore di Wikileaks Julian Assange è ricercatissimo dal Pentagono e per questo da tempo non ha una dimora fissa (il Foglio 23/06/2010) Julian Assange, nato nel 1971 a Townsville (Queensland, Australia), «si è abituato presto a una vita senza una casa fissa. I suoi genitori lavoravano in una compagnia teatrale, così da ragazzino cambiò quasi 40 scuole e finì per frequentare l’università in sei atenei diversi. Quando aveva una ventina d’anni, Assange si appassionò all’informatica diventando uno degli hacker del gruppo “International Subversives”. Le attività online oltre i margini della legalità gli costarono alcune multe salate, diversi giorni di prigione e 24 diversi capi d’accusa. Sostenitore dell’open source (i programmi realizzati con codice aperto, accessibile a tutti), Assange ha anche collaborato alla realizzazione di diverse soluzioni per il sistema operativo Linux. A partire dal 2006 i suoi interessi si sono poi spostati verso i documenti riservati, cosa che gli ha consentito di entrare a far parte del direttivo di nove persone che amministrano Wikileaks» (Il Post, 12/6/2010). “In soli diciotto mesi di governo, Obama ha arrestato e ha avviato più procedimenti contro gli informatori – le fonti anonime che passano alla stampa informazioni classificate – di Bush in tutti i suoi otto anni” (Assange). (il Foglio, 23/06/2010). Assange non è “sorpreso” dalla censura di Obama contro chi passa informazioni riservate: sotto il presidente che prometteva trasparenza, “il potente settore della sicurezza si è fuso con la burocrazia”. Se con Bush nessun funzionario è stato condannato per aver rivelato segreti alla stampa, Obama ha fatto della repressione dei “leak” non autorizzati una priorità: negli ultimi mesi, oltre a Bradley Manning, 22enne che aveva fornito a Wikileads il video del 2007 che mostra un attacco di un elicottero Usa su civili iracheni, sono stati arrestati un agente della National Security Agency e un traduttore dell’Fbi. (il Foglio, 23/06/2010). Nato in Australia, Assange è ossessionato dall’antiamericanismo: “La Cina è forse più totalitaria. Ma gli Stati Uniti hanno interferito militarmente in altri paesi. Hanno un budget di intelligence militare più grande di quello di tutto il resto del mondo, 700 basi all’estero, nel contesto di due guerre molto controverse. Tutto questo produce dissenso interno. Ci sono brave persone nell’esercito e nell’intelligence, alle quali non piace come vanno le cose. Il settore è troppo grande per essere controllato, e loro ci danno materiale politicamente importante”. (Julian Assange al Foglio, 23/06/2010). Sul sito di Wikileaks non c’è un recapito, eppure è il punto di riferimento per chiunque voglia esporre malaffari in forma anononima (Anna Masera la stampa.it 13/6/2010) Wikileaks esiste dal 2006, ma è al centro dell’attenzione da quando nell’aprile 2010 ha pubblicato un video militare che mostra un attacco di un elicottero Usa su civili iracheni, nel 2007, in cui restano uccisi tra gli altri anche due giornalisti Reuters: il video ha fatto il giro della Rete mettendo in difficoltà il Pentagono che - infuriato - ha avviato una caccia aperta al fondatore del sito. «Uno scandalo che ricorda quello della pubblicazione dei Pentagon Papers durante la guerra in Vietnam negli anni Settanta: “L’uomo più pericoloso d’Islanda”, titola The Economist pubblicando la foto-segnaletica del biondo e sorridente Assange. La segretezza fa parte della strategia di Wikileaks per permettere al sito di continuare il suo lavoro senza interferenze dai governi. Il messaggio a chi controlla l’informazione è: potete essere trasparenti voi, o lo saremo noi per voi» (Anna Masera la stampa.it 13/6/2010) «Ci ha pensato un “whistleblower” (”gola profonda”) dell’esercito a tirare fuori le immagini dagli archivi. E un sito come WikiLeaks.org, che ha ottenuto il filmato di 38 minuti da fonti militari, a decriptarlo e pubblicarlo sul suo sito, in una versione montata di 17 minuti» (Luigi Spinola a proposito del video che mostra l’attacco di un elicottero Usa su civili iracheni). ((Luigi Spinola, Il Riformista 7/4/2010). Il video di Baghdad ha trasformato Wikileaks in una “multinazionale” dell’informazione, spiega Assange. Dalla pubblicazione in aprile, “le donazioni hanno avuto una crescita fenomenale: donatori privati. Non ci sono finanziamenti istituzionali per preservare la nostra indipendenza e libertà”. Dopo aver vissuto con 600 mila dollari l’anno – “gran parte spese legali” e infrastrutture telematiche – ora Wikileaks vuole “ampliare gli sforzi” inviando giornalisti sul posto (Julian Assange al Foglio, 23/06/2010). Altro scoop di Wikileaks nel 2009, quando pubblicò i documenti interni della multinazionale Trafigura coinvolta in uno scandalo di rifiuti tossici in Costa d’Avorio (repubblica.it 26 luglio) « Il primo botto di WikiLeaks.org - lanciato nel dicembre 2006 da una squadra multinazionale composta da dissidenti cinesi, maghi della tecnologia e giornalisti americani, australiani e europei - risale a fine 2007, quando il sito pubblica il manuale delle procedure standard usato a Camp Delta, Guantanamo. Da allora di materiale inedito e proibito WikiLeaks.org ne ha offerto parecchio, oltre un milione di file scritti, audio e video “postati” con «l’obiettivo primario di esporre le malefatte dei regime oppressivi presenti in Asia, ex-blocco sovietico, Africa subsahariana e Medio Oriente». Ma crescono in maniera vertiginosa anche i “leaks” (in gergo “soffiate”) che svergognano gli insabbiatori d’occidente. Uno degli ultimi documenti - datato 26 marzo - svela la strategia messa a punto dalla Cia per vendere la guerra afghana ai riluttanti cittadini europei. Per questo WikiLeaks.org preoccupa il potere. Tant’è che sul sito compare un documento di 32 pagine - targato Us Intelligence e riconosciuto come autentico dal governo - che lo definisce una minaccia per l’esercito americano. E illustra vari piani d’attacco per ridurne il potenziale nocivo. Come hanno già fatto, del resto, diversi altri governi, dallo Zimbabwe a Israele, dalla Russia alla Cina. Dopo oltre 100 cause legali e una crisi finanziaria superata a fine 2009, però, WikiLeaks non si limita a resistere, cercando rifugio in Paesi ”amici”, Svezia in primis. «Siamo ricevendo una quantità straordinaria di notizie - ha raccontato il direttore Julian Assange alla Bbc - non riusciamo neanche più a pubblicarle tutte». (Luigi Spinola, Il Riformista 7/4/2010) “Siamo stati attaccati massicciamente da computer cinesi quando abbiamo pubblicato foto dei massacri in Tibet”. (Julian Assange al Foglio, 23/06/2010).