Jacopo Giliberto, Il Sole 24 Ore 27/11/2010, 27 novembre 2010
LA MINIERA DEI RIFIUTI HI TECH
In Ghana, alle porte della metropoli stracciona di Accra, c’è una città di lamiere e bidoni. Il nome è difficile da pronunciare per noi, Agbogloshie, ed è difficilissimo da vivere. Per noi.
Agbogloshie è la discarica enorme in cui arrivano ogni giorno camionate di cavi di rame, computer scassati, tastiere sdentate, aspirapolveri squinternati, tostapane decotti, telefonini muti. Centinaia di persone smontano questi che erano i prodotti della nostra quotidianità lussuosa e per poche monete rivendono il materiale ricavato. Attorno a questo fervore della miseria fioriscono attività spontanee e poverissime, come le ragazze che, per portare a casa il valore di un euro al giorno, si aggirano tra i disperati dei rifiuti e vendono loro acqua da bere.
I fili elettrici sono protetti dalla plastica pvc miscelata con composti di bromo perché deve resistere agli incendi da corto circuito. Per mettere a nudo il rame prezioso, torme di disperati incendiano i cavi e per raggiungere le temperature che attaccano il pvc brumurato usano copertoni vecchi. Respirano diossine e furani. Moriranno giovani. Ma che importa morire giovani, quando è l’unico modo per vivere? «Basterebbe dare loro le tecnologie di base, quelle più semplici, per poter fare con dignità il loro lavoro misero e importantissimo», osserva Federico Magalini, direttore del consorzio Ecoped, uno dei quindici consorzi costituiti dalle imprese per ricuperare e riciclare i Raee, sigla dei rifiuti da apparecchi elettrici ed elettronici.
Per legge, in Italia e in Europa gli apparecchi elettrici ed elettronici non devono essere gettati nella spazzatura ma vanno consegnati al sistema di riciclo.
Come si leggerà negli articoli delle pagine successive, i consorzi Raee Ecoped e Ridomus si sono alleati per creare Ecoguard, un sistema coordinato di controllo nella gestione corretta dei rifiuti. Sono coinvolte le istituzioni e il mondo della ricerca, le imprese e la politica. Non solamente in Italia: il progetto Ecoguard diventa un braccio attivo delle istituzioni internazionali, dagli organismi dell’Onu come l’Unep fino alle associazioni non governative.
I casi in cui intervenire sono drammatici. Basta spostarsi dal Ghana alla Nigeria: secondo l’associazione Basel Action Network ogni mese vengono portati in Nigeria 500 container con 400mila computer usati. Cinquanta milioni di tonnellate ogni anno. È stata scritta la convenzione di Basilea che punta a governare i movimenti di materiale tossico dai paesi ricchi a quelli poveri. Gli Stati Uniti non l’hanno firmata, e proprio dai porti statunitensi parte il maggior numero di navi cariche di vecchi pc. Nel sud della Cina, a Guiyu, nella regione del Guandong, c’è uno dei principali poli di riciclaggio di metalli preziosi, minerali rari e altri materiali. Secondo alcune stime, circa 100mila cinesi sono impiegate in questo tipo di attività.
Alcune di queste operazioni di smontaggio e ricupero nei paesi poveri sono gestite in modo appena decente. Oscenamente tollerabile. In altri casi, come quelli del Ghana o della Nigeria, le condizioni di lavoro sono terrificanti. E sono spesso sotto la gestione di organizzazioni criminali, che si occupano anche dei trasporti internazionali per approvvigionare l’inferno.
I computer vecchi contengono mercurio, nickel e cromo; i monitor, piombo. Studi dell’università di Ibadan dicono che tracce di metalli pesanti (tossici) sono stati trovati nel suolo, nelle piante e negli uomini che di queste piante si nutrono.
Eppure questi materiali sono una miniera di materie prime a basso impatto ambientale. La tecnologia chiede materiali pregiati in quantità sempre più grandi, e le risorse potrebbero non bastare quando tutti i cinesi e gli indiani potranno dotarsi degli strumenti a noi consueti.
Un esempio? Le batterie al litio. Finché queste batterie sono limitate ai telefonini, le miniere in Bolivia e in Tibet sono adeguate. Che accadrà quando cominceranno a diffondersi le automobili elettriche, alimentate con batterie al litio?
Ed ecco una risorsa nuova e antica. Cioè il ricupero fatto con intelligenza e con tecnologie appropriate per non inquinare. Per ottenere un chilo di rame bisogna estrarre dalla miniera circa due quintali di minerale. Oppure basta ricuperare tredici chili di elettrodomestici usati, dai quali si estraggono anche altri materiali riutilizzabili come plastiche, acciaio e così via. Nei computer si trovano anche piombo, mercurio, oro e cadmio.
C’è infine un’altra risorsa. Il riutilizzo. Nei paesi poveri non c’è solamente la discarica dell’inferno. C’è anche chi, con piccole riparazioni che noi non vogliamo più fare, rimette in uso oggetti che noi europei abbiamo rotto. E c’è chi usa gli apparecchi vecchi (a patto che funzionino) per entrare nel mondo evoluto. Un esempio per tutti: il Bethania Hospital Services porta in Africa ai poverissimi ospedali e alle scuole senza risorse. Chi avesse un computer usato e funzionante, che in Congo ha un valore enorme, può mettersi in contatto con il Bethania Hospital Services, Appropriate Sustainable Medical Technologies, presso Ulss 16, via degli Scrovegni 14, Padova (telefono 0498216470). È un suggerimento alla coscienza e all’intelligenza.