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 2010  ottobre 27 Mercoledì calendario

FISCO AGEVOLATO AL SUD

La cornice per rilanciare il Mezzogiorno è pronta. Ora però andrà riempita di interventi operativi, per i quali occorrerà attendere che sia completata la riprogrammazione dei fondi e che siano avviati, dove necessari, il confronto con le regioni e i passaggi burocratici presso la Commissione Ue. Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato un piano annunciato già nell’estate 2009: una prima bozza fu elaborata dagli uffici dell’ex ministro dello Sviluppo economico, poi la palla è passata a Raffaele Fitto, ministro per gli Affari regionali.

Fitto, con le strutture del Dipartimento per le politiche di sviluppo, ha approntato un pacchetto costituito da due decreti, uno sulla perequazione infrastrutturale e uno sulle nuove regole per il Fas (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri), da una delibera Cipe e da un documento programmatico lievitato a 34 pagine per recepire le indicazioni giunte fino all’ultimo dai vari ministeri. Il documento, in realtà, è per larghi tratti un elenco di titoli e priorità e solo in alcuni paragrafi si dilunga su progetti specifici. Proprio l’ampia delega a Fitto, di fatto unico titolare sul tema insieme a Tremonti, avrebbe suscitato tensioni in Consiglio dei ministri, soprattutto con rilievi dai ministri Prestigiacomo, Matteoli, Galan. Il decreto è stato approvato «salvo intese» e nella versione definitiva, per evitare spaccature, sulle singole decisioni dovrebbe prevedere la consultazione con i ministri competenti.

Silvio Berlusconi ha parlato di un piano da 100 miliardi facendo però riferimento alla cifra complessiva del Quadro strategico nazionale 2007-2013. Una quota parziale di questo importo (si veda l’articolo accanto) è effettivamente riprogrammabile. Non ci sono nuove risorse. Di certo, come sottolineato dal premier, dal 2000 a oggi sui fondi Ue e Fas le amministrazioni hanno mostrato scarsa incisività, a livello regionale ma anche a livello ministeriale. Berlusconi, che ha sottolineato come il piano realizzi «il rispetto del programma elettorale» per il Sud, taglia il traguardo di un nuovo punto programmatico tra quelli sui quali due mesi fa ha ottenuto la fiducia alla Camera. Fitto ha messo in evidenza il cambio di governance, sempre più spostata verso il centro, e basata su obiettivi misurabili «che devono garantire la certezza della spesa».

Ai tre documenti approvati ieri si aggiungerà il decreto legislativo per gli incentivi alle imprese e la Banca del Sud. Sulla quale si è soffermato il ministro Giulio Tremonti, ricordando che martedì Poste e Iccrea formalizzeranno la richiesta di acquisto del Mediocredito Centrale. Attorno alla Banca ruoterà la fiscalità di vantaggio. «I capitali investiti nel Mezzogiorno pagheranno mezza aliquota», ha aggiunto Tremonti riferendosi all’aliquota di favore (rispetto al 12,5%) sugli interessi delle obbligazioni bancarie collocate presso gli investitori privati con l’obiettivo di raccogliere fondi a sostegno delle imprese meridionali. Confermato poi il rilancio del credito d’imposta fiscale «in sostituzione degli attuali trasferimenti a pioggia».

Il documento programmatico fa anche il punto sulle infrastrutture prioritarie. L’Alta capacità si svilupperà su tre linee: Napoli-Bari, Salerno-Reggio Calabria, Catania-Palermo. Si ribadisce l’obiettivo Ponte sullo Stretto e, per il trasporto stradale, si citano la Olbia-Sassari, il completamento della Salerno-Reggio Calabria e l’autostrada Catania-Siracusa-Gela-Trapani. Due capitoli sono riservati a sicurezza e legalità, per i quali in Cdm si è comunque parlato di deleghe specifiche a Roberto Maroni (Interno) e Angelino Alfano (Giustizia). Il pacchetto include interventi per la sicurezza degli appalti pubblici, un piano di lotta al lavoro sommerso, l’accelerazione sull’obbligo di procedure conciliatorie per ridurre i tempi della giustizia civile. Tra gli altri obiettivi: bonifica dei siti contaminati (da Priolo a Bagnoli), realizzazione di «idonei impianti di depurazione» dell’acqua, piano contro il dissesto idrogeologico.

Critiche al piano dal leader Pd Pierluigi Bersani: «Sono solo parole senza cassa». Positivo il giudizio di Cristiana Coppola, vicepresidente Confindustria per il Mezzogiorno. «È uno sforzo importante e presenta molti punti in comune con quanto più volte auspicato da Confindustria e dalle altre parti sociali» spiega, mettendo in evidenza «la selezione progettuale, il contrasto alla criminalità, il rilancio del credito d’imposta». Carmine Fotina • IL PIANO SUD? PIÙ O MENO FORTE - Il Piano nazionale per il Sud è stato approvato dal Consiglio dei ministri ed è una buona notizia che arrivi finalmente al traguardo. Che cosa cambia ora? È una svolta? Quali possibilità ci sono che il principale nodo irrisolto dello sviluppo del paese, a 150 anni dall’Unità, venga infine sciolto positivamente?

Chiediamoci anzitutto che cos’è il Piano per il Sud. È un documento programmatico in cui si fissano alcuni obiettivi sui quali convogliare le risorse europee e quelle nazionali. Due le novità rilevanti e positive. La prima riguarda il proposito di concentrare gli interventi su alcuni obiettivi in termini di beni e servizi collettivi: grandi infrastrutture, istruzione, ricerca e innovazione. Ad esse se ne accompagnano altre, volte a creare un ambiente più favorevole per lo sviluppo economico e sociale: sicurezza e legalità, giustizia, efficienza della pubblica amministrazione, credito e sostegno alle imprese e al lavoro. La seconda novità è costituita dal tentativo di perseguire tali obiettivi con strumenti che anticipano la riforma in discussione dei fondi regionali dell’Unione Europea: ricorso più stringente a valutazione preventiva e successiva degli interventi; definizione con tutte le amministrazioni coinvolte nella realizzazione – anche attraverso "contratti istituzionali" - degli impegni rispettivi; condizionalità nell’uso dei fondi legata al raggiungimento di obiettivi predeterminati; individuazione di meccanismi sostitutivi fino alla possibilità di "commissariamento" in caso d’inadempienza.

La specificazione degli obiettivi prioritari può essere considerata soddisfacente? Ci sono luci e ombre. Un solo esempio: nel caso della sicurezza bisognerebbe non solo spendere molto di più, ma soprattutto concentrare maggiormente l’intervento nella formazione di un’intelligence specializzata, a livello di forze dell’ordine e della magistratura, per far fronte alla vera e propria emergenza costituita dal diffondersi di forme di compenetrazione tra mafie ed economie locali. Lo stesso obiettivo della realizzazione di grandi infrastrutture è a rischio se non si combina con un più efficace monitoraggio del sistema degli appalti e delle attività economiche in genere. Naturalmente, molte linee d’intervento sono legate alla necessità di concertare con le regioni i progetti operativi e di valutarli, da cui dipende la concentrazione su vere priorità. Da questo punto di vista si è però accumulato un ritardo che stride con gli effetti della crisi economica e con le sue ripercussioni ancora più gravi nelle aree deboli del paese. La programmazione precedente delle risorse europee e nazionali lasciava a desiderare e i piani predisposti dalle regioni erano spesso dispersivi e insoddisfacenti. Il governo è però in carica dal maggio 2008 e in questo lasso di tempo non si sono fatti passi avanti significativi con le regioni. Intanto, a metà del ciclo di programmazione 2007/2013, gli impegni delle risorse comunitarie (obiettivo convergenza) sono al 17% e i pagamenti al 7% - valori peraltro gravemente inferiori a quelli registrati nel ciclo precedente dopo lo stesso numero di anni. I rischi di disimpegno automatico, in base alla normativa comunitaria, sono elevatissimi.

Che possibilità ci sono di colmare questi ritardi e imprimere una svolta? Occorre essere ben consapevoli che sul processo finalmente avviato ieri gravano due incognite rilevanti. La prima è costituita dall’impianto istituzionale. Uno schema di decreto legislativo, legato alla riforma federalista, è stato approvato contestualmente al Piano. Rafforza il ruolo del ministro delegato per la politica di coesione e pone le basi per la messa in opera degli strumenti nuovi di coordinamento, concentrazione, valutazione, determinazione stringente di tempi e procedure, responsabilizzazione delle diverse amministrazioni, fino a eventuali commissariamenti. Questo decreto deve ora passare dalle commissioni parlamentari e dalla conferenza unificata. Sarà decisiva la posizione delle regioni e delle forze politiche in parlamento. Una rapida assunzione di responsabilità condivisa da tutte le parti in causa sarebbe auspicabile, ma contrasta – evidentemente – con la situazione di crisi politica. La seconda incognita riguarda le basi finanziarie per dare gambe concrete al Piano. Le risorse previste non sono nuove, fanno parte di quelle già da tempo allocate insieme ai fondi comunitari. Procedere alla realizzazione del Piano richiede una rinegoziazione dei fondi comunitari (in parte non spesi nel ciclo precedente e per la maggior parte ancora non utilizzati nel ciclo in corso) e un’integrazione efficace con quel che è rimasto dei Fas (i fondi nazionali per la politica di sviluppo). Una delibera del Cipe, presa sempre ieri, avvia la riprogrammazione, ma questa procedura - che coinvolge la Ue e le regioni - richiede normalmente qualche mese. Che cosa accadrà se la situazione politica dovesse aggravarsi ulteriormente fino a una crisi di governo? Si riuscirà a trovare un’intesa efficace tra governo e regioni?

Ancora una volta i tempi della politica e delle istituzioni rischiano di non coincidere con quelli delle imprese, dei lavoratori, dei cittadini. Non ne paga le conseguenze solo il Sud ma tutto il paese. Carlo Trigilia