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 2010  novembre 27 Sabato calendario

Il giallo del Circeo? È roba da primitivi - Antonio Pennacchi è uno strano. Un gior­no te lo trovi a parla­re di fasciocomuni­sti, tutto incastrato nella sua bizzarra biografia, un giorno ti racconta di canali duceschi, di città del fa­scio

Il giallo del Circeo? È roba da primitivi - Antonio Pennacchi è uno strano. Un gior­no te lo trovi a parla­re di fasciocomuni­sti, tutto incastrato nella sua bizzarra biografia, un giorno ti racconta di canali duceschi, di città del fa­scio... e un altro ancora dei nostri fratelli maggiori, i Neandertal. Sì proprio dei Neandertal senza l’«H», e non mettetela l’«H», se no al Pennacchi gli girano e gli tocca spiegare: «Neandertal si scrive sen­za acca. Il nome della valle vicino Düsseldorf in Germania, dove nel 1856 furono rinvenuti per la prima volta i resti della omonima specie, si scriveva con l’acca solo in tede­sco antico... Neanderthal è sbaglia­to ». Ma perché, vi chiederete, a Pen­nacchi gli tocca (sì gli tocca, non è proprio che gli sia venuto sponta­neo) parlare anche di razze uma­ne estinte da migliaia e migliaia di anni? La risposta la trovate nel suo ultimo saggio Le iene del Circeo. Vi­ta morte e miracoli di un uomo di Neandertal ( Laterza, pagg. 212 eu­ro 10). Gli tocca perché è un uomo dell’agro pontino da sempre e quindi da sempre calca lo stesso suolo (con qualche piano di calpe­stio di differenza) che migliaia di anni fa dava prede e patria ai primi abitatori dell’Europa di cui noi Cro Magnon abbiamo preso il po­sto. A testimoniarlo c’è un teschio ritrovato sul monte Circeo il 24 gennaio del 1939 e un’infinità di al­tri reperti. E proprio da quel te­schio studiato da Alberto Carlo Blanc, grande pioniere della pale­ontologia italiana, parte la fatica e il gran strizzare di meningi di Pen­nacchi. Quando Blanc giunse alla grotta, dove venne trovato il reper­to, vi erano già entrati degli operai (difficile accertare quanti) e il te­schio era stato sollevato seppur, a detta dei testimoni, immediata­mente rimesso al suo posto. Per co­me lo vide Blanc, e per come lo di­segnò, il teschio era inserito in un ovale di pietra. E a un esame più accurato risultò che il foro occipita­l­e era stato allargato artificialmen­te. Insomma, secondo Blanc era abbastanza ovvio che si fosse trat­tato di un rituale antropofago, la te­stimonianza di un gesto in qual­che modo «religioso». La sua tesi andò per la maggiore per anni si­no a che, nel 1989, a un convegno per il cinquantenario della scoper­ta a Sabaudia, Tim D. White, del­l’Università di Berkeley, sostenne che secondo lui sul cranio non c’era nessuno dei segni tipici di un atto di antropofagia rituale (tracce di raschiatoi o altri strumenti). An­zi, secondo White si poteva azzar­dare che certi graffi sul cranio fos­sero compatibili con il morso di una iena. Fine delle ipotesi su ritua­li religiosi compiuti da parte di que­gli stupidotti di Neandertal. Forse White se la sarebbe cavata così, con una contestazione solo di alcu­ni studiosi fra i più anziani. Pecca­to per lui che in sala ci fosse un ope­raio cassintegrato e amante della logica (oltre che onestamente rompiballe). Si chiamava Antonio Pennacchi, era andato a seguire il convegno- non aveva niente da fa­re- e la prese male. Non gli piaceva un ragionamento che tralasciava in pieno la questione del cerchio di pietre: «Chi ce le ha messe allora quelle pietre la attorno?». Insom­ma, o qualcuno gli dimostrava che le pietre non c’erano e Blanc se le era inventate (o ce le aveva messe lui) oppure la spiegazione della ie­na aveva poco o nessun senso. Non si poteva far finta di niente: glorificare Blanc e contemporane­amente ammazzare i suoi studi (trattando i Neandertal come cugi­ni tonti). Ovviamente gli studiosi paludati non diedero gran retta al fasciocomunista arrabbiato. Peggio per loro: è stato solo un modo di spingerlo prima a laurear­si in Letter­e e poi a occuparsi a tut­to vapore della vicenda ( spinta au­mentata da un altro convegno del 2006). Il risultato sono stati alcuni articoli su Limes e poi questo sag­gio­ invectiva. Sfogliandolo il letto­re troverà tanta scienza, molta logi­ca, lo spirito dell’etnografia e un ra­gionamento pro Blanc da fare invi­dia ai professionisti del campo. Il tutto però gestito con linguaggio e digressioni che sono il marchio di fabbrica del vincitore del premio «Strega».Ecco a esempio come de­scrive la questione del mancato scotennamento del cranio (secon­do White): «Io gli cavo da sotto la coccia il cervello e me lo mangio tranquillo tranquillo lasciandogli pure tutti quanti i capelli. Che te ne frega a te? Che fai il barbiere?». Ma alla fine non si tratta solo di dottri­na e bella scrittura. Pennacchi ha ripescato pure un testimone che vide il teschio prima di Blanc. Ed era già nel cerchio. Alla faccia delle accademiche iene.