Marco Neirotti, La Stampa 27/11/2010, 27 novembre 2010
I segreti dell’uomo succube dell’amante - Calcare i passi, vestire abiti, ruolo, sorrisi di un’altra vita, diversa e serena, sarà possibile soltanto quando non ci sarà più chi quell’altra vita incarna
I segreti dell’uomo succube dell’amante - Calcare i passi, vestire abiti, ruolo, sorrisi di un’altra vita, diversa e serena, sarà possibile soltanto quando non ci sarà più chi quell’altra vita incarna. Ha pagato questo odio - più che il possesso d’un uomo - la giovane madre di Bruino, cintura torinese, sequestrata, ammazzata e sepolta in cortile. Buttata dalla nemica in un buco da ricoprire con il cemento d’un patio dove domani prendere il caffé con quello che della morta era stato il marito. Da Avetrana la tv ha sparso una morte in un reality senza sosta. Qui, nelle case sconsolate di altri paesi tranquilli, è andato in scena un romanzo dell’Ottocento. Con un marito e padre che come tanti ha l’amante, e l’amante distrugge la rivale. Lui negava incontri dopo la scomparsa della moglie, ieri ammetteva: «Sì, ho continuato ad andare in quella casa». La sospetta e la vede, mentre la figlia ripete ai carabinieri: «Andate dall’amante di mio padre», tenace, ferrea. E questa amante che si sente perduta lo accusa: «Mi ha aiutato a seppellirla». «Non è vero», si difende lui. Intorno, complici di periferia pagati con un prestito chiesto dall’assassina ai genitori di lui, e un figlio che aiuta la madre a far sparire la rivale. L’uomo si strugge - «avevo un tesoro accanto senza saperlo» - ma si accoda all’indagine anziché guidarla. Sembra specchiarsi in un verso: «Continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?». Marina Patriti ha 44 anni, casalinga, da 25 sposata con Giacomo Bellorio, hanno tre figli, di 23, 13 e 5 anni. Lui è ambulante, lei casalinga. La mattina del 18 febbraio, Marina porta a scuola la bimba piccola. I magistrati di Pinerolo vedranno poi che c’è uno scambio di sms con il marito, il primo alle 8,48, l’ultimo alle 12,43, drammatico e tassativo: «Vai prendere il bambino, me ne sono andata». Il bambino? E’ una femmina. L’ha scritto lei? Bellorio è al mercato. Viene un’ambulante: «Tua moglie mi ha lasciato questo». Un portafogli. Dentro ci sono chiavi e documenti della Renault Scenic e una lettera: «Me ne sono andata via... Non ti preoccupare dei bambini. Un giorno capiranno». Giacomo denuncia la scomparsa. Ha ritrovato l’auto, in un paese lì accanto, Villarbasse (memoria di sangue, 1945, vittime buttate in un pozzo, ultima condanna a morte in Italia): fari accesi e, cosa strana, il sedile indietro, mentre lei era piccola e la sfottevano per il suo guidare con il mento al volante. Le indagini sono silenziose. La figlia di Marina implacabile: «Andate da lei». E il padre, poi lo ammetterà, da lei continua ad andare. Silenziosi i carabinieri arrivano a «Antonella», nome che si è data Maria Teresa Crivellari, 53 anni, bionda vita di travagli e sconfitte, un arrancare senza mai la vetta. Un marito che l’ha lasciata morendo fra i debiti, due figli, le case popolari fino al trasferimento in una cascina di Sant’Ambrogio, in Val di Susa. Unico sguardo avanti rispetto al randagismo dell’anima è il suo amante, Giacomo Bellorio, sposato con Marina. Si incontrano su uno dei mercati di lui, ad Alpignano, altro piccolo centro di cintura: «Cominciò per scherzo». Ma dietro lo scherzo ci sono la passione, l’immagine di vita diversa da quella delle case umili («Antonella si faceva lasciare sull’altro lato, dove cominciano le villette», raccontarà Giacomo), delle sue due auto abbandonate cariche come un immondezzaio, una sequestrata dopo un incidente perché senza assicurazione. Lui è il contrario di quella vita e quella vita con lui Marina ce l’ha. Maria Teresa è arrestata il 5 novembre: sequestro di persona, omicidio, distruzione di cadavere. Con lei vanno in carcere Andrea Chiappetta, 37 anni, e Calogero Pasqualini, di 27, anche loro allo stretto nelle case popolari di Pianezza. Per 2.500 euro si sarebbero fatti carico di «prelevare» Marina e consegnarla alla rivale. Negano d’aver partecipato all’omicidio. Una vita, 2.500 euro. Presi dove? La donna innamorata e odiante se li è fatti imprestare dai genitori del suo Giacomo. Per farsi consegnare la moglie. Eppure non c’è ancora tragedia in quest’uomo: «La sospettavo, volevo capire». L’omicidio è avvelenamento da farmaci, in cantina. E’ lento. Maria Teresa viene avvertita: «Si sveglia, si lamenta». Il 7 novembre la donna confessa. Marina è cadavere, un sacchetto di nailon in testa, sotto un marcipiede. Ce l’ha messa lei aiutata dal figlio ventenne Alessandro. «Antonella» non vuole crollare nell’altra buca, quella del fallimento ancora una volta solitario e mette a verbale: «Giacomo mi ha aiutato a seppellirla». Lui nega e i giudici gli credono. Però all’inizio nega anche di aver rivisto, se non qualche volta, l’amante. Invece parlano i tabulati: perché diceva di averla sentita tre volte il 18 febbraio e i contatti furono nove, dalle 13 alle 20,30, parlando l’ultima volta 25 minuti? Parlano i testimoni che lo vedevano tornare alla cascina, finché ammette: «Ho continuato a frequentarla, volevo capire». Perché allora cambiare tutti e due le carte Sim? La lacerazione dell’uomo si avvolge nella frase emblematica nella quale Crivellari Maria Teresa racchiude questo inferno sotto un cortile: «Forse è stata una storia malata».