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 2010  novembre 27 Sabato calendario

«Sotto lo stesso tetto con mio figlio prigionieri della follia» - «È terribile quando un fi­glio ti dice: “Mamma, se so­no così è colpa tua

«Sotto lo stesso tetto con mio figlio prigionieri della follia» - «È terribile quando un fi­glio ti dice: “Mamma, se so­no così è colpa tua...voglio morire...e voglio che muoia anche tu...». La mamma, que­sto figlio, lo ha già salvato ot­to volte dal suicidio. Raccon­ta: «L’ultima volta sono entra­to nella sua stanza, aveva in­goiato tante porcherie...l’ho trovato con la testa dentro un sacchetto di plastica e la cor­da stretta attorno al collo...è salvo per miracolo...». Ma lui ha giurato che ci «riproverà, portando via con sé chiun­que tenterà di ostacolare i suoi piani». Mamma Vincenza difende il suo Roberto, perchè lo ama, anzi lo adora: «Non è cattivo né violento, la colpa è delle “voci“ che sente, che vi­vono in lui, lo assillano, du­rante le interminabili giorna­te trascorse nella penombra della sua camera...». Per lui sta combattendo da 25 anni, esattamente l’età di Roberto. Già, perché l’odis­sea del suo primogenito co­minciò subito dopo la nasci­ta, con una diagnosi terribi­le: xeroderma pigmentoso, un tumore della pelle deva­stante. In 25 anni Roberto ha subìto più di 100 interventi. Risultato: un volto devastato dalle piaghe. «Un calvario durante il qua­le ho incontrato gente mera­vigliosa, ma anche persone insensibili e cattive...» si sfo­ga Vincenza Mazzeo che vive e lavora a Milano. Arriva al Giornale portando una car­tella verde piena di documen­ti, foto, ritagli di giornali; deci­ne di pagine, pagine di una vita: la vita di Roberto. Vincenza, ha cominciato la «rassegna stampa» quan­do il figlio ne aveva appena due. Fu allora che i genitori di Roberto scoprirono che il loro bimbo stava male. An­che­questo articolo finirà cer­to in quella stessa cartella ver­de sulla cui copertina c’è scritto «Ciao, piccolo...». Il «piccolo», oggi, è un uomo che si trova a combattere non solo con quella sua dan­nata malattia della pelle, ma anche contro un nuovo nemi­co: la follia, che sembra voler­lo ghermire come un’aquila pronta a piombare dall’alto. Il referto medico col tim­bro «Dipartimento salute mentale» dell’Ospedale Ni­guarda di Milano, è una lama che taglia l’anima: «Motivo del ricovero: episodio psicoti­co acuto, con ideazione per­secutoria ed anomalie del comportamento. Ricoverato in regime di TSO (Trattamen­to sanitario obbligatorio ndr)». Traduzione: Roberto sta peggiorando anche da un punto di vista psicologico, sente le «voci» e il timore del­la mamma è che queste «vo­ci » possano un giorno «ordi­nargli » di fare qualcosa di brutto, di molto brutto. «Anche per questo chiedo l’aiuto di una clinica specia­lizzata che possa prendersi in carico Roberto, per curar­lo come merita, portandolo magari un giorno a potere aver un lavoro e una vita nore­male »,èl’appellodi mamma Vincenza. Una donna straor­dinaria, Vincenza: con quel­lo che ha passato, chiunque avrebbe gettato la spugna. Lei no, combattiva e - nono­stante tutto - sempre con il sorriso sulle labbra: «Non posso mollare, ho un marito e altri due figli... Ma certo i problemi sono grandi...». Problemi economici (per Ro­berto la famiglia Mazzeo può contare solo su una pensio­ne di invalidità di 200 euro al mese); problemi sanitari (nessuna struttura riesce a se­guire in maniera continuati­va la situazione, sempre più grave di Roberto); problemi relazionali (Roberto non ha amici ed è sempre costretto a vivere nella sua stanza in pe­nombra perchè la luce aggra­va la sua patologia). «Eppure Roberto è riuscito a prendere un diploma- spie­ga Vincenza - . I vetri della sua scuola erano sempre oscurati. Lo chiamavano il “bambino-pipistrello“, per­ché proprio come i pistrelli Roberto non può stare alla lu­ce. Ha trovato compagni e in­segnanti stupendi, ma anche docenti insensibili e ragazzi che lo prendevano in giro. Stessa cosa nelle decine di ospedali in cui Roberto è sta­to ricoverato: a volte si è im­battutto in medici e infermie­ri eccezionali, altre volte in sanitari privi di qualsiasi sen­sibilità umana e professiona­le. Per non parlare dei politi­ci, quante promesse fatte e non mantenute...». Ma an­che bei ricordi: «L’avvocato Agnelli che ogni Natale rega­lava a Roberto dei trenini...». Lui, Roberto, non molla. Nella sua testa si rincorrono sempre più «voci». Ci sono le voci «buone» che assumono il tono dei suoi adorati gioca­tori del Milan («Ha gli auto­grafi di tutti i campioni rosso­neri, compreso quello del presidente Berlusconi», tie­ne a sottolineare la mam­ma); e ci sono le voci «catti­ve » che lo spingoni sull’orlo del baratro. Tecnicamente queste «voci» gli psichiatri le chiamano «disperecezioni uditive».«Per calmarlo,d’ac­cordo con lo psichiatra, fac­ciamo fumare a Roberto qual­che spinello», confessa Vin­cenza. Che sa però come que­sta non possa rappresentare una soluzione. Intanto Ro­berto scrive al nonno Giovan­ni: «Eccomi qua...devi scusar­mi per il ritardo, ma ai primi di gennaio sono stato opera­to. Hanno tolto le punte al na­so, hanno tagliato da tutte le parti. Sembro un mostro! Vorrei raccontarti cose belle, ma con me non c’è molto da scegliere...». Auguri, Rober­to.