Mauro Munafò, L’espresso 2/12/2010, 2 dicembre 2010
SUPERMARKET AMAZON
Diego Piacentini è, probabilmente, l’italiano che ha fatto più carriera nel mondo della Rete: è infatti il numero due di Jeff Bezos ad Amazon, la più potente company di commercio elettronico del pianeta. Per capirci, Amazon ha chiuso il trimestre luglio-settembre 2010 con un fatturato di 7,56 miliardi di dollari, in crescita del 39 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, con ricavi al netto delle imposte per 231 milioni di dollari (più 16 per cento). Un’espansione che ha riguardato anche l’Italia, dove martedì 23 ha aperto una struttura dedicata al nostro mercato. Stiamo parlando di un sito che molti identificano ancora come "quello che vende libri e dischi on line" (avevano iniziato così, 15 anni fa) invece ormai il tasso di crescita maggiore (più 68 per cento) riguarda il commercio dei prodotti elettronici. Il core business iniziale dell’azienda (che nel 2002 valeva l’80 per cento del fatturato) oggi rappresenta meno della metà dei ricavi. E tra i gadget elettronici l’asset più promettente è il Kindle, prodotto dalla stessa Amazon: la tavoletta per leggere libri digitali più diffusa del mondo. Adesso poi arriva Natale, che per Amazon è un periodo d’oro: le stime di vendita per l’ultimo trimestre dell’anno si attestano tra i 12 e i 13,3 miliardi di dollari.
Piacentini, ma davvero leggeremo tutti su Kindle e simili?
"Sì, la strada è ormai segnata. È molto difficile pensare che tra dieci anni ci saranno ancora libri e giornali su carta. La maggioranza, se non tutti, sarà già passata ai nuovi formati".
Come sta andando questo Kindle?
"Molto oltre le nostre aspettative, anche in Europa. E i dati ci dicono che chi prima leggeva un paio di libri cartacei l’anno, dopo aver preso il Kindle ne acquista almeno sette o otto. Quindi per l’intero settore dell’editoria si allargano gli spazi di mercato".
Ma perché una persona dovrebbe comprare Kindle quando c’è l’iPad?
"Intanto perché costa molto di meno (ride), quindi se uno si è potuto permettere l’iPad vuol dire che si può comprare anche il Kindle. Scherzi a parte, sono due prodotti molto diversi e paragonarli è una forzatura. Chi si compra l’iPad fa molte cose e legge anche i libri, mentre per chi acquista il Kindle è prioritario leggere i libri, e solo poi fare altro. Su Kindle ci sono molti più contenuti editoriali, i libri costano di meno e la connessione wireless è pagata in gran parte da Amazon e inclusa nel prezzo finale del Kindle. E ci sono delle differenze tecnologiche che lo rendono più adatto alla lettura. Ma le dirò di più: per noi l’iPad non solo non è un vero competitor, ma per certi versi è quasi un partner".
In che senso?
"Abbiamo da poco lanciato un’applicazione per iPad, WindowShop, che reinventa lo shopping on line. Era un progetto nato due o tre anni fa con un normale sito da aprire sul browser, ma l’effetto su app è del tutto diverso. Le app valorizzano delle funzioni che il browser tende invece a nascondere".
Se non è l’iPad, qual è il rivale di Kindle?
"No, non sarà Coca contro Pepsi. Voglio, dire, ci saranno ben più di due competitor. Forse non dieci, ma di sicuro più di due".
Intanto però Kindle è solo in bianco e nero.
"Usiamo la tecnologia e-ink, che consente il massimo della nitidezza di lettura dei libri, si legge bene anche al sole e non ci sono riflessi. Appena sarà possibile passare al colore senza perdere nitidezza, lo faremo. E non è una questione di molti anni".
Le tavolette uccideranno i giornali?
"Dipende dai giornali, non dalla tecnologia. Il loro destino è in mano alle aziende editoriali che li gestiscono. Tocca a loro assumere personale con una certa expertise e magari mandare a casa chi possiede conoscenze che ormai non servono più. Non dimentichiamoci che nel frattempo compaiono anche nuovi player nel mercato. Le notizie le puoi leggere anche su siti come "Huffington Post" e non solo sul "New York Times"".
Quindi i vecchi giornali cosa devono fare?
"Hanno bisogno della somma di due elementi: un brand forte, riconosciuto e affidabile, e la capacità di evolvere sia la creazione sia la distribuzione del prodotto. Entrambe queste condizioni non sono sufficienti, se prese ciascuna da sola. Alla fine si tratta sempre di vendere contenuti e pubblicità, solo in modo diverso".
D’altro canto anche ad Amazon avevano già fatto i funerali: nel 2000 Lehman Brothers la dava per spacciata. Oggi Amazon sta benissimo e Lehman Brothers è fallita.
"Sarebbe facile fare ironia, ma preferisco non parlare di chi non c’è più. Quell’analisi comunque si basava su dati completamente sbagliati".
Sì, ma come ha fatto Amazon a esplodere così tanto, negli ultimi anni?
"La visione iniziale è rimasta sempre la stessa, ma sono cambiate le strategie applicate nel tempo. Sin dall’inizio l’obiettivo era andare oltre il libro e oltre il mercato americano. Dopo solo quattro anni dalla nascita Amazon si era allargata all’estero. Bisogna avere delle strategie flessibili ma essere testardi nella visione iniziale".
Non siete più "la libreria più grande al mondo" come vi definivate dieci anni fa?
"Ma anche all’inizio ci concentravamo su prodotti molto diversi dai libri. Adesso abbiamo tre grandi settori principali: il core business resta il retail, ma crescono sempre di più i servizi di cloud computing e la galassia di Kindle. Siamo stati i primi nel 2006 a vendere servizi di cloud computing ai privati".
Merito di Jeff Bezos, il fondatore?
"Bezos ha un’intelligenza enorme e un intuito quasi irrazionale che lo fa andare anche contro i numeri e i dati. E dopo sono i numeri che danno ragione a lui".
Ad esempio?
"Se avessimo guardato le analisi di mercato, non avremmo mai lanciato Kindle. Ma più in generale Jeff ha costruito Amazon intorno a una cultura del cliente. Questo significa, ad esempio, che deve essere facilissima la cancellazione di un ordine: chi compra un libro su Kindle vede subito un messaggio che gli chiede se lo ha scaricato per errore e gli permette di cancellarlo. In un’ottica commerciale questo può sembrare controintuitivo e spesso si fa di tutto per impedire di cancellare un ordine. Noi invece fondiamo tutto sulla nostra reputazione"
La famosa "Web reputation" aziendale...
"Certo, è un principio di base da non tradire mai. Ad esempio non si può dire "sconti del 90 per cento" quando c’è solo un prodotto con quello sconto e gli altri sono tagliati del 20 per cento. Se da noi qualcuno lo fa, viene mandato via, mentre da altre parti magari lo promuovono".
E gli altri segreti del successo di Amazon?
"Bisogna mantenere l’azienda il più "piatta" possibile, cioè non farla diventare troppo verticale, troppo gerarchizzata. Bisogna far crescere una cultura che non punisce l’errore quando si prova a innovare: non diciamo mai a nessuno che ha avuto un’idea "hai sbagliato". Allo stesso tempo, però, ciascuno - soprattutto ai vertici - deve abituarsi ad ammettere di aver sbagliato. Infine, non bisogna perdere la capacità di innovare anche se si diventa sempre più grandi. Il problema delle aziende che diventano gigantesche è che rischiano di burocratizzarsi"
Poca burocrazia, autocritica, innovazione: sembra il contrario della cultura aziendale media in Italia...
"Dite? Non lo so: io ormai sono 13 anni che non lavoro in Italia...". n
Quel genio di Jeff
Amazon è stata fondata nel 1995 da Jeff Bezos per vendere libri e cd su Internet, superando la distribuzione tradizionale
dei negozi fisici.
Bezos porta il cognome del secondo marito di sua madre, un ingegnere cubano che lavorava alla Exxon, con cui è cresciuto prima in Texas poi in Florida.
Grazie alla sua intelligenza e al suo talento, a 17 anni Bezos è stato ammesso all’università di Princeton, dove ha studiato fisica. Dopo la laurea ha lavorato nel campo dei computer a Wall Street. L’idea di fondare Amazon gli è venuta durante un viaggio in macchina coast-to-coast nel ’94.
Esplosa alla fine degli anni Novanta (Bezos è stato nominato uomo dell’anno da "Time" nel ’99) l’azienda era data per spacciata dopo il flop della New Economy, nel 2001. Invece, grazie anche alla diversificazione del business, oggi ha oltre 20 mila dipendenti. Il fatturato 2009 ha sfiorato i 25 miliardi di dollari ed è in crescita, così come gli utili (901 milioni di dollari al netto delle imposte nel 2009).
L’oggetto-simbolo dell’azienda ora è il lettore di libri elettronici Kindle, giunto nel luglio scorso alla sua terza versione dal primo lancio (avvenuto nel 2007). Questo modello esiste sia con la sola connessione Wi-Fi sia con la possibilità di collegarsi in modalità 3G. Il Kindle non si può acquistare nei negozi, ma solo on line,
sul sito di Amazon, da 139 a 379 dollari.