Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 23 Martedì calendario

LE MILLE FACCE DEL PORTOGALLO

Il Portogallo non è il portogallo. La P maiuscola esprime la Repubblica Portoghese, coda atlantica del Vecchio Continente. Nemmeno 11 milioni di abitanti per 92 mila chilometri quadrati, il paese più povero dell´Europa occidentale, con l´economia in stallo e casse pubbliche semivuote, a rischio bancarotta. Non una Lusitania Felix.
Con portogallo - p minuscola e stile corsivo a marcarne l´informalità - battezziamo invece la policroma eredità geoculturale del primo e ultimo impero marittimo d´Occidente. Prototipo rinascimentale delle moderne "economie-mondo", di matrice lusitana ma capace di innescare, impattando con terre, storie, mentalità esotiche, sintesi meticce di lunga durata. La peculiarità della parabola imperiale scaturita sei secoli fa da Lisbona e approdata sulle sponde di tre continenti - da cui il Portogallo finì di fuggire solo nel 1975 - sta proprio nella creazione di ibride identità portoghesi che ben prima della decolonizzazione formale tenderanno a prescindere dalla metropoli.
Il portogallo si configura come arcipelago di portogalli connessi anzitutto dalla lingua, sempre più anche dall´economia. Meno di uno Stato, più di uno stato d´animo: un insieme post-imperiale allo stato gassoso. (…) È questo portogallo ad apparirci grande, almeno in potenza. Quanto al Portogallo, immerso nella crisi più nera da quando perse gli ultimi possedimenti africani, snobbato dall´Europa, comincia forse ad apprezzare il vantaggio di essere stato madrepatria di popoli e paesi in frenetica crescita, come questo Brasile d´inizio millennio. (...)
Se il Brasile è incontestabilmente il leader della Lusosfera - ossia dell´insieme dei paesi lusofoni emerso dopo il tramonto dell´impero di Lisbona - il Portogallo ne è il (not so) brilliant second. Con qualche rimpianto per il Regno Unito di Portogallo, Brasile e Algarve, effimero prodotto (1815-1822, più tre anni di coabitazione formale) della traslatio imperii conseguente all´invasione napoleonica della madrepatria. Se Giovanni VI non fosse rientrato nel 1821 a Lisbona, lasciando al figlio Dom Pedro la titolarità del Brasile, indipendente dall´anno successivo, si sarebbe prodotta una curiosa inversione dei ruoli: Rio capitale di un immenso impero euro-americano, con Lisbona suo capoluogo veterocontinentale. Una potenza transoceanica che avrebbe configurato la partizione del Nuovo Mondo fra le sfere d´influenza degli Stati Uniti d´America e del Regno Unito di Portogallo, Brasile e Algarve, passibile di elevazione a Impero Transoceanico d´Occidente. Qualcosa di simile potrebbe peraltro cristallizzarsi nel corso di questo secolo, con il Brasile, capofila della Lusosfera, a esercitare la sua egemonia a sud del Canale di Panamá, gli Stati Uniti ridotti nello spazio Nafta, e i Caraibi come area di frizione - come preannunciano le schermaglie fra Washington e Brasilia in occasione del non solo umanitario soccorso alle vittime del terremoto di Haiti.
E Lisbona? Scherzando ma non troppo, un diplomatico portoghese osservava con un collega brasiliano: "Pensate, se ci riuniamo voi entrate nell´Unione Europea!". L´espressione non entusiasta dell´interlocutore gli suggeriva una conclusione meno irrealistica: "Hai ragione, ci conviene entrare nella Repubblica Federativa del Brasile". Meglio il ventisettesimo Stato del Brasile che il ventottesimo nell´Ue?