Massimo Gaggi, Corriere della Sera 26/11/2010, 26 novembre 2010
LO SCONTRO POLITICO INTORNO AL TACCHINO
«Festa della solidarietà, del lavoro comune, della gratitudine celebrata con gli indiani che avevano accolto amichevolmente nel Nuovo mondo i pellegrini fuggiti dall’Europa? Macché, il Thanksgiving commemora il trionfo del capitalismo: il coraggio dei "padri fondatori" che, abbandonato il loro iniziale collettivismo, compresero che solo la proprietà privata poteva creare ricchezza».
Non c’è festa più americana di quella del Ringraziamento: un giorno di concordia nel quale le famiglie si riuniscono e celebrano davanti al tradizionale tacchino il loro spirito nazionale, l’orgoglio di appartenere a un Paese «speciale».
È stato così anche ieri, ma quest’anno, sull’onda del trionfo elettorale dei conservatori, i «rivoluzionari» dei Tea Party hanno promosso una rilettura storica della festa introdotta nel 1621, un anno dopo l’approdo a Plymouth (nell’attuale Massachusetts) del «Mayflower», il primo vascello dei puritani fuggiti dall’Inghilterra e dall’Olanda. Fin qui le discussioni tra storici avevano riguardato il luogo nel quale pellerossa e coloni avevano tenuto il loro primo rito conciliatorio (Plymouth o più a sud, nella colonia di Jamestown, in Virginia?). Ora, però, i Tea Party danno forza a un’altra tesi avanzata senza successo in passato: la molla che spinse i puritani a celebrare con gli indiani non fu la gratitudine ma l’abbondanza, frutto della vittoria del capitalismo sull’originario spirito socialista dei settler. Marx, ovviamente, non c’entra: qui si parla del collettivismo dei coloni che nei primi accampamenti mettevano tutto il poco che avevano in comune. Coltivarono poco e male, fecero la fame e furono decimati dalle malattie finché il loro capo, William Bradford, decise di cambiare sistema, assegnando a ognuno un pezzo di terra. Fu la svolta: l’agricoltura «privatizzata» funzionò a meraviglia, la produzione superò subito i bisogni dei coloni, lasciando cibo per festeggiare con gli indiani.
Gli storici dissentono: Bradford cambiò sistema con successo, è vero, ma la sua decisione è del 1623, due anni dopo il primo Thanksgiving. E la sinistra liberal, fiutata l’aria di politicizzazione del Ringraziamento, non è rimasta a guardare: «Questa — ha rilanciato — è la festa di un gruppo di immigrati disperati giunti tra gente che li ha accolti e aiutati anche se erano dei clandestini privi di documenti».
La National Review, voce del conservatorismo tradizionale, cerca di mediare: «Il Ringraziamento è festa dell’iniziale spirito comunitario di indiani e coloni, ma anche del mercato che funziona visto che, date a parte, Bradford ha lasciato pagine illuminanti sull’inefficienza del collettivismo».
Gli americani che ieri hanno celebrato in famiglia hanno preferito lasciare fuori dalla porta l’ideologia, ma la politicizzazione è forse inevitabile per una festa che celebra lo spirito di un Paese che scivola verso la crisi di identità.
Massimo Gaggi