Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 26/11/2010, 26 novembre 2010
QUANDO CHURCHILL E STALIN SI DIVISERO L’EUROPA - A
proposito dei rapporti fra Tito e Stalin vorrei ricordare un episodio citato nelle memorie di Churchill: e cioè quello del famoso foglio di carta nel quale le zone d’influenza in Europa venivano misurate col criterio delle partecipazioni azionarie. Secondo quella «carta» la Polonia sarebbe stata «al 90% Urss, al 10% Occidente»; la Grecia «al 90% occidentale, al 10% Urss"; la Jugoslavia, «50-50». Sorprendentemente le cose andarono proprio così: la Polonia fu dell’Urss, la Grecia dell’Occidente e la Jugoslavia finì tra i «non allineati». Nessun aiuto fu dato agli anticomunisti in Polonia e ai comunisti in Grecia; e la Jugoslavia non fu invasa dalle truppe sovietiche. A parte ogni altra considerazione, forse quella «carta» ebbe il suo peso.
Ignazio Vesco
Nazek_Vesco@hotmail.com
Caro Vesco, secondo Churchill, le cose andarono così. Il primo ministro britannico era andato a Mosca nell’ottobre del 1944 per uno scambio di vedute con Stalin e la conversazione ebbe luogo al Cremlino intorno a un tavolo imbandito con zaguski (gli antipasti russi), bottiglie di vodka, cognac armeno, acqua minerale georgiana. «Cerchiamo di regolare i nostri affari nei Balcani — avrebbe detto Churchill a Stalin —. In Bulgaria e Romania voi avete forze armate, noi abbiamo interessi, missioni e rappresentanti. Cerchiamo di non pestarci i piedi per piccole cose. Quanto alla Gran Bretagna e alla Russia, che cosa ne direbbe se la vostra influenza in Romania fosse del 90%, la nostra in Grecia altrettanto e se ciascuno di noi avesse il 50% in Jugoslavia?».
Per meglio farsi capire e per dimostrare a Stalin che era pronto ad assumersi un impegno formale, Churchill scrisse quelle percentuali su un foglio di carta aggiungendo l’Ungheri a ( 50%) e la Bulgari a (75% ai russi, il resto agli inglesi). Stalin lesse il foglio e lo siglò in segno d’accordo. Non era la prima volta che siglava una spartizione. Nell’agosto del 1939, quando Ribbentrop, ministro degli Esteri del Reich, e Molotov, ministro degli Esteri sovietico, gli mostrarono una carta geografica sulla quale erano indicate le nuove zone d’influenza della Germania e dell’Urss in Polonia e nel Baltico, Stalin prese una matita rossa e manifestò la sua soddisfazione con una firma alta un paio di centimetri.
In realtà, caro Vesco, il risultato dell’incontro fra Churchill e Stalin non fu quello che lei sembra suggerire. Per due ragioni. In primo luogo perché la Gran Bretagna non ebbe nel dopoguerra il ruolo immaginato dal primo ministro britannico e il principale interlocutore dell’Urss, negli anni della Guerra fredda, furono gli Stati Uniti. In secondo luogo, perché la proposta di Churchill era fondata su una concezione ormai datata delle politica internazionale. Il vecchio bulldog inglese pensava che i rapporti di forza potessero ancora essere regolati con i criteri pragmatici della diplomazia tradizionale, quando certi accordi condominiali potevano essere concordati e rispettati. Non tenne conto di un fatto nuovo che avrebbe profondamente alterato la natura dei rapporti internazionali. Questo fattore era la ideologia. Nel giro di qualche mese, dopo la fine della guerra, fu chiaro che i proprietari occidentali delle quote di minoranza nei Paesi del l ’ Europa c e ntro-orientale non avrebbero alcun diritto; mentre l’Urss, invece, avrebbe potuto contare per molti anni sui partiti comunisti, soprattutto in Francia e in Italia.
Sergio Romano