Stefano Feltri, Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 26/11/2010, 26 novembre 2010
IL GRAN REGALO TV
Da ieri, con la delibera dell’Autorità per la garanzia nelle comunicazioni (Agcom), è ufficiale: nonostante la crisi economica lo Stato regalerà le frequenze televisive liberate dal passaggio dalla tecnologia analogica al digitale. Il governo rinuncia così a incassi che in altri Paesi europei ammontano a decine di miliardi di euro. Tre commissari su otto hanno votato contro: Nicola D’Angelo, Michele Lauria e Sebastiano Sortino.
Invece qui in Italia i muliplex, cioè i pacchetti di frequenze su cui far viaggiare i canali tv, si danno gratis. Con un beauty contest, un concorso di bellezza tra operatori di cui da ieri sono note le regole. O meglio, è noto che il governo conserva il potere discrezionale di decidere a chi dare le frequenze. Conseguenza: i vincitori sono praticamente noti in partenza. Questo lo scenario che si delinea: a disposizione ci sono cinque multiplex, divisi in due gruppi. Poi c’è il singolo multiplex C per la telefonia mobile e la tv sul cellulare che sembra appetita (e facilmente raggiungibile) da Telecom.
I TRE MULTIPLEX nel gruppo A sono per i nuovi entranti nel settore, i due nel gruppo B per gli operatori già attivi. E questa è già una stranezza visto che le frequenze sono state tolte a Rai, Mediaset e La7 proprio per aumentare l’offerta e aprire il mercato. Invece Rai e Media-set si potranno riprendere, sempre gratis, le frequenze dei due multiplex nel gruppo B, a cui possono concorrere i soggetti definiti dalla delibera Agcom, come “operatore di rete di radiodiffusione terrestre che [...] aveva la dispinibilità di due o più reti televisive nazionali in tecnica analogica”. E sono soltanto il servizio pubblico di viale Mazzini e la privata berlusconiana.
Lo scenario verso cui si va, quindi, è questo: Rai e Mediaset passano da 4 a 5 multiplex, limite massimo consentito. La tv che fa capo a Silvio Berlusconi ne approfitterà subito per sviluppare il settore pay tv, con le trasmissioni in alta definizione, sfruttando un’altra dimenticanza dall’Agcom che equipara i canali in analogico e digitale ai servizi a pagamento. Settore in cui vorrebbe espandersi anche Sky, che si prenderà uno dei multiplex del gruppo A, ma per i vincoli antitrust potrà trasmettere solo in chiaro (cioè gratis). Ancora non si sa a chi andranno gli altri due multiplex del gruppo A. Ma l’azienda che si aggiudicherà metterà le mani su una gallina dalle uova d’oro. Dall’Agcom spiegano infatti che la delibera vieta di vendere o cedere in leasing subito i multiplex ottenuti con il beauty contest agli operatori già attivi (cioè Rai e Media-set), ma non vieta di offrire le proprie frequenze per trasmettere contenuti altrui. Scenario ipotetico: un’impresa televisiva si prende, sempre gratis, un multiplex poi si fa pagare lautamente da Mediaset per diffondere i suoi contenuti (la Rai ha meno incentivi a farlo). Certo, al punto 2 delle disposizioni finali, si legge che “alla luce di futuri svilupi tecnici della radiodiffusione televisiva l’autorità [cioè l’Agcom, ndr] si riserva di rivedere od integrare le misure previste con il presente provvedimento al fine di garantire il maggior grado di pluralismo e concorrenza”. Ma è noto che in Italia, soprattutto nel settore tv, tornare indietro è impossibile. E proprio Mediaset ha fondato il suo successo adottando pratiche ai limiti della legge (gli storici videotape trasmessi in sincrono per aggirare il divieto di diretta nazionale) in attesa che la legge si adeguasse.
ADESSO a gestire la procedura sarà il ministro dello Sviluppo Paolo Romani, che ha già approvato il documento dell’Agcom. Ma non c’è grande suspence sulle sue prossime decisioni. I criteri per scegliere i vincitori di ciascun gruppo di multiplex lasciano infatti grande discrezionalità, così da evitare sorprese nella classifica finale. Esempio: il punto A dell’articolo 9 (Criteri per la formazione delle graduatori per le frequenze in gara) giudica il “piano tecnico dell’infrastruttura” per un massimo di 35 punti. Ma poi si dirama in cinque articoli che considerano parametri molto diversi tra loro, dal raggiungimento di una copertura nazionale di almeno l’80 per cento all’impatto ambientale e i sistemi di monitoraggio. E dunque è difficile capire dove e come il candidato eccelle rispetto a un concorrente. Decide tutto il governo. Per le piccole o nuove società le richieste d’ingresso sono molto poi molto impegnative. Per definizione un nuovo entrante non potrà ottenere grandi punteggi su voci come “struttura d’impresa ed esperienze maturate nel settore delle comunicazioni”. Tra le altre novità del Consiglio Agcom di ieri c’è poi il regolamento sulla web tv: le televisioni su Internet sono equiparate alle televisioni in analogico o digitale se la proprietà supera 100 mila euro di fatturato. Chi possiede una web tv deve quindi iscriversi a un registro di settore con un versamento di 500 euro e indicare la struttura della società.