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 2010  novembre 26 Venerdì calendario

OLI VEGETALI SEMPRE PIÙ COSTOSI

Il timore che la Cina, impegnata nel contrastare l’inflazione alimentare, potesse rallentare gli acquisti ha già abbandonato il mercato degli oli vegetali. Ieri i mercati statunitensi erano chiusi per il Thanksgiving, ma nei giorni scorsi a Chicago i semi di soia – di recente al record biennale – avevano ripreso ad apprezzarsi, in seguito ad acquisti cinesi per 780mila tonnellate e alla comunicazione da parte del dipartimento Usa per l’Agricoltura che Pechino aveva concluso accordi preliminari per importare 5,5 milioni di tonn. di semi di soia nel 2010-11.

Stesso copione per l’olio di palma, anch’esso ai massimi da oltre due anni un paio di settimane fa. Alla Bursa Malaysia la correzione sembra essersi già conclusa: le quotazioni hanno ripreso a correre, balzando ieri del 2,6% a 3.372 ringgit per tonnellata (il record era a quota 3.404). Secondo stime indipendenti, in novembre l’export della Malaysia è migliorato del 20-25% rispetto a ottobre (quando i volumi erano stati piuttosto depressi), superando 1,3 milioni di tonn. Una conferma che la domanda di questa materia prima – i cui impieghi sono vastissimi, dai dolci ai detergenti, fino ai biocombustibili – rimane robusta, nonostante i prezzi elevati e le recenti difficoltà produttive legate all’eccesso di piogge nel Sud Est asiatico, provocato dalla Niña.

I fattori che guidano il mercato degli oli vegetali, mantenendolo in tensione, sono da mesi sempre gli stessi: i danni, reali o potenziali, che il maltempo sta provocando alle coltivazioni (problema che riguarda anche la soia, perché in America Latina la Niña ha invece portato siccità) e la forza della domanda.

A due settimane dall’annuncio della crociata per raffreddare i prezzi alimentari, Pechino canta già vittoria: ieri la National Development and Reform Commission ha esibito come un proprio merito la recente correzione delle quotazioni, attribuendo un impatto solo secondario alla contemporanea caduta sui mercati internazionali. A prescindere dalla speculazione, i consumi cinesi di oli vegetali restano comunque molto robusti ed è probabile che – come di solito accade – le importazioni accelerino con l’avvicinarsi del Capodanno lunare, il prossimo 3 febbraio. Anche l’Europa, intanto, sta importando parecchio, dopo che la siccità della scorsa estate ha ridotto la produzione di colza.

Il fenomeno più eclatante, tuttavia, è la cavalcata dei consumi in India. Il paese asiatico sta avendo un buon raccolto di soia. Ma nonostante questo le sue importazioni (per il 70% di olio di palma) continuano a crescere ad un ritmo vertiginoso. Nella stagione 2009-10 l’India ha importato oli vegetali commestibili per 9,2 milioni di tonn, un record storico che le ha fatto scavalcare la Cina. Nel giro di un paio d’anni, secondo la locale associazione degli spremitori, l’import potrebbe salire a 10 milioni di tonn.

Secondo gli esperti, difficilmente l’offerta riuscirà a tenere il passo della domanda, soprattutto dopo che l’Indonesia – responsabile di metà della produzione globale di olio di palma – si è impegnata a fermare per due anni l’ampliamento delle piantagioni a danno delle foreste pluviali. «Sono finiti i tempi in cui la produzione si espandeva velocemente – osserva Dorab Mistry, direttore della casa di trading Godrej International, riconosciuto come uno dei massimi esperti del settore – Ci saranno profonde implicazioni per il comportamento dei prezzi e il mondo dovrà prepararsi a prezzi molto più alti nei prossimi anni».