FRANCESCO GRIGNETTI, La Stampa 26/11/2010, pagina 7, 26 novembre 2010
Ordine indipendente ma con due Csm - Giustizia, si ricomincia. L’annuncio sorprende un po’, ma la fonte è autorevolissima essendo Berlusconi in persona a dire: «Continuiamo a lavorare sui cinque punti sui quali abbiamo ottenuto la fiducia
Ordine indipendente ma con due Csm - Giustizia, si ricomincia. L’annuncio sorprende un po’, ma la fonte è autorevolissima essendo Berlusconi in persona a dire: «Continuiamo a lavorare sui cinque punti sui quali abbiamo ottenuto la fiducia. Domani (oggi per chi legge, ndr) ci sarà il varo del piano per il Sud e martedì l’approvazione della riforma sulla giustizia». La Grande Riforma esce dunque dal cassetto dove era stata riposta in attesa del chiarimento con i finiani. Viene tirata fuori d’impeto, anzi, come spiega un’autorevole voce del Pdl «proprio perché non si possa dire che il governo non ha fatto il suo lavoro o che non ha portato a compimento i cinque punti su cui il premier ha impostato la ripartenza. Se poi il 14 “qualcuno” non vorrà votare la fiducia, si prenderà le sue responsabilità a prescindere da ogni pretesto». Discorso palesemente rivolto al Fli. Che i finiani accolgono con irritazione: se la riforma presentata martedì in Consiglio dei ministri sarà quella che Giulia Bongiorno aveva già cannoneggiato nelle settimane scorse, sarà la rottura definitiva. «Alcuni principi li riteniamo condivisibili - disse all’epoca la presidente della commissione Giustizia - come la separazione delle carriere e del Csm, tuttavia sono stati introdotti nuovi principi che non possiamo condividere. In particolare le nuove funzioni della composizione a maggioranza laica del Csm, i nuovi poteri conferiti al ministro della Giustizia e la nuova collocazione della polizia giudiziaria non più alle dirette dipendenze della magistratura». Il menù della Grande Riforma infatti è stato ampiamente anticipato nelle settimane scorse: riforma della Costituzione con sdoppiamento delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura, organo di disciplina esterno al Consiglio, sganciamento della polizia giudiziaria dalla dipendenza esclusiva del pm, spostamento di poteri dal Csm al ministero della Giustizia. Resteranno saldi alcuni principi di fondo: obbligatorietà dell’azione penale e precisazione che «la magistratura è un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere». Caso vuole che l’annuncio di questa rivoluzione giunge alla vigilia del trentesimo Congresso dell’associazione nazionale magistrati, che si apre oggi a Roma. «In questi anni - dice Luca Palamara, il presidente dell’Anm - abbiamo assistito a tanti annunci con fasi altalenanti. Servono interventi seri, non riforme che riducono l’indipendenza riconosciuta ai magistrati dalla Costituzione senza portare nessun beneficio al funzionamento della giustizia». Ieri è iniziato anche a Genova il trentesimo congresso Nazionale Forense che vedrà la partecipazione di oltre mille professionisti provenienti da tutto il Paese. «C’è delusione e sfiducia da parte della categoria nei confronti di governo e istituzioni».