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 2010  novembre 25 Giovedì calendario

IRLANDA, VIA AI SACRIFICI: TAGLI E TASSE PER 15 MILIARDI


Alzare le tasse, tagliare le spese, cercare di conciliare le pressanti esigenze non tanto di rigore in senso stretto – che in Irlanda c’è sempre stato, a differenza che in Grecia – ma di riduzione del deficit, esploso con il salvataggio del sistema bancario, con quelle di preservare la possibilità di una crescita economica. Sono questi gli obiettivi della manovra quadriennale da 15 miliardi di euro presentata ieri dal Taoiseach irlandese, Brian Cowen, e dal suo ministro delle Finanze, Brian Lenihan, accolta piuttosto bene dai mercati, nonostante la decisione di Standard&Poor’s di abbassare il rating sul debito a lungo termine del paese, da AA- a A con ‘outlook negativo’. “Il piano quadriennale è un contributo importante alla stabilizzazione dei conti pubblici irlandesi”, ha commentato il commissario per gli Affari economici, Olli Rehn, aggiungendo che è “una solida base per i negoziati sulle riforme di bilancio e strutturali del programma di misure legate all’assistenza finanziaria internazionale che l’Irlanda ha chiesto all’Ue e al Fondo monetario”. Assistenza che ammonta a 85 miliardi di euro circa, secondo quanto confermato da Cowen, che ha parlato di un tasso di interesse intorno al 6%. Per i prossimi quattro anni il governo irlandese – che difficilmente sarà lo stesso che attuerà eventualmente le misure - ha presentato una manovra da 15 miliardi di euro, di cui il 40% da attuare già nel 2011.
Nelle 150 pagine del ponderoso documento, si indica un aumento dell’Iva al 21% nel 2012, al 22% nel 2013 e al 23% nel 2014, un aumento del 33% delle tasse universitarie e l’introduzione di una tassa sulla proprietà. E un taglio della spesa complessivo di 10 miliardi di euro. Soprattutto attraverso consistenti sforbiciate al welfare, pari a 2,8 miliardi in quattro anni: nella Pubblica amministrazione gli stipendi verranno tagliati del 10% e i nuovi assunti avranno un trattamento pensionistico meno favorevole. Il salario minimo verrà decurtato di un euro, a 7,65 euro all’ora e gli esuberi nella pubblica amministrazione saranno ben 24.750, da attuare grazie ad un piano di esodi incentivati, con un risparmio di 1,4 miliardi. Nel piano, che indica una riduzione di investimenti pubblici per 3 miliardi di euro, ci si basa su una stima di crescita media del pil irlandese del 2,75%. Ora il testo dovrà essere votato, il 7 dicembre prossimo, per poi essere approvato definitivamente nei primi mesi del 2011. Il piano non allude ad alcun aumento della tassa sulle imprese, che resta ferma al 12,5%, anche se il commissario Rehn, secondo il suo portavoce, ha più volte sottolineato come “sia normale che in queste circostanze il livello di tassazione sia innalzato”. Il secondo elemento su cui i tecnici internazionali intendono insistere è la “ristrutturazione delle banche”, secondo il portavoce.La cancelliera tedesca Angela Merkel, che oggi ha in agenda un appuntamento telefonico con Parigi per discutere “dei problemi dell’eurozona”, ha spiegato che la Germania risponderà “favorevolmente alla richiesta dell’Irlanda”, ma che gli aiuti saranno legati a condizioni “che diano la precedenza a misure volte a far tornare il Paese sul cammino della stabilità”. Ed è tornata sulla vexata quaestio del coinvolgimento dei privati nelle future operazioni di salvataggio. ‘’Le operazioni sui titoli di Stato possono essere le uniche al mondo senza rischio?’’, si è chiesta la cancelliera.

- Quali sono le cause della crisi irlandese?
L’origine della crisi irlandese è nelle perdite su crediti immobiliari accumulate nei bilanci delle banche. Che hanno finito per affosare Anglo Irish Bank, prima, e Bank of Ireland e Allied Irish Bank, poi. Il sistema bancario irlandese, integralmente garantito dallo Stato, è stato reso di fatto insolvente dai crediti tossici. Insomma, a scatenare la crisi irlandese è stato il peso del debito privato, benchè anche il governo sia stato costretto a rimettere mano ai conti pubblici con una maxi-manovra di tagli e tasse. Nel caso della Grecia, invece, i problemi sono venuti da un debito e conti pubblici fuori controllo.
- Quanto vale la manovra rispetto alle altre fatte in Europa?
La manovra varata da Dublino è pesantissima. Se infatti i 15 miliardi di euro in valore assoluto non rappresentano una grandissima cifra, in termini relativi sono pari al 10% del Pil irlandese. La ricchezza di Dublino, infatti, è calcolabile in circa 156 miliardi di euro. La manovra di riduzione del deficit varata dall’Italia, tanto per fare un esempio, è pari a 24,9 miliardi di euro. Ma rispetto al Prodotto interno lordo vale circa l’1,6%. Tornando all’Irlanda, i tagli totali alla spesa (nel quadriennio 2011-2014) sono pari a 10 miliardi mentre l’aumento delle entrate fiscali vale 5 miliardi.
- Quali sono gli svantaggi e i vantaggi dell’euro debole?
Nel corso degli anni l’euro è riuscito a ritagliarsi un ruolo di valuta di riferimento internazionale per una serie di transazioni, seppur sempre in posizione subordinata rispetto al dollaro. L’attuale crisi rischia di interrompere questo processo. D’altra parte un euro debole rispetto al dollaro, almeno entro certi limiti, può essere un vantaggio perché aiuta le esportazioni del Vecchio Continente. L’attuale livello della moneta unica resta comunque storicamente alto: dopo aver debuttato nel 1999 a 1,17, l’anno successivo era scesa fino a toccare quota 0,82.
- Qual è lo scenario delle aste dei titoli di Stato italiani?
Situazione tranquilla sul fronte delle aste del nostro debito pubblico. Entro fine mese sono in programma emissioni per circa 8 miliardi per la raccolta a medio lungo termine del Tesoro. Sul breve termine entro fine anno sono invece previste aste per Bot a sei mesi per 8,5 miliardi. Dicembre comunque è un mese tradizionalmente tranquillo. E non ci sono al momento segnali di tensione per quanto concerne i titoli di Stato italiani, Il rendimento dei Bot a sei mesi sul mercato secondario varia dallo 0,67% per la Germania, allo 0,74% della Francia all’1,32% dell’Italia.
- Qual è la situazione dei deficit e dei debiti nell’Eurozona?
La crisi economica degli ultimi due anni ha costretto tutti i Paesi europei a peggiorare i propri conti pubblici e a sforare il tetto del 3% fissato dal Patto di Stabilità. Su questo fronte l’Italia si trova in una posizione decisamente migliore rispetto a molti altri Paesi. L’Italia chiuderà infatti l’anno in corso con un deficit di circa il 5,3% rispetto al Pil, più o meno in linea con la Germania ma molto meglio di Spagna e Francia che dovrebbero chiudere il 2010 rispettivamente con un deficit del 9,8 e dell’8%. Le cose cambiano radicalmente per il debito. Peggio dell’Italia (118,5% del Pil) farà soltanto la Grecia.
- Che differenza c’è tra deficit e debito?
Il deficit è il disavanzo annuale del bilancio pubblico, la differenza tra entrate ed uscite nei dodici mesi. Può essere misurato in termini di competenza o di cassa: la versione utilizzata ai fini dei parametri di Maastricht, che si chiama indebitamento netto, è un misto tra i due criteri (anche se prevale la competenza). Il debito è invece l’intero ammontare delle passività accumulate anno dopo anno, con i vari disavanzi. Nel gergo economico non è quindi un flusso ma uno stock, la cui consistenza viene misurata alla fine di un certo periodo di riferimento (ad esempio dell’anno).