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 2010  novembre 26 Venerdì calendario

LA RUOTA DI SCORTA

Ma che diavolo aspetta a scendere in campo? Che arrivi la settimana dei tre giovedì? Che Silvio Berlusconi scappi ai Caraibi con un aereo carico di fanciulle in fiore? O che Pierluigi Bersani cada dal tetto della facoltà di Architettura? La domanda è rivolta a Luca Cordero di Montezemolo, nato a Bologna 63 anni fa, detto per brevità Montez, presidente della Ferrari. È lui il vip più invocato in Italia. Affinché si dedichi alla politica vera. Quella che, alla fin dei conti, decide.
Poco più di un anno fa, nel settembre 2009, avevo scritto per “Libero” un articolo sul suo conto. La mia conclusione era stata la seguente. Ritenevo che a Montez non convenisse gettarsi nella fornace della lotta politica. E prevedevo che non l’avrebbe fatto. Nel clima rabbioso che già s’intravedeva, un personaggio come il suo sarebbe stato messo nel tritacarne.
La sua vita passata, insieme a quella presente e a quella futura, non avrebbero avuto scampo. La casta dei professionisti politici ne avrebbe fatto poltiglia. Per questo, l’ipotesi finale era semplice e chiara. Bisognava aspettare che la baracca Italia crollasse del tutto. Soltanto allora, forse, avremmo visto Montez scendere in campo.
Ma adesso ci siamo. Non sono così pessimista da pensare che il crollo sia vicino. Tuttavia, l’aria che tira è pessima. Il governo Berlusconi è a un passo dalla caduta. E non credo sia in grado di reggere sino al 2013, termine della legislatura. I due blocchi primari, centro-destra e centro-sinistra, sono allo sfacelo. Il terzo blocco, quello centrista, esiste soltanto sulla carta. Tutto è incerto. Il Cavaliere guiderà le sue truppe in una probabile campagna elettorale. Ma gli avversari non riescono a trovare un leader all’altezza di batterlo.
Montez conosce meglio di me quali siano i rischi che il paese sta correndo. Per di più, non da ieri coltiva il proposito di darsi alla politica. Tre anni fa, un dirigente della Fiat mi aveva spiegato: «Luca spasima di farlo. Non gli basta più l’incarico di presidente della Confindustria. Vede l’Italia andare a rotoli e vorrebbe impedire
che precipiti nel baratro. Però teme i contraccolpi brutali della casta dei partiti».
PRECEDENTI NEGATIVI
Ma esisteva anche un altro motivo per dubitare di compiere quel passo. Era il ricordo dell’infelice esperienza di Umberto Agnelli nei panni di senatore democristiano. Fra il 1976 e il 1979, Montez aveva lavorato accanto a lui con grande abnegazione. Al punto di meritarsi uno storico sfottò di Fortebraccio, il corsivista dell’“Unità”: «Arriva Umberto Agnelli scortato da Luca Cordero di Montezemolo, che non è un incrociatore».
Luca temeva di dover vivere di nuovo quegli anni amari. Per questo esitava. Si sentiva già nel mirino come uno dei Poteri Forti pronti a fare un golpe, secondo l’invettiva del ministro Renato Brunetta. E non voleva che gli capitasse pure di peggio. Ma adesso il tempo sta scadendo anche per lui.
Ho stima per Montez. Però credo che non dovrebbe più traccheggiare. Anche perunfattochenonpuòsfuggireauncronista attento. Ogni volta che si apre un giornale, ci imbattiamo in un’esternazione del presidente della Ferrari. O in un appello che gli viene rivolto affinché si decida. Vogliamo citarne qualche esempio?
Il 3 ottobre 2010, sul “Corriere della sera”, Raffaella Polato registra l’ennesimo rifiuto di Luca a scendere in politica: «No, no e no. Questa storia della mia discesa in campo è una cosa lunare». Ma due giorni dopo, Montez pronuncia un discorso para-politico alla Hopkins University di Bologna. E spiega che la ricetta per rimettere in moto l’economia italiana è la detassazione del lavoro dipendente.
IL PAPA NERO
Il 6 ottobre si comincia a parlare di Montez come del Papa nero della sinistra, l’unico in grado di rianimare un ambiente politico in agonia. Marco Sarti, del “Riformista”, registra l’opinione di Cesare Romiti, il vecchio capo supremo della Fiat. Lui dice: «Montezemolo in politica? Io certamente non lo voterei». A “La Storia Siamo Noi”, il programma tivù di Giovanni Minoli su Rai 2, Romiti rievoca i motivi che obbligarono Luca a lasciare la Fiat. E lo fa con la precisione feroce dei signori anziani, testimoni di vicende scabrose.
Lo stesso giorno, sempre sul “Riformista”, Goffredo Bettini, già eccellenza veltroniana, suggerisce alla sinistra di affidarsi a Montezemolo. Gli replica subito Alfonso Gianni, già spalla di Fausto Bertinotti: «Ecco una brutta idea». Il 9 ottobre, nuove risposte raccolte all’assemblea nazionale del Partito democratico, in quel di Busto Arsizio. Rosy Bindi garantisce che Luca non serve. Altri la pensano in modo diverso. Beppe Fioroni taglia corto: «Megliouninterlocutoreinpiùcheunoinmeno. Ma dopo tanto predicare, per Montezemolo è venuta l’ora di praticare».
Montez risponde attraverso “Lettera43.it”, il quotidiano on line di Paolo Madron. Dice di avere stima per i dirigenti democratici. Ma spiega di essere stufo di sentirsi «tirare per la giacchetta». E aggiunge: «Resterò al mio posto di presidente della Ferrari. Non scendo in campo. Pensare che sia io il Papa straniero è roba da marziani».
Il 13 ottobre, nuova esternazione indiretta di Montez, attraverso il sito di “Italia Futura”, la sua fondazione. Lamenta che nell’ultima settimana si è visto candidare a leader del Pd, a sindaco di Roma, a capo del fantomatico Terzo Polo. Un fatto che gli conferma lo stato confusionale dei partiti italiani: «Sarebbe più utile rispondere alle questioni che poniamo, invece che indulgere in puerili giochi di fantapolitica».
Otto giorni dopo, a Roma, nel presentare un libro, Montez ci regala la sua battuta più efficace: «È inutile parlare di una mia discesa in campo da politico. Non c’è nemmeno il campo!». Passano le settimane, e il tormentone Luca sì o Luca no continua. Sino a quando, intervistato da Alessandro Troncino del “Corriere della sera”, Massimo Cacciari non azzarda una risposta netta.
Il 14 novembre, il filosofo dice che il famoso Terzo Polo, quello di Fini, Casini e Rutelli, non può andare lontano se «gli imprenditori come Montezemolo non scendono in campo». Per Cacciari l’unica ancora di salvezza è Luca: «Il Pd è stato diretto in modo folle. Franceschini ha fatto quello che ha potuto. Bersani ha dato al partito un’immagine socialdemocratica vecchia. Vendola? I paragoni con Obama fanno ridere i polli. Lui rappresenta un’ideologia minoritaria che non sarà mai cultura di governo».
SCHIANTO A DUBAI
Ma il 14 novembre è anche il giorno nero della Ferrari che, ad Abu Dhabi, perde il mondiale di Formula Uno. Due giorni dopo, Montez compare sulla prima pagina di “Repubblica” per rispondere a un articolo del quotidiano di Ezio Mauro dedicato alla “Nazione dei perdenti”. Un’immagine che Luca trova «inaccettabile e falsa». Tuttavia molti pensano che la sconfitta della Ferrari frenerà la carriera politica di Montez. Andrà così?
Chi lo vuole in campo contro Berlusconi spera di no. I futuristi di Fini lo corteggiano. Il 20 novembre, “La Stampa” pubblica un sondaggio della Swg. Una lista con il suo nome varrebbe il 9 per cento dei voti. E guidato da Montez il Terzo Polo, quello auspicato da Cacciari, potrebbe arrivare al 21 per cento.
Il giorno successivo, domenica 21 novembre, Montezemolo si presenta nel salotto televisivo di Fabio Fazio. Il conduttore, specialista nel lecca lecca con i vip che invita, gli dà spago, osservandolo con occhietti da topino rispettoso. E Montez lo ricambia regalandogli una battuta al veleno contro il Berlusca: «Il suo governo è un cinepanettone arrivato ai titoli di coda». Poi rinnova il rifiuto a entrare in politica: «Non ho intenzione di fondare un partito, né di entrare in un partito che già c’è».
Siamo, per ora, alle battute finali del tormentone. Il 24 novembre Luca parla a un convegno della sua fondazione “Italiafutura”. Per annunciare l’evento, si compra una paginata pubblicitaria sul “Corriere della sera”. Dominata da una sua foto in formato gigante. Nel vederla ho pensato: sembra un manifesto elettorale. Lo slogan sarà Montez a rivelarlo durante la convention: «Ho il dovere di fare qualcosa per l’Italia».
Come andrà a finire? Non lo so. Però posso dare un consiglio a Montezemolo: limiti le esternazioni a tutto gas. Non calchi le orme di Giorgio Napolitano. In fondo, il vecchio Giorgio è pur sempre il presidente della Repubblica.