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 2010  novembre 25 Giovedì calendario

I "SINGOLARI" 150 ANNI DEL GIORNALE DEL PAPA

Con leggero, ma significativo anticipo sui 150 anni dell´unità d´Italia, in qualche modo fedele a uno dei due motti, Unicuique suum, che si leggono sotto l´elegante testata, anche l´Osservatore romano viene celebrato per il suo secolo e mezzo; e così esce in libreria un cospicuo volume a più voci, "Singolarissimo giornale", a cura dell´ex ambasciatore italiano presso la Santa Sede Antonio Zanardi Landi e dell´attuale direttore del quotidiano Giovani Maria Vian (l´editore è Umberto Allemandi & C., le pagine sono 283).
Operazione storico-editoriale, da quel che si intuisce a prima vista, molto accorta, molto seria, molto cauta, molto ufficiale e quindi anche, sia detto con rispetto, molto, ma molto di potere. Forse troppo: ma poteva essere altrimenti?
Sia chiaro: gli studiosi, da Gianpaolo Romanato a Ennio Di Nolfo, da Andrea Riccardi a Carlo Cardia, fino a Sergio Romano, sono fra i più competenti; e sebbene moderatamente assortiti sul piano culturale e comunque scelti in base a un approccio abbastanza tradizionale e paludato, dentro il libro c´è tutto quel che del glorioso foglio del Vaticano ("parola grossa", chiosa il futuro Paolo VI in un articolo che oltre a regalare il titolo al volume, si connota come gradevole, arguta e anche non convenzionale testimonianza, com´è raro trovarne da quelle parti da qualche anno a questa parte), ecco che senza dubbio vi si trova quanto è giusto sapere della lunga storia dell´Osservatore.
E quindi l´ardore intransigente dei suoi esordi in una nazione senz´altro ostile ai cattolici e ancora di più alla Santa Sede. E poi l´alta figura del suo più longevo direttore, il conte Della Torre, straordinario esemplare di aristocratico colto che fin dall´inizio seppe garantire un respiro internazionale alla pubblicazione. E ancora risalta il ruolo e anche il coraggio del quotidiano nei tempi del fascismo, "quando ci siamo accorti – dovette riconoscere Piero Calamandrei – che l´unico giornale nel quale si poteva ancora trovare qualche accento di libertà, della nostra libertà, della libertà comune a tutti gli uomini liberi era l´Osservatore romano"; e chi lo comprava, magari solo per andare a quella voce libera che erano gli Acta diurna di Guido Gonella, beh, "era esposto a essere bastonato".
Poi, sì, certo, la storiografia francese, inglese o americana si preoccupa anche di farsi leggere e la vita di un giornale è fatta anche di ambienti, di umanità, di personaggi; e da questo punto di vista, almeno per chi è del mestiere - e non necessariamente confonde lo scorrere delle vicende coi pettegolezzi - una vera biografia dell´Osservatore sarebbe davvero fantastica: curiali e sant´uomini, incogniti e pazzi di Dio, spioni e specialisti unici al mondo. E sullo sfondo, condizionato da un inesorabile intreccio, lo svolgersi della vita non solo apostolica ed ecclesiastica, ma anche politica e se si vuole anche un po´ tribale dell´Italia.
Per dire: il trafiletto che inabissò la candidatura di Fanfani al Quirinale; o il complesso rapporto che per vincoli biologici finì per legare la lunga direzione di Mario Agnes, il fratello ascetico e segaligno di Biagione, alle res gestae del clan demitiano degli avellinesi, poco prima della scomparsa della Dc; o ancora il braccio di ferro dell´ultimo Wojtyla con gli americani sulla prima e la seconda guerra all´Iraq; fino a giungere – ma questo è davvero troppo pretendere che sia già storia – all´enigmatico silenzio del "giornale del Papa" (così s´intitola l´esaustivo saggio del direttore Vian, pure riconoscibile in foto, per quanto tagliato, al fianco di Benedetto XVI in aereo) a proposito del caso Boffo; silenzio tanto più significativo alla luce del giudizio, invero avventatello, emesso pochi mesi prima dal saggio Osservatore a lode del neonato Pdl e dei suoi "valori" nell´idolatrica Città del Sole che il berlusconismo aveva impiantato tra i capannoni della Fiera di Roma.
Ma come recitano antichi adagi piuttosto in voga oltre il cancello di bronzo, tutte queste sono cose che creano specialissime grane e come tali opportunamente liquidabili con un gesto di fastidio della mano, o rimesse al futuro previa una più tollerante alzata degli occhi al cielo.
Però francamente colpisce e un po´ anche dispiace che, trattandosi di una lunga storia mediatica e per di più internazionale, non si trovi nemmeno un accenno a Marshall McLuhan, che nella Chiesa di Roma dal protestantesimo entrò "in ginocchio", e che qualcosina sul presente e sul futuro della comunicazione avrebbe anche da dire. E invece ecco che ad aprire è il ministro degli Esteri Frattini, con il suo diplomatico compitino; e in linea governativa si prosegue con l´immancabile Gianni Letta, che se la cava senza grande trasporto.
Poi arrivano i saggi veri. Ma a quel punto, anche senza rivelarsi troppo schizzinosi, viene pure da chiedersi se questi 150 anni non meritassero un sovrappiù di spirito o, se si preferisce, di anima.