Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 25/11/2010, 25 novembre 2010
PECHINO AMMETTE: IL MAIS SCARSEGGIA
Le banche cinesi dovrebbero urgentemente offrire sostegno al settore agricolo, perché nel paese ci sono «gravi carenze» di mais, cotone e zucchero. L’appello della China Banking Regulatory Commission (Cbrc) ha fatto sobbalzare non pochi analisti: per la prima volta un organismo statale cinese ammette ufficialmente che il mais scarseggia.
«Non riusciamo a capire che problema possano avere – ha dichiarato al Sole 24 Ore Abdolreza Abbassian, Senior grain economist della Fao – A noi risulta che il raccolto cinese sia stato abbondante, tra 167 e 169 milioni di tonnellate, e le scorte dovrebbero tuttora essere molto ampie: circa 90 milioni di tonnellate. Magari i consumi di mangimi stanno esplodendo e non ce ne siamo ancora accorti... Se i numeri della Fao sono sbagliati, però, significa che sta accadendo qualcosa di molto rilevante in Cina». Abbasian è comunque perplesso: «La Cbrc è un’autorità che non ha nulla a che fare con i cereali. Personalmente tendo a pensare che parlino per rassicurare il mercato interno e per contrastare l’accaparramento».
L’allarme sulle scorte cinesi di mais non è nuovo. Negli ultimi mesi è stato da più parti ipotizzato che il loro livello – mantenuto segreto dalle autorità – possa essersi drasticamente ridotto, costringendo Pechino a importare, secondo alcuni analisti, addirittura tra 5 e 7 milioni di tonn. del cereale: una quantià enorme, che potrebbe sconvolgere i già precari equilibri sul mercato mondiale.
Nel corso della stagione 2009-10 risulta che Pechino abbia finora acquistato o ordinato all’estero 1,3 milioni di tonn. di mais: quantitativi definiti «trascurabili» da Abbassian, ma che comunque non erano mai stati così alti da 15 anni. Negli ultimi quattro anni, inoltre, la Cina non aveva mai importato granoturco dagli Stati Uniti, mentre di recente l’ha fatto più volte, nonostante il differenziale di prezzo sfavorevole.
La settimana scorsa si era anche diffusa la voce che il governo cinese fosse in trattative con quello argentino per prenotare forniture fino a 8 milioni di tonnellate di mais l’anno. Un accordo di questo genere richiederebbe un lungo lavoro diplomatico: Pechino dovrebbe prima mettere a punto un protocollo fitosanitario con Buenos Aires e in Argentina si produce moltissimo mais Ogm, che per il momento la Cina non ammette. Ma l’ipotesi, seppure remota, aveva fatto balzare del 4% le quotazioni al Cbot, riportandole vicine ai massimi biennali: segno che si era toccato un nervo sensibile per gli operatori.