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 2010  novembre 25 Giovedì calendario

I GOVERNI E LA BCE: CHI SARA’ IL PROSSIMO? TUTTO PRONTO PER IL PORTOGALLO —

Il giro di teleconferenze fra Bruxelles, Francoforte e le sedi almeno dei principali ministeri finanziari è iniziato ieri attorno all’ora di pranzo ed è finito a metà pomeriggio. Dalla Banca centrale europea alle capitali, i protagonisti del sistema dell’euro sono in assetto di crisi ma solo in apparenza quella di ieri è stata una discussione tecnica.
Certo, sul tavolo ci sono tutte le opzioni a disposizione per la tutela della moneta unica: le difese che gli europei potranno schierare, una dopo l’altra, nei giorni e settimane a venire. Ma più le teleconferenze di ieri e le discussioni di questi giorni vanno avanti, più diventa chiaro a tutti i responsabili dell’euro, nella Bce, nei governi e a Bruxelles, che la discriminante ormai è politica. I nodi sono venuti al pettine. Si tratta di capire, come anche ieri è emerso, se la Germania accetterà di dare spazio a un’entità europea che almeno in embrione sia ciò che il Tesoro Usa è per il dollaro.
Di positivo c’è che almeno i termini del confronto ormai sono netti, senza troppi equivoci. Di meno positivo, c’è però che almeno per ora la Germania non si muove. Non lo fa nemmeno adesso che tra molti responsabili dell’euro si è radicata la convinzione che quello imposto dai mercati oggi è un test sulla credibilità dell’euro come sistema di governo. E’ su questo che la crisi torna a infuriare. Non si tratta più solo dei conti falsificati in Grecia, dei crac bancari in Irlanda o della bolla immobiliare iberica. Per questo nessuno pensa più che un pacchetto di aiuti a questo o quel Paese, nemmeno per centinaia di miliardi cumulati, basterà a fermare o sterilizzare il contagio.
Certo, l’accesso del Portogallo al sostegno del fondo europeo e all’Fmi sembra questione di giorni. Anche sulla Spagna in realtà si sta iniziando a parlare di una linea di credito almeno dell’Fmi, benché per ora senza le condizioni draconiane imposte ai greci o agli irlandesi.
Ma, appunto, nessuna di queste misure da sola può fermare l’ondata di scetticismo degli investitori. Non si tratta più di puntellare uno dopo l’altro i singoli Paesi, quando la coerenza e la tenuta dell’intero sistema sono il vero epicentro del sisma. Ma per questo, appunto, serve una svolta tedesca che ancora tarda a manifestarsi.
Se e quando lo farà, le soluzioni tecniche non mancano. Una di queste può includere un meccanismo permanente di prestiti condizionati agli Stati in difficoltà (quello attuale scade nel 2013), la base di un’autorità di bilancio e di politica economica più coesa. In realtà l’Fmi già parla per esempio di estendere il sostegno alla Grecia su un intero decennio, mentre sulla parte europea del sostegno prolungato Berlino resiste. Si è discusso poi anche di perdita di sovranità in Europa - tramite l’azzeramento del voto in Consiglio dei ministri Ue - per i Paesi che non rispettano i vincoli di bilancio e competitività previsti dall’euro. E anche sul ruolo degli investitori privati in un’eventuale crisi un ragionevole compromesso è tecnicamente possibile. Purché la Germania accetti un euro politicamente più forte, senza il complesso di essere il socio truffato da tutti.
Senza accordo entro il vertice europeo di metà dicembre, il contagio potrà solo crescere. E sulla Bce salirà la pressione perché lanci un piano di forte creazione di moneta per acquisti di titoli di Stato che nessuno vuole più. Con nuove tensioni politiche fra i governi europei a seguire subito dopo.
Federico Fubini