Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 25/11/2010, 25 novembre 2010
MUSEO SCIARRA
Quando il padre tornò dalla guerra gli disse: «Figlio mio, ti lascio un’Italia devastata, anche per colpa nostra, e il compito di restituirla migliore ai tuoi figli». Oggi Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Roma, cerca ancora di assolvere quel compito. Lo ha fatto negli anni scorsi, con una serie di iniziative nel campo della sanità e della cultura, come l’apertura di un ospedale gratuito per malati terminali e di un museo a Palazzo Cipolla. Ora ha deciso di restituire ai cittadini Palazzo Sciarra, dimora nobiliare risalente alla metà del Cinquecento e appartenuta alla famiglia Sciarra-Colonna, sede della Fondazione dal 1969. I due antichi palazzi, che si fronteggiano su via del Corso, vanno così a costituire un nuovo polo museale in grado di offrire mostre di arte contemporanea (Palazzo Cipolla) e di arte classica ( Palazzo Sciarra). Al secondo piano di quest’ultimo è stata inoltre allestita una esposizione permanente con le opere che appartengono alla Fondazione, oltre duecentocinquanta dipinti che vanno dal ’400 al ’900 e una rara collezione di medaglie pontificie. I magnifici saloni affrescati sono già restaurati, il punto ristoro che affaccia su una terrazza interna è quasi pronto. L’apertura al pubblico, che resterà gratuita, avverrà a fine dicembre. Lunedì prossimo si inaugurano invece gli spazi al primo piano, con una mostra intitolata «Roma e l’Antico, Realtà e visione nel ’700», organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con i Musei Capitolini, i Musei Vaticani e l’Accademia nazionale di San Luca (resterà aperta dal 30 novembre al 6 marzo). Verranno presentate circa 140 opere, tra sculture, dipinti e raffinati oggetti d’arte decorativa, come lo stupefacente «Dessert» realizzato da Luigi Valadier nel 1778 e acquistato in seguito da Carlo IV di Spagna. Si tratta di un centrotavola di dimensioni monumentali (tre metri di lunghezza) in marmi antichi e pietre dure, decorato con riproduzioni di edifici classici che il celebre scultore e orafo romano inventò per una clientela evidentemente ricchissima. L’opera, già montata in uno dei saloni sotto una teca di vetro, è un po’ l’emblema della mostra, che racconta il fascino della Roma settecentesca e il suo straordinario carattere cosmopolita.
Curata da Carolina Brook e Valter Curzi, l’esposizione mette a confronto capolavori antichi come la Vittoria choragica arrivata in prestito dal Louvre, l’Apollo citaredo e l’Erma di Pericle dei Musei Vaticani, la Flora e l’Eros dei Musei Capitolini, la Musa e la Testa di Serapide del Prado, l’Athena Lemnia del Kunstsammlungen di Dresda con le opere degli artisti che nel Settecento trovarono in questi capolavori la loro ispirazione. Ecco allora Antonio Canova con Venere e Adone dal museo di Possagno e l’Amore Alato dall’Ermitage di San Pietroburgo; Jacques Louis David con l’esemplare nudo accademico di Ettore, realizzato a Roma e ora conservato nel Musée Fabre di Montpellier; Anton Raphael Mengs con il Parnaso dell’Ermitage; Giovanni Battista Piranesi con il suo «Vaso colossale», un pastiche realizzato con frammenti di marmo a grana fina risalenti al I secolo a.C. e all’VIII d.C., che fu acquistato dall’imperatrice di Russia Caterina II. Il percorso si conclude con una spettacolare ricostruzione virtuale degli interni della Domus Aurea, le cui decorazioni sfarzose, scoperte tra il 1758 e il 1769 con gli scavi voluti da papa Clemente XIII, abbagliarono gli artisti dell’epoca.
Con l’apertura di Palazzo Sciarra, Emanuele porta dunque avanti quello che lui chiama «l’intervento del terzo pilastro» e al quale la Fondazione Roma (via del Corso 320) dedica proprio oggi un convegno che, in cui si parlerà della crisi mondiale e dei suoi riflessi nel nostro paese per arrivare all’«esigenza di una Big Society in Italia», sul modello di quella proposta dal premier inglese David Cameron. Tra i partecipanti figurano Luca Cordero di Montezemolo, il presidente del Censis Giuseppe De Rita, l’ex direttore dell’Economist Bill Emmott, il sociologo francese Michel Maffesoli e il preside di sociologia dell’Università Cattolica Mauro Magatti, oltre a due politici degli opposti schieramenti, Francesco Rutelli e Renato Brunetta. Il sogno di Emanuele è questo: «Far chiarezza sull’articolo 118 della Costituzione, che ha introdotto il concetto della sussidiarietà, per arrivare a ridurre l’intervento dello Stato nel sociale e nella cultura a tutto vantaggio di quel "terzo pilastro", formato non da lobbies più o meno trasparenti, ma dall’insieme di persone che singolarmente o in forma associata si dedicano alla costruzione del bene comune». In pratica: allentare i lacci burocratici per dare la possibilità alle fondazioni, alle associazioni di volontari e alle piccole imprese, di intervenire là dove lo Stato, anche a causa della crisi, non riesce più ad arrivare. «La mia speranza - conclude Emanuele - è che quando le future generazioni guarderanno indietro a questi anni, possano ricordarli come l’avvio di un cambiamento straordinario a livello sociale, in cui i portatori dei bisogni siano le stesse persone che creano le condizioni per soddisfarli».
Lauretta Colonnelli