Stefano Citati, il Fatto Quotidiano 25/11/2010, 25 novembre 2010
NEL PACIFICO LA GUERRA FREDDA NON FINISCE MAI
- La Guerra fredda resiste al 38° parallelo e oltre. Nel-l’oceano asiatico le contese territoriali scaturite dall’ordine mondiale del 1945 non sono finite e anzi continuano e si riaccendono. La linea di demarcazione stabilita dopo la guerra quasi-mondiale tra le Coree (1950-1953) e che incrocia il parallelo divenuto cifra-simbolo di un Muro – l’ultimo, originale – a resistere al tempo, è solo il più famoso dei conflitti a più o meno bassa intensità che interessano le potenze che furono e che sono, affacciate sul Pacifico.
Alimentate dal risentimento e dallo spiriti di rivalsa di Stati che si sono combattuti e massacrati per la supremazia mondiale (Russia e Giappone, Cina pre-comunista e Impero del Sol Levante) le controversie che interessano remote e inospitali isole come le Curili o Senkaku, sono la scuse terrene per rivendicare i ruoli internazionali e la potenza acquisita come colossi economici, e politici, globali.
NELLE ACQUE FREDDE a nord del Giappone e in quelle più temperate a sud di Hiroshima e Nagasaki è come se la storia si fosse congelata e gli attori protagonisti delle dispute più o meno rilevanti e influenti sull’equilibrio internazionale sono tutti depositari del potere nucleare. Proprio quella minaccia è adombrata ogni volta che i rapporti tra Corea del Nord e del Sud si surriscaldano e rischiano di raggiungere il calor bianco: ovvero lo scontro militare aperto che coinvolgerebbe automaticamente Stati Uniti, Giappone, Russia e Cina: praticamente gli stessi attori della guerra di Corea, durante la quale l’America pensò di riusare la Bomba H che pochi anni prima aveva sganciato su Hiroshima e Nagasaki. Le generazioni anziane della Corea, del sud e del nord, non hanno dimenticato il trattamento da schiavi (le donne schiave prostitute) subito dalle truppe d’invasione giapponese, e infatti i missili testati da Pyongyang vengono lanciati verso occidente per dimostrare che il vicino ex conquistatore è sotto mira. I cinesi non hanno dimenticato lo stesso trattamento subito dal Sol levante (a iniziare dal massacro di Nanchino, città imperiale, nel 1937) e anche per questo – e per il predominio del mare che si affaccia tra l’ex potenza economica giapponese e la nuova potenza cinese, ma anche delle “terre rare”, i minerali per produrre tecnologia – il piccolo arcipelago delle Senkaku è motivo di provocazioni e scontri, per ora solo dimostrativi.
Le isole a settentrione, le Curili, sono contese da oltre un secolo, da quando il Giappone neoindustrilizzato e prussianizzato (la corte imperiale alla fine del XIX secolo pensò anche d’introdurre il tedesco come lingua ufficiale del paese) sconfisse (guerra del 1905) la potenza zarista ormai agli sgoccioli.
LO SCONTRO ORMAI
quasi superato perché vinto (dalla Cina continentale) è quello tra Pechino e Taipei, capitale di Taiwan, alla quale la neorepubblica comunista “scippò” il seggio all’Onu e ha ormai da anni quasi completamente assorbito il mercato della produzione tecnologica prima appannaggio dell’ex isola di Formosa.