Vittorio Malagutti, il Fatto Quotidiano 25/11/2010, 25 novembre 2010
COSA RISCHIANO LE BANCHE ITALIANE
Il piano di risanamento lacrime e sangue annunciato oggi dal governo di Dublino innesca un vero dramma sociale per l’Irlanda ma, come spesso accade, ha avuto l’effetto di un antidepressivo sui grandi investitori mondiali. E così, dopo i pesanti scivoloni dei giorni scorsi, le Borse sono tornate a guadagnare terreno o quantomeno, come nel caso di Milano, hanno smesso di scendere. Questi però sono solo gli effetti a breve termine.
Le previsioni degli analisti per il futuro prossimo restano tutt’altro che positive. E i timori più grandi riguardano, ancora una volta, il sistema bancario. C’è il rischio concreto che il contagio irlandese provochi nuovi scossoni sui bond pubblici degli altri Paesi percepiti come più deboli dell’area euro. E cioè, Grecia a parte, il Portogallo, poi la Spagna e infine l’Italia. Risultato: se la situazione sotto i cieli d’Europa dovesse peggiorare ancora, gli istituti di credito con i loro bilanci gonfi di titoli di Stato, dovrebbero far fronte a nuove perdite. Si spiegano così, allora, i ribassi degli ultimi mesi delle azioni bancarie in tutta Europa, ben superiori a quelle del resto del listino. A quanto pare gli investitori si sono accaniti in particolar modo sugli istituti italiani. Nell’ultimo mese Intesa ha perso il 18 per cento, Unicredit il 15 per cento, il Monte dei Paschi poco meno del 20.
Per le banche citate, comunque, l’esposizione verso i grandi ammalati d’Europa non basta certo a spiegare questi andamenti negativi. Infatti, come dimostra la tabella in questa pagina, i big del credito nostrano hanno fin qui dimostrato grande prudenza verso i bond targati Irlanda, Grecia o Spagna.
NEI LORO BILANCI i titoli emessi da questi Paesi a rischio ammontano a poche centinaia di milioni, su portafogli complessivi che valgono svariate decine di miliardi di euro. Insomma, poca cosa. Soprattutto se confrontiamo i dati italiani alla situazione di grandi istituti stranieri. Un colosso come la Royal Bank of Scotland, già scampata al fallimento grazie al salvataggio di Stato, ha in portafoglio titoli pubblici irlandesi per poco meno di 5 miliardi, il francese Crédit Agricole arriva quasi a un miliardo. Un altro importante istituto transalpino come Société Générale è invece esposto verso i Bond greci per circa 4 miliardi e l’olandese Ing per 2,4 miliardi.
Perché mai, allora, le banche italiane vengono penalizzate dalla Borsa allo stesso modo e spesso anche di più dei loro grandi concorrenti stranieri? C’è un problema di redditività, innanzitutto, visto che gli ultimi dati di bilancio dei nostri maggiori istituti hanno mostrato una ripresa dei margini di profitto inferiore alle attese degli analisti. Ma nel giudizio degli investitori conta molto anche la composizione del portafoglio titoli. Che cosa è successo? Semplice, negli ultimi mesi, nel tentativo di ridurre al minimo i rischi, le banche italiane hanno comprato alla grande Bot, Cct e Btp. Il guadagno era assicurato, perchè questi acquisti venivano in larga misura finanziati con prestiti della Banca centrale europea (Bce) a tassi bassissimi, l’1 per cento o anche meno. Il profitto sta nella differenza tra il costo del denaro fornito dalla Bce e i rendimenti dei titoli di stato nostrani, a volte superiori al 2 per cento. Facile, facilissimo far soldi così. Anche se, come hanno notato molti analisti, a volte i banchieri hanno trascurato di prestar soldi a chi produce (imprenditori, artigiani, famiglie) per puntare sui facili guadagni sui mercati finanziari.
C’È UN’ALTRA faccia della medaglia, però. Già, perché anche le quotazioni dei titoli di Stato italiani hanno subito le conseguenze della bufera finanziaria europea. Le loro quotazioni si sono quindi ridotte. E i ribassi finiscono per pesare anche sul valore del portafoglio delle banche. Insomma, perdite in vista. Niente di eclatante, per il momento. Ma gli analisti descrivono anche un possibile scenario futuro che prevede nuovi cali delle quotazioni dei bond pubblici italiani. E allora per le banche il rischio di perdite aumenterebbe di molto.