Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano 25/11/2010, 25 novembre 2010
DRAGOMIRA E I 32 A VENEZIA MA CHI HA PAGATO? •
Chi ha visto, sostiene che insensibili alle tristezze lagunari, in realtà si siano divertiti molto. Tre giorni veneziani, alberghi a cinque stelle, cene e pranzi da Pantagruel per un’allegra comitiva di trentadue persone. La delegazione bulgara in visita al Festival del Cinema al seguitodiMichelle-DragomiraBonev, del suo “Goodbye Mama” e del finto premio del ministero dei Beni culturali ideato in tutta fretta a metà estate nel feudo di Sandro Bondi, non segnalato sul programma ufficiale fino al giorno prima e poi tirato improvvisamente fuori in un colpo di teatro napoletano nelle ore precedenti alla proiezione, si è trattenuta al Lido dal 3 al 6 dicembre.
SBARCATI non da un volo di linea, ma da un charter della compagnia tedesca Private wings flugcharter GmbH , decine di migliaia di euro da aggiungere a vitto, alloggio e sostentamento in una delle città più costose del mondo. La notizia in Bulgaria polarizza l’attenzione da settimane, in Parlamento e sui giornali . A Sofia, non piace l’idea che con i soldi pubblici si sia consentito al ministro della Cultura locale Vejdi Rashidov, all’amica del premier bulgaro ma soprattutto di Berlusconi, l’attrice e produttrice Bonev e al resto della truppa di permanere nel lusso per 72 ore al seguito di un film che non figurava né in concorso né in alcuna sezione parallela. E opposizione e giornali d’inchiesta, mentre in Italia si stendeva una coltre di silenzio sull’operazione Dragomira, ne hanno chiesto ragione in patria al diretto interessato. Prima un’indagine della giornalista Vladimirova del settimanale 168 ore, una sorta di Espresso bulgaro, poi l’interrogazione parlamentare di settembreincuiVejdiRashidov,messoalle strette dall’opposizione dichiarò davanti al Parlamento che a mandare un aereo per trasportare le persone a Venezia “era stato il ministero dei Beni culturali italiano”. Dopo le smentite italiane di rito, Rashidov, impegnato a parare colpi, insisteva rincarando: “L’importante è che non abbiamo pagato noi. Tutto è in regola. Paga chi è più ricco. Il valore annuale del loro settore cultura è il 3% del PIL, il nostro di del solo 0,3%”. Alla sua testimonianza, si aggiungeva la dichiarazione del portavoce del sodale di Putin, il primo ministro bulgaro Borisov, lo stesso che molto amichevolmente aveva incontrato Berlusconi a Palazzo Chigi a poco più di tre mesi dal Festival di Venezia.
PAROLE confirmatorie, nette: “Tutte le spese incluso il viaggio sono state a carico di chi ci ha ricevuto”. Terminato il secondo affondo da Est, dall’Italia non si sono più levate controrepliche. Il Fatto è in grado di produrre però una lettera di invito ufficiale del ministro Bondi al suo omologo bulgaro. È datata 25 agosto. Nel-l’eloquio Bondi si supera. Un elogio alla famiglia tradizionale: “Sono lieto di invitarLa alla cerimonia di consegna del premio speciale ‘Action for Woman’(inrealtàtutt’altracosa,ndr),il film è stato scelto per l’attenta e inedita esplorazione (sic), da parte dell’universo femminile, delle dinamiche di una realtà in rapida trasformazione”. In coda, la perla: “Suggerendo come i rapporti all’interno della cellula familiare siano alla base di una nuova società aperta e attenta alla difesa dei diritti umani. In attesa di incontrarLa(...)”. Com’è noto, accadde già a Cannes a causa di Draquila, a Venezia Bondi non si recò. Se oggi cerchi il suo capo di gabinetto, Salvo Nastasi, il telefono squilla a vuoto. Quando risponde, è solo per attaccare immediatamente. Dalla Biennale, dopo un lungo inseguimento, fanno sapere “che nessuna spesa è stata affrontata per il film della signora Bonev”. E qualcuno sostiene che all’Hotel Cipriani (dove si è svolta l’etilicacenadigalaperl’operadella Bonev) e in altre strutture del Lido (32 erano troppi per essere ospitati tutti alla Giudecca), abbia pagato tutto il facoltoso fidanzato della Bonev, un attempato imprenditore italiano. Nebbia. Chiedere al vice di Bondi, Francesco Giro di raccontare la trama di “Goodbye Mama” e la notte del premio fasullo è come aprire un rubinetto. L’eloquio è senza controllo: “Le dico la verità, immaginavo peggio. Della Bulgaria purtroppo conosciamo altro, però il film, anche se ne ho visto solo metà, non è male. Molto meglio di tante porcherie italiane viste a Venezia, a iniziare dall’ignobile film di Placido su Vallanzasca”. Si è divertito? “Una storia sui manicomi, non tanto”. Dell’ambito ludico, si occupa un ministero nel caos che rinnova ogni giorno, il proprio spettacolo.