Andrea Lavazza, Avvenire 24/11/2010, 24 novembre 2010
TEILHARD E LE TRE VIE ALL’EVOLUZIONE
Parlare di «tre teorie dell’evoluzione» per uno zoologo accademico può essere occasione di fraintendimento oppure può esporre a critiche da parte dei neo-darwinisti ’duri e puri’, come è capitato di recente a Massimo Piattelli Palmarini con il suo Gli errori di Darwin. Eppure, Ludovico Galleni, docente all’Università di Pisa, da anni si fa promotore con tenacia e coerenza della teoria biosfericocentrica di Teilhard de Chardin, che oggi non è certo quella più accreditata tra gli esperti. Di recente ha pubblicato un volume che fa il punto: Darwin, Teilhard de Chardin e gli altri altri... (Felici Editore).
Professor Galleni, lei sostiene che l’evoluzione è un fatto, mentre esistono varie teorie dell’evoluzione, ancora in competizione, che si distinguono per i meccanismi che chiamano in causa. Può spiegare questa distinzione?
«L’evoluzione è il risultato di una ricerca di tipo storico che collega fatti. Questo vale anche per altri risultati di ricerche di tipo storico, ad esempio quella sull’impero romano. Ecco dunque che l’evoluzione dal punto di vista storico ha la stessa probabilità di essere una ricostruzione corretta quanto quella dell’impero romano. Quindi, la possibilità che oggi ci sbagliamo sulla realtà dell’evoluzione è circa uguale a zero, così come lo è la probabilità che ci sbagliamo sul fatto che l’impero romano sia esistito. Le teorie che cercano di spiegarne i meccanismi sono però, per loro natura, soggette a verifica e a falsificazione.
Possono e debbono, dunque, essere sottoposte a critica senza che questo metta in discussione il fatto».
Può brevemente esporre il nucleo centrale delle tre teorie che prende in considerazione? Cominciamo con la classica teoria gene-centrica neo-darwiniana...
«Vi è una variabilità ereditaria (i geni che si trasmettono di generazione in generazione) che si crea grazie a mutazioni casuali e poi su questa variabilità agisce la natura scegliendo (selezionando appunto) le mutazioni che meglio rispondono ai cambiamenti dell’ambiente. È la selezione naturale che lavora su materiale grezzo e indirizza verso forme sempre diverse e crea ordine».
Poi vi è la teoria organismo-centrica, dell’autorganizzazione.
«La teoria della autorganizzazione ritiene invece che le strutture ordinate si formino per autorganizzazione appunto, cioè per le relazioni che intercorrono tra molecole, macromolecole o cellule. Come un cristallo di neve o qualunque altro cristallo si forma per le relazioni che si instaurano tra gli atomi o le molecole del reticolo cristallino, meccanismi simili entrerebbero in gioco anche per la formazione di strutture ordinate nei viventi, non solo per i rapporti che si instaurano tra macromolecole, ma anche tra cellule o addirittura, forse, tra individui in un ecosistema. Le simulazioni al calcolatore hanno mostrato molti casi di possibile emergenza di strutture geometricamente ordinate (simmetrie, oggetti stabili, percorsi direzionali) senza che nella simulazione intervengano fattori di selezione».
Infine, la teoria biosferocentrica di Teilhard de Chardin, cui lei è particolarmente legato.
«La teoria della biosfera ritiene che siano i meccanismi generali di evoluzione della Biosfera, intesa come un’unica entità complessa, a essere i fattori principali dell’evoluzione. È il risultato più importante dell’opera scientifica del gesuita e paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955), che individuò nella biologia la scienza che studia l’infinitamente complesso e nelle leggi generali della biosfera lo strumento per applicare le tecniche della complessità all’evoluzione. Per Teilhard, il risultato più importante dell’approccio della complessità era quello di mettere in evidenza effetti soglia, emergenza di proprietà e fenomeni di canalizzazione. Una volta raggiunto uno stadio evolutivo, i passaggi successivi erano in parte determinati. Le leggi generali della Biosfera poi spiegavano anche il ’muoversi verso’ che Teilhard descriveva sui fossili: il muovere della materia verso la complessità e della vita verso strutture sempre più complesse e cerebralizzate».
Il pluralismo delle teorie è solo una fase transitoria legata alla insufficienza delle nostre conoscenze, cui seguirà un necessario passaggio all’unica teoria più corroborata?
«Io penso che le teorie continueranno a coesistere perché in alcune situazioni troveremo esempi che si spiegano bene con la selezione e altre con la auto-organizzazione. Penso che alla fine i meccanismi generali saranno spiegati dalla teoria della Biosfera e gli adattamenti o le strutture locali dalle altre due teorie. Quindi la teoria della Biosfera le comprenderà tutte».
Teilhard de Chardin ha avuto vita difficile nel mondo cattolico, quasi quanto Darwin.
Oggi si può dire che fornisca una via religiosa all’evoluzione?
«Direi proprio di sì. Purtroppo la proibizione di pubblicare che ebbe in vita rese difficili e ambigui alcuni sui scritti, ma dal lavoro di revisione che stiamo facendo di tutto il suo materiale emerge un pensiero ricco e articolato. Di fatto, è lo strumento che permette alla teologia e alla filosofia cristiane di assimilare le novità che derivano dall’evoluzione senza intaccare la struttura profonda del dogma».
L’evoluzione, in definitiva, è un dato della scienza che resta problematico per la fede, oppure la contrapposizione può essere superata?
«Penso che ormai, grazie anche al lavoro teologico impostato da Teilhard de Chardin, molti dei problemi siano stati superati. D’altra parte, il Concilio Vaticano II nella costituzione Gaudium et Spes parla di legittima autonomia delle scienze e afferma che le scoperte delle scienze sono uno dei doni che il mondo contemporaneo dà alla Chiesa, perché permettono di comprendere meglio la verità sull’Uomo. La visione evolutiva si collega bene alla visione di salvezza: il modello di universo che ci viene dalla scienza è quello di un universo in cui la materia muove verso la complessità, e la vita verso la complessità e la coscienza. Una volta nato il pensiero ecco il confrontarsi con il Dio Creatore biblico nel bene e nel male (il peccato), ma ecco anche che il ’muoversi verso’ riprende con l’accettazione dell’alleanza da parte di Abramo e con l’incarnazione e la resurrezione di Cristo. A mio parere, anche la catechesi, in ossequio al Concilio, potrebbe cominciare a confrontarsi con ciò che c’è di chiaro e definitivo nelle scoperte della scienza. E il pensiero di Teilhard de Chardin, riletto e rivisto grazie alla fatica di molti studiosi, è un riferimento essenziale».