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 2010  novembre 25 Giovedì calendario

Torna la tentazione di uscire dall’euro - Ma perché tocca sempre a noi tedeschi pagare il conto per tutta l’Europa?» torna a strillare nei suoi titoli il quotidiano popolare Bild , termometro delle passioni della Germania profonda

Torna la tentazione di uscire dall’euro - Ma perché tocca sempre a noi tedeschi pagare il conto per tutta l’Europa?» torna a strillare nei suoi titoli il quotidiano popolare Bild , termometro delle passioni della Germania profonda. Cosicché non c’è da meravigliarsi se in un sondaggio on-line l’82% dei lettori del quotidiano risponde no a soccorrere l’Irlanda. E tutto si fonda su una bugia, ripetuta questa volta come già a proposito della Grecia. Se fosse vero, come scrive la Bild , che aiutare gli irlandesi «costerà» al contribuente tedesco circa 22 miliardi di euro, dovremmo preoccuparci anche noi, perché all’Italia di miliardi toccherebbe di pagarne a sua volta una dozzina. Invece si tratta di prestiti, a tassi per la Germania vantaggiosi. Eppure i tedeschi tornano a domandarsi se l’unione monetaria gli convenga. «Forse non è possibile conservarla nei suoi confini attuali» scrive ad esempio Die Welt , di centro-destra come la Bild , ma serio e compassato. Si arriva anche alla tentazione di «fare da soli»: se l’euro affonda, tanto meglio. La Germania, unico Paese ad avere attraversato la grande crisi senza un aumento della disoccupazione, torna a crescere prima degli altri, forse già nel 2011 tornerà ai livelli produttivi di prima. E’ tra i pochi Paesi nel mondo che riesce a vendere alla Cina più di quanto ne compri. Se il modello va bene, perché non fare da soli? Torna la nostalgia del vecchio marco. E’ ormai chiaro a tutti che non può uscire dall’euro un Paese debole. Si fabbricherebbe così la «madre di tutte le crisi finanziarie» dice l’economista americano Barry Eichengreen, uno dei maggiori esperti di moneta: fuga di capitali in proporzioni mai viste prima nella storia economica, poi bancarotte a catena di banche e aziende indebitate con l’estero. Ma un Paese forte può andarsene, qualcuno si spinge a pensare: anzi, dovrebbe innalzare barriere per evitare un afflusso di capitali eccessivo. L’idea circola davvero, nella fantasia dei tedeschi. «L’euro è stata una follia» dichiara l’economista Max Otte, università di Worms: in aprile aveva proposto di espellere dall’eurozona tutti i Paesi del Sud Europa, Italia compresa, ora invece vorrebbe tornare allo Sme (monete nazionali con rapporti fissi ma aggiustabili). In risposta, autorevoli commentatori cercano di avvertire che «non basta tirar fuori le banconote in marchi dai forzieri della Bundesbank». Gli ostacoli sono enormi. Spiega l’economista tedesco Daniel Gros, direttore del Ceps di Bruxelles: se la Germania uscisse, «la nuova moneta si apprezzerebbe immediatamente contro l’euro; così tutti i crediti che le banche tedesche hanno verso gli altri Paesi dell’area, che continuerebbero ad essere espressi in euro, varrebbero molto meno in nuovi marchi». Sono nei dati più recenti 818 miliardi di euro; basterebbe un apprezzamento del 10% per provocare fallimenti a catena. Berlino dovrebbe spendere davvero, per ricapitalizzare le banche, più del costo immaginario dei salvataggi di Grecia e Irlanda. Inoltre, con il marco che si rivaluta, il «miracolo» delle esportazioni tedesche verrebbe stroncato; «si annullerebbero dieci anni di sforzi della Germania per essere più competitiva», scriveva ieri il quotidiano francese Le Figaro . L’euro è «un destino comune» come si ama dire alla Bce. Oppure, secondo la caustica battuta di un economista americano, «l’euro è come un roach hotel », una delle scatolette avvelenate contro gli scarafaggi, ben note a New York: tutti quelli che ci entrano non ne escono più.