Milogoj, Libero 24/11/2010, 24 novembre 2010
CINA E SCOMMESSE, UN AFFARE DA 120 MILIARDI
Quasi 60 miliardi di euro. Atanto ammonterebbe, secondo il“China Telegraph”, il giro d’affari del gioco illegale in Cina. Con una forte propensione, da parte degli scommettitori, per le corse dei cavalli. Tanto che, secondo il giornalista Murray Bell, autore dello studio “The future of racing” (ndr: inCina), se nella Repubblica Popolare le scommesse ippiche fosserol egalizzate, avrebbero un potenziale di raccolta pari a 120 miliardidi euro. La scientificità di tale previsione è tutta da dimostrare, datoche Murray, per arrivare a questo strabiliante dato, è partito dal fatturato delle scommesse ippiche di Hong Kong, pari a 7,03 miliardi di euro, su una popolazione di 7,06 milioni di abitanti. A questo punto ha calcolato che il 10% della popolazione cinese, quasi 130 milionidi individui, potrebbe avere, per reddito e stile di consumi, le stesse abitudini degli abitanti dell’ex colonia britannica. E, se come avvien eappunto a Hong Kong, questi 120/130 milioni di cinesi scommettessero quasi mille euro a testa l’anno, ecco che in Cina la raccoltasi attesterebbe sui 120 miliardi.
RIBALTONE
Forse Murray Bell si è fatto prendere dall’entusiasmo. Resta il fatto che, anche sei suoi calcoli andassero divisi per la metà della metà, la legalizzazione delle scommesse in Cina aprirebb eper l’ippica un immenso mercato, probabilmente il primo del mondo per giro d’affari. Basti pensare che oggi il Paese leader per laraccolta è il Giappone, con circa 25milioni di euro annui, seguito dall’Inghilterra con 14,5 miliardi di euro e dagli Stati Uniti con circa10 milioni di euro. Oltretutto, in nessuno di questi tre colossi ippici, le corse dei cavalli paiono in splendida salute.
Negli Stati Uniti lo scorso anno la raccolta è caduta del 10%. In Giappone la discesa è più lenta, ma continua. Dura ininterrottamente dal 2000, e nel decennio ha accumulato un calo vicino al 25%. Le cose vanno meglio nel regno di Elisabetta II, dove le scommesse non perdono quota, ma sono ferme a crescita zero, mentre i costi di gestione sono in continuo aumento. Invece la Cina potrebbe avere una crescita tumultuosa. Prendiamo comeriferimento un mercato di lunga tradizione, come HongKong, ormai inglobato a livello politico nel colosso asiatico, ma che ha mantenuto comunque diversi privilegi e autonomia del tempo dell’impero britannico. Fino a tutti gli anni Novanta, come era apparso anche da un’inchiesta pubblicata su Libero nell’agosto 2009, nella Penisola, le corse dei cavalli apparivano ing rande spolvero e rappresentavano quasi un fenomeno di costume. Nei film prodotti a Hong Kong era comune vedere gruppi di persone radunate davanti al televisore a incitare i purosangue. I vip consideravano le corse come eventi sociali e affittavano negl iippodromi salette lussuose, dove offrivano Cristal ai loro ospiti e puntavanosui cavalli, trattando al contempo affari milionari. Con gli anni 2000, anche a Hong Kong, come in tutto il mondo, l’arrivo di nuove forme di intrattenimento, e in particolar modo i giochi da computer, distrassero gran parte del pubblico dall’ippica. Prime fra tutte, le generazioni giovani. L’industria dei cavalli cominciò a perdere colpi: la raccolta di scommesse scese dal 1996 al 2006 da92,3 miliardi di dollari di HongKong a 60 miliardi (da 8,7 a 5,7 miliardidi euro), con un calo complessivo del 35%. Per invertire questo trend negativo, l’Hong Kong Jockey Club (Hkjc), unadelle più efficienti realtà ippiche del mondo, avviò una serie di progetti di information communication technology destinati a renderea gevoli le scommesse e intercettareil gusto dei giovani per i giochi tecnologici.
Se prima gli appassionati doveva scommettere nelle agenzie o al massimo con i telefoni cellulari,ora hanno una scelta molto più ampia. Gli abitanti di Hong Kong possono giocare via internet, dalla loro scrivania, o da un terminale di ingresso del cliente (Ciit), dato in affitto dal Jockey club. Il terminale può essere utilizzato per ricevere le scommesse, anche frazionate in quote tra più giocatori. Il servizio è disponibile con un piccolo deposito, senza alcun canone mensile. Risultato: la tendenza negativa è stata realmente invertita e nei treanni dal 2006 al 2009 si è assistito a una continua rimonta, pari complessivamente a quasi il 25%, che ha portato appunto ai 7,03 miliardi del 2009. E che a trainare siano le scommesse on line appare evidente: introdotte nel 2004, nell’anno del loro esordio guadagnarono subito il 19% della quota di scommesse ippiche. Una percentuale cresciuta di anno in anno, sino ad arrivare nell’ultima stagione al 33%, diventando così il primo canale di raccolta scommesse del Paese. Con la previsione di arrivare, nella stagione 2012-2013 al 43,9%.
Di fronte a una potenzialità tanto allettante, le autorità cinesi sono tentate di aprire alla liberalizzazione del gioco. Nel Celesteimpero, il racing venne introdotto dagli inglesi nell’Ottocento, e conobbe subito grande popolarità, sino a diventare all’inizio del secolo scorso uno degli spettacoli più in voga. Nel 1930 Shanghai vantava uno dei più importanti ippodromi al mondo. Nel 1949, con l’arrivo al potere dei maoisti, lec orse e tutto il gioco d’azzardo vennero bollate come retaggio del colonialismo e frutto della decadenza borghese, finendo fuori legge. Intorno al 1990, però, vi fu un tentativo di fare ripartire l’ippica, con l’apertura di nove ippodromi in sei provincie. L’iniziativa fu coronata dal successo, forse troppo: nel 2000 le autorità centrali ,allarmate dal giro di scommesse clandestine e dai tentatividi corruzione, chiusero tutti gli impianti, con l’eccezione di quelli di Nanjiing e Wuhan, e, vietaron ocorse e ogni tipo di gioco collegato, emanando lo “Strict forbiddenor der on horseracing gambling” ,presentato congiuntamente da ben 5 ministeri: Pubblica sicurezza,Supervisione, Amministrazionestatale dell’industria e del commercio,Amministrazione generale dello sport e Amministrazione nazionale del turismo.
APERTURE
Ma con l’apertura della Cina al mercato divenne sempre più difficile soffocare quella che è una forte domanda di“gioco”. Le scommesse su siti internazionalisi moltiplicarono, tanto che in occasione dell’ultima Coppa del mondo di calcio vi fuuna grande operazione di polizia che portò alla scoperta di 670 centrali di gioco on line, che facevano riferimento a 26 siti esteri di scommesse sportive. In pochi giorni, a partire dal 4 giugno, vennero sequestrati yuan per un import oequivalente a 40 milioni di euro. Sul versante ippico, intanto, nel 2008, vi fu una parziale liberalizzazione del gioco. Nell’ippodromo Orient Lucky City di Wuhan furono ammesse forme di scommesse sotto le vesti di lotterie legate a un programma di corse denominatoS peed China Horse Race open. Un sistema complesso e pocopratico, che potrebbe però rappresentareil primo spiraglio versouna vera legalizzazione. La battagliaè tra le autorità locali, attratte dai proventi che potrebbero ricavaredalle tasse sul gioco (stimaticomplessivamente in 4,5 miliardidi euro) e il governo centrale. Che invece teme un proliferare intorno alle scommesse di corruzione e tangenti, con il coinvolgimento delle stesse amministrazioni locali, accusate più volte in questi annidi diversi reati.
La partita è ancora aperta. Ma los tanziamento di forti investimenti da parte di società internazionali per la costruzione di impianti inCina, fa pensare che il vento presto dovrebbe spirare verso la liberalizzazione.