Antonio Spampinato, Libero 24/11/2010, 24 novembre 2010
NON CONTA ESSERE ONESTI PER AVERE UN PRESTITO
Raffaele Cicala, responsabile del comparto Unicredit che si occupa del credito alle famiglie, ieri si è chiesto, passando la parola alla tavola rotonda che seguiva la sua presentazione del rapporto 2010 sull’andamento dell’indebitamento degli italiani, se le banche stessero o meno costruendo un rapporto costruttivo e duraturo con i loro clienti. Sembrava una domanda retorica, messa lì all’unico scopo di fare un assist a lpadrone di casa, l’amministratore delegato Unicredit, Federico Ghizzoni. Così, per nostra sorpresa, non è stato.
«Oltre a dover migliorare il profilo di rischio del cliente, è indispensabile riportarlo al centro della nostra attenzione», ha dettoi n sintesi Ghizzoni. Questo vuol dire che la banca - e non certo solo Unicredit - per anni bulimica di nuovi mercati, concentrata a fondersi con i concorrenti per poter, giustamente, affrontare con spalle più solide uno spietato mercatoglobale e con Basilea 3 che soffiava sul collo (anche se proprio ieri Bankitalia ha fatto sapere che l’impatto sulle banche delle nuove regole di Basilea 3 sarà «significativo» ma diluito nel tempo), ha perso di vista il rapporto con i correntisti, specialmente quelli che non hanno centinaia di migliaia di euro investiti nei deposito titoli. La frase di Ghizzoni sembra tanto un mea culpa e una linea guida per i suoi che ha lo scopo di recuperarei rapporti con i clienti. E infatti dice: dobbiamo conoscere chi entra in banca, dobbiamo essere trasparenti e dobbiamo instaurare un contatto diretto.
Il correntista di vecchia data ricorda bene il rapporto che aveva con il direttore della sua filiale, anche nelle grandi città. Lui lo conosceva da anni e sapeva bene se, per fare un esempio, c’era da fidarsi oppure no a prestargli del denaro. Per ottenere un prestito la bibbia è sempre stata la denuncia dei redditi (mentre nei paesi anglosassoni gli istituti di credito usano a mani basse le banche dati per premiare i buoni pagatori con disponibilità sempre maggiori di denaro), ma il direttore della filiale aveva margini di manovra che oran on ha più o assai ridotte. Tutto èstandardizzato. E non solo chi ha sempre onorato i suoi debiti con puntualità non è per niente avvantaggiato in termini di concessione del prestito (per le banche reddito e patrimonio restano la bussola) ma anche il tasso applicato, che dovrebbe, oltre a remunerare la banca, indicare il livello di rischio del debitore, di fatto è uguale per tutti. Qualche anno fa, prima della Grande Crisi, chi gestiva una banca dati in Italia ci disse che era in atto un importante cambiamento nel credito al consumo. Piccole e grandi finanziarie iniziavano a consultare con maggiore frequenza lo storico dei pagamenti dei clienti: lo sviluppo del credito al consumo e l’attecchimento delle carte di credito revolving sembrano essere figlie del cambiamento. Ora tocca alle grandi banche farsi sentire più vicine e più attente ai bisogni del correntista che non ha più voglia di sentirsi un limone da spremere.
Tornando al credito al consumo c’è però da segnalare, in base a quanto emerge dal “Rapporto sul credito alle famiglie 2010” presentato ieri da Unicredit, una brusca frenata. Mentre nel 2009 i finanziamenti alle famiglie sono cresciuti complessivamente di circa il 6,16%, trend confermato e addirittura rafforzato nel primo trimestre del 2010 grazie alla componente mutui ipotecari (+8,24%), il credito al consumo ha visto una riduzione delle erogazioni. Famiglie più consapevoli dei propri limiti finanziari da un lato ma anche un’operazione di pulizia da parte delle banche sempre più attente alla capacità di rimborso dall’altra. Chi passa l’esame per ora si aspetta un premio.