Varie, 24 novembre 2010
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Garritano Salvatore
• Cosenza 23 dicembre 1955. Ex calciatore. Campione d’Italia col Torino nel 1976, giocò in serie A anche con Ternana, Atalanta e Bologna (in tutto 77 presenze e 14 gol). Negli ultimi anni ha fatto parlare perché malato di leucemia, come tanti ex colleghi • «[...] ha visto morire negli ultimi tempi tanti suoi colleghi, avversari, amici. Bruno Beatrice, Nello Saltutti, Gianluca Signorini, Fabrizio Gorin, Ugo Ferrante, Giuliano Fiorini. Troppe morti misteriose, sospette [...] lotta per non allungare la lista. Riserva dei “gemelli” Graziani e Pulici, contribuì all’ultimo scudetto del Toro, nel 1975/76. Prima e dopo passò per Ternana, Atalanta, Bologna, Sampdoria e Pistoiese. “[...] nessuno mi toglie dalla testa che il mio male possa essere causato da quello che ci iniettavano quando giocavamo. Capitava in tutte le squadre: ci facevano delle punture, ci dicevano che erano zuccheri, al massimo Micoren, ma noi che ne sapevamo? Ero giovane: pensavo alla carriera, a fare gol” [...]» (Roberto Condio, “La Stampa” 20/9/2007) • «[...] Figlio di un fruttivendolo di Cosenza, morto a 40 anni lasciando orfani otto figli, Salvatore portava qualche soldo a casa facendo il barista quando fu scoperto da Vincenzo Perri che lo segnalò alla Ternana. Aveva 15 anni. Il calcio lo salvò dalla strada. In Umbria arrivò nel 1972, colmo di nostalgia. “Dopo un mese volevo tornare in Calabria, mia madre mi trattenne: ‘Vuoi fare la fame?’”. Era una buona punta, agile nella manovra, insidioso nel tiro. Finì al Torino come la più grande promessa del calcio meridionale dopo Pietro Anastasi, ma davanti a sé, a sbarrargli la strada, trovò i Dioscuri Graziani e Pulici. Vide troppe partite dalla panchina. Quando fu ceduto all’Atalanta, nel ’78, confidò ad Enzo Tortora tutta la sua amarezza: “Ci sono momenti nei quali credi che i tuoi sforzi hanno raggiunto il loro scopo ed invece poi ti si sgretola tutto nelle mani, ed è terribile”. Frasi profetiche. Nelle segrete di quel calcio pane e salame si compivano il più delle volte delitti orribili. “Eravamo una generazione di ignoranti, perché prima delle partite prendevamo il Micoren senza chiederci cosa fosse” ha raccontato a Massimiliano Castellani di Avvenire. “‘Prendetelo, serve a rompere il fiato’ ci dicevano medici e massaggiatori”. E davvero prendevano di tutto nelle lunghe vigilie d’ozio, anche le flebo “piene di zucchero”. “Ci fidavamo, anteponendo la carriera alla salute. [...]” [...]» (Concetto Vecchio, “la Repubblica” 14/10/2010).