Varie, 24 novembre 2010
SCHEDONE COREE
Alle 14.34 di martedì 23 novembre (le 6.24 in Italia) la Corea del Nord ha bombardato Yeonpyeong, isola della Corea del Sud dove ha sede un distaccamento della Marina. In poche ore sono stati esplosi oltre 200 colpi. Il bombardamento ha colpito anche decine di case, almeno 60 secondo i testimoni sono andate distrutte. Alcuni residenti hanno lasciato l’isola a bordo di piccole barche, altri si sono nascosti nei bunker. La Corea del Sud ha risposto sparando contro la costa nordcoreana un’ottantina di colpi di cannone e decretando il massimo livello di allerta. Una squadriglia sudcoreana di jet F-16 si è subito alzata in volo per sorvolare la zona.
Isola del Mar Giallo, Yeonpyeong si trova a ovest di Seul, a 11 chilometri dalla costa del Nord e a ridosso della linea di demarcazione marittima, mai riconosciuta da Pyongyang, stabilita dalle Nazioni Unite dopo la guerra di Corea (1950-1953). Secondo l’ultimo censimento sull’isola vivono 1780 persone, in maggioranza pescatori, e ci sono 932 case. La base militare di Yeonpyeong ospita almeno 600 marines e decine di militari di altri reparti.
Yeonpyeong è di solito usata dalla Corea del Sud per le esercitazioni militari. L’attacco di martedì, il più grave dalla fine della guerra, è stato lanciato mentre era in corso l’esercitazione “Proteggere la Nazione”, che vedeva impegnati 70mila soldati. Pyongyang da sempre condanna le esercitazioni di Seul, ritenendole simulazioni di tentativi d’invasione del suo territorio.
L’attacco ha ucciso due soldati e ferito 15 militari e tre civili. Dopo il bombardamento l’isola è rimasta senza elettricità. Sotto le macerie sono stati trovati i corpi di due 60enni forse uccisi dagli incendi scoppiati dopo l’attacco.
Per Seul si è trattato di un’azione premeditata in violazione dell’armistizio del 1953: Lee-Myung-bak, presidente sudcoreano, ha detto che l’attacco può essere assimilato a «un’invasione del Sud» e ha avvertito che il suo Paese dovrà ora sferrare «un’enorme rappresaglia per impedire che simili provocazioni si ripetano». Pyongyang racconta invece d’aver risposto al fuoco sudcoreano: un comunicato dell’esercito del Popolo ha motivato i colpi contro Yeonpyeong come risposta «a una provocazione da parte dei fantocci» di Seul.
Formalmente le due Coree sono ancora in guerra: all’armistizio del 1953 non è mai seguito un trattato di pace. Lee, che ha inaugurato una politica intransigente verso il Nord e che ha chiesto passi concreti verso la pace in cambio degli aiuti che la Corea del Sud fornisce al poverissimo Sud, ha detto che ora serve una «rappresaglia» per rendere Pyongyang «incapace di provocarci ancora». La Corea del Nord ha risposto minacciando di colpire «con uno spietato colpo di tuono» il Sud se questo «invaderà anche 0,0001 millimetri del suo territorio».
L’arcipelago delle isole di Yeonpyeong era già stato teatro di diversi confronti militari tra Nord e Sud Corea. Nel 1999 c’erano stati uno scontro navale e una serie di incidenti minori causati da dispute sulla pesca. Nel 2002 un altro scontro tra navi di pattugliamento quando due vascelli della Corea del Nord sconfinarono attaccando due navi sudcoreane. Nel giugno del 2009 Seul ha dispiegato più di 600 marines sulle coste di Yeonpyeong per rinforzare le truppe già presenti sul posto.
L’attacco è avvenuto in un momento di forte tensione tra le due Coree. Lo scorso fine settimana lo scienziato americano Siegfried S. Heckr, di ritorno da una visita in Corea del Nord, ha raccontato di un impianto con duemila centrifughe per l’arricchimento dell’uranio che potrebbe essere usato per produrre ordigni molto sofisticati. La scoperta ha scatenato l’allarme internazionale: Washington ha parlato di «sfida aperta», Seul si è detta «molto preoccupato» e Tokyo ha definito la situazione «totalmente inaccettabile». Nel marzo scorso 46 marinai sudcoreani sono morti dopo l’affondamento della corvetta Cheonan: la responsabilità sarebbe nordcoreana, Pyongyang, però, ha sempre smentito. Alcuni osservatori ritengono che le azioni aggressive della Corea del Nord, del tutto isolata sul piano internazionale se si esclude la Cina, siano legate al processo di successione al vertice avviato all’inizio dell’anno. Secondo quest’interpretazione il leader supremo Kim Jong-il avrebbe bisogno di far accettare a tutto il gruppo dirigente, e ai miliari soprattutto, la nomina a suo successore del suo terzo figlio, Kim Jong-un. Il giovane, 27-28 anni al massimo, sta cercando di crearsi un’immagine da «implacabile nemico» del Sud e degli americani e giapponesi che lo sostengono.
Nonostante la popolazione sia allo stremo, la Corea del Nord continua ad armarsi. Negli ultimi due anni Pyongyang ha incrementato del 25% il proprio arsenale missilistico che conta ormai mille razzi. Secondo fonti dell’intelligence sudcoreana il Nord possiede attualmente sei ordigni nucleari e sta affinando la sua tecnologia. Il sito di global intelligence Straford racconta però che l’aviazione e la marina sudcoreane sono molto meglio equipaggiate rispetto a quelle del Nord: Seul sopperirebbe all’inferiorità numerica del proprio esercito con la superiorità tecnologica.
Dopo l’attacco a Yeonpyeong il governo cinese si è detto molto preoccupato e ha invitato le parti a tornare alla ragionevolezza, invocando allo stesso tempo una rapida ripresa dei colloqui a sei (Corea del Nord, Corea del Sud, Cina, Giappone, Russia e Stati Uniti), partiti nel 2003 per fermare la corsa all’atomica di Pyongyang. Anche il Giappone è in allerta: il premier Naoto Kan ha chiesto ai suoi ministri di prepararsi «a ogni evenienza». Il segretario dell’Onu Ban Ki-moon ha detto che l’attacco del 23 novembre è stato «uno dei più gravi tra i due Paesi dal 1953».
Ferma la condanna americana. Ai microfoni dell’Abc il presidente Obama ha detto: «La Corea del Sud è un nostro alleato, lo è dai tempi della guerra di Corea. E noi ribadiamo con forza il nostro impegno a difendere la Corea del Sud nell’ambito di questa nostra alleanza». Stando a quanto riferito da fonti dell’amministrazione Usa funzionari americani a Washington e a Pechino stanno facendo pressioni sulla Cina perché condanni l’attacco, sottolineando che si è trattato di un’azione che minaccia la stabilità dell’intera regione, non solo quella della penisola coreana.
Gli Stati Uniti hanno 29.000 militari di stanza nella Corea del Sud. I due paesi domenica prossima (28/11) in risposta all’attacco nordcoreano faranno esercitazioni militari congiunte. Le manovre si svolgeranno nel Mar Giallo, lungo la costa occidentale della penisola coreana, proprio dove è avvenuto l’attacco e coinvolgeranno la portaerei Usa George Washington.
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AGGIORNAMENTO DEL 26/11/2010-
Il 25/11 Kim Tes-Young, responsabile della Difesa di Seul, si è dimesso: molti sudcoreani avrebbero voluto un intervento immediato dell’aviazione, il ministro ha pagato la gestione disastrosa del siluramento della corvetta Cheonan ma soprattutto la risposta «debole e tardiva» al bombardamento di Yeonpyeong. Lee Myun-Bak lo sostituirà con un falco vicino all’esercito. Intanto sono già state riviste le regole d’ingaggio dei militari, aumentate le truppe in cinque isole lungo la frontiera e stanziati nuovi fondi per la difesa.
Kim Jong-il ha fatto sapere di «essere pronto a un secondo e a un terzo attacco se dai burattini guerrafondai del Sud arriveranno altre sconsiderate provocazioni militari».
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DATI:
COREA DEL SUD:
Superficie: 93.313 km quadrati;
Abitanti: 48,4 milioni;
Pil pro capite: 19.690 dollari.
14 sudcoreani su 1000 fanno parte delle forze armate.
Le forze armate:
Soldati: 4.500.000;
Riservisti: 687.700;
Budget difesa: 20,7 miliardi di dollari (dato 2005).
COREA DEL NORD:
Superficie: 120.540 km quadrati;
Abitanti: 23,3 milioni.
Il 25% del Pil è investito in tecnologia militare;
40 nordcoreani su 1000 fanno parte delle forze armate.
Le forze armate:
Soldati: 4.700.000;
Riservisti 1.106.000;
Budget difesa: 1,9 miliardi di dollari.
COREE: 60 ANNI DI SCONTRI TRA NORD E SUD - CRONOLOGIA:
Scaramucce, attacchi e attentati fra le due Coree non sono mai cessati dall’armistizio del 1953. Un trattato di pace non è mai stato firmato: i due stati formalmente sono ancora in guerra.
ANNI ’50 - Il Nord infiltra agenti nel Sud per raccogliere informazioni e creare cellule rivoluzionarie.
ANNI ’60 - Pyongyang comincia a infiltrare commando che compiono raid, mentre gli scontri di confine finiscono spesso con scambi di colpi di artiglieria. Nel 1968 si contano ben 600 infiltrazioni dal nord.
ANNI ’70 - Pyongyang cerca a più riprese di uccidere il presidente sudcoreano e altri alti ufficiali. Nel novembre 1970 un agente del Nord viene ucciso mentre cerca di installare una bomba nel cimitero nazionale di Seul, destinata a eliminare il presidente Park Chung Hee. Nel ’74 un nordcoreano residente in Giappone cerca di nuovo di ammazzare Park a Seul: non ci riesce, ma uccide la moglie del capo di stato.
ANNI ’80 - Il Nord rinuncia ai commando e punta sugli agenti segreti. Nell’ottobre dell’83 tre 007 di Pyongyang tentano di uccidere con una bomba il presidente sudcoreano Chun Doo Hwan in visita a Rangoon, in Birmania. Il presidente resta illeso, ma muoiono 18 persone del suo seguito, fra le quali quattro ministri. Nel novembre dell’87 l’incidente più grave: scoppia una bomba su jet di linea della Korean Air proveniente dal Medio Oriente. Muoiono 135 persone.
GIUGNO 1999 - Scontro fra navi del Nord e del Sud nel Mar Giallo sulla Northern Limit Line, il confine marittimo armistiziale, non riconosciuto da Pyongyang. Viene affondata una nave del Nord e muoiono fra i 17 e gli 80 marinai.
GIUGNO 2002 - Nuovo scontro navale sul confine marittimo: muoiono quattro o sei marinai del Sud, forse 13 del Nord.
NOVEMBRE 2009 - Due vedette, una del Nord e una del Sud, si sparano sul confine. Muoiono alcuni marinai del Nord e le navi rimangono danneggiate.
GENNAIO 2010 - Le truppe del Nord sparano colpi di artiglieria sul confine marittimo, in due bracci di mare rivendicati da Pyongyang, ufficialmente per una esercitazione. Il Sud risponde a cannonate. Non ci sono feriti.
MARZO-MAGGIO 2010 - Il 26 marzo, sul confine marittimo la corvetta del Sud ’Cheonan’ affonda per una misteriosa esplosione. Muoiono 46 marinai. Dopo due mesi di indagine da parte di una commissione emerge chiara la responsabilità di Pyongyang. Seul chiede nuove sanzioni dell’Onu contro il regime comunista, mentre il presidente americano Barack Obama tuona contro Pyongyang e ordina alle forze armate Usa di coordinarsi con quelle di Seul per "impedire future aggressioni". Il 25 maggio il leader nordcoreano Kim Jong-il ordina ai suoi militari di mettersi sul piede di guerra: il regime annuncia che romperà tutti i rapporti con la Corea del Sud.
NOVEMBRE 2011 - L’artiglieria di Pyongyang bombarda con oltre 200 colpi l’isola principale dell’arcipelago di Yeonpyeong, nel Mar Giallo, a 12 km dalle coste nordcoreane, causando almeno un morto tra i militari di Seul, che risponde al fuoco. La cittadinanza, evacuata nei bunker, fugge dall’isola a bordo delle barche dei pescatori.
L’ARMISTIZIO DEL 1953 -
La guerra di Corea, che causò circa due milioni di vittime tra i civili di ambo le parti, si concluse nel 1953 con la firma di un armistizio, allo stato attuale l’unico testo che sancisce una tregua militare tra le due Coree in assenza di un Trattato di Pace.
L’armistizio si articola in cinque capitoli e 63 commi. Venne firmato il 27 luglio del 1953 a Panmunjom, lungo il confine: la Corea del Nord siglò il testo assieme ai comandanti militari cinesi, la comunità internazionale, compresa Seul, era rappresentata dal comando Onu a guida Usa. Il testo porta la firma del generale nordcoreano Nam Il e di quello statunitense William K. Harrison jr, ed è redatto in inglese, coreano e cinese.
L’accordo prevedeva:
- La sospensione di tutte le attività militari belliche;
- La creazione di un’area smilitarizzata di 4 km lungo il confine tra Nord e Sud, all’altezza del 38/o parallelo, che formalmente divide i due Paesi dal 1945;
- Un meccanismo per lo scambio e il trasferimento dei prigionieri di guerra;
- L’impegno di entrambe le parti a non porre in essere "nessun tipo di azione ostile dall’interno o contro la zona smilitarizzata", ne’ entrare nelle aree controllate dalle autorita’ dei due Paesi;
- L’impegno a trasformare l’armistizio in un vero e proprio Trattato di pace. L’accordo diede vita poi alla Commissione militare per l’armistizio (Mac), e ad altre agenzie preposte al monitoraggio della tregua, che ancora si riunisce regolarmente a Panmunjom.
LE SANZIONI ONU IN VIGORE CONTRO PYONGYANG -
La Corea del Nord è colpita da due ondate di sanzioni, approvate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu dopo i test nucleari del 2006 e 2009. Pyongyang è una delle economie più chiuse al mondo: non esporta quasi niente e importa molto poco. In più, dal 1959 la Corea del Nord è stretta da un embargo quasi totale degli Stati Uniti.
Queste le principali sanzioni:
- RISOLUZIONE 1718, 14 OTTOBRE 2006: seguita al primo test nucleare nordcoreano (9 ottobre), viene approvata all’unanimità dal Consiglio di sicurezza, Cina compresa. Prevede ispezioni alle navi cargo da e per la Corea del Nord alla ricerca di armi di distruzione di massa e materiali utili a fabbricarle; divieto di export e import di mezzi militari, aerei, armamenti, sistemi missilistici; il congelamento di tutte le attività (individuali o legate a società) coinvolte nella produzione di armamenti in Nordcorea; divieto di esportare nel Paese beni di lusso.
- RISOLUZIONE 1874, 12 GIUGNO 2009: seguita al secondo test atomico (25 maggio), approvata anch’essa all’unanimità. Vengono inasprite le sanzioni del 2006 e viene esteso la lista di armi che è vietato esportare in Nord Corea, salvando solo le armi leggere, le cui vendite devono però essere notificate al comitato per le sanzioni. Vengono estese le ispezioni alle navi in acque territoriali, a porti e aeroporti; le ispezioni in mare aperto devono avvenire in accordo col Paese di cui battono la bandiera. Se questi non accettano, il cargo dovrà essere scortato al porto più vicino per essere ispezionato dalle autorità locali. Viene inoltre proibito agli stati membri di approvvigionare di viveri e carburante le navi nordcoreane sospettate di trasportare armi. Si fa appello agli stati membri a proibire la fornitura di servizi finanziari o il transito sul loro territorio di risorse finanziarie che possano contribuire al programma nucleare e missilistico di Pyongyang, e agli organismi di credito di rifiutare nuovi prestiti o aiuti finanziari alla Corea del Nord se non per assistenza umanitaria.