Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 24 Mercoledì calendario

COME SI VOTA NEGLI USA UN CALENDARIO DI FERRO - I

nostri costituenti avevano concepito una durata temporalmente diversa per Camera, Senato e presidenza della Repubblica (rispettivamente di 5, 6 e 7 anni). Non posso non paragonare il sistema italiano con quello statunitense. Anche negli Usa esistono modalità di voto «differite» con cui il presidente eletto rischia di perdere la propria maggioranza in Parlamento. Ma la differenza maggiore sta nella durata del mandato presidenziale, solo 4 anni, un periodo veramente breve. Forse nel Paese di Obama le decisioni vengono prese in tempi più rapidi e con metodi meno farraginosi dei nostri, ma 4 anni non sembrano «tirati»?
Mario Taliani, mtali@tin.it
Caro Taliani, il modello a cui i costituenti americani si ispirarono fu quello del monarca elettivo. Volevano un re a tempo determinato, costretto a misurarsi con un Congresso eletto dai cittadini e con una corte suprema autorizzata a valutare la costituzionalità delle leggi. Ma volevano anche che il presidente disponesse di alcuni poteri tradizionalmente regali come il comando delle forze armate e il diritto di bloccare con il suo veto l’approvazione di una legge, salvo tuttavia l’obbligo di accettarla se votata da una maggioranza più consistente. Un mandato quadriennale, accompagnato al rinnovo parziale del Congresso ogni due anni, sembrò allora adatto a conciliare due fattori non sempre compatibili: una certa continuità del potere e la rispondenza delle istituzioni alla volontà degli elettori. Non dimentichi tuttavia che il mandato presidenziale, sino alla prima metà degli anni quaranta, poteva essere continuamente rinnovato.
Oggi, effettivamente, può sembrare troppo breve, e al tempo stesso sembra a molti sbagliato impedire a un presidente di chiedere un terzo o un quarto mandato. Le politiche di grande respiro e le riforme importanti richiedono spesso un orizzonte più largo e una prospettiva più lunga. Per di più il limite dei due mandati e i periodici rinnovi del Congresso creano il fenomeno chiamato dell’«anatra zoppa», vale a dire un Congresso che resta in funzione, con una legittimità fortemente intaccata, fra il giorno delle elezioni e l’insediamento del Congresso successivo l’anno seguente, o un presidente che continua a occupare la Casa Bianca per parecchie settimane prima del giuramento del suo successore. Forse questo è esattamente ciò che molti americani desiderano. Ma vi è una certa contraddizione tra le responsabilità mondiali degli Stati Uniti e un sistema inevitabilmente destinato a creare momenti in cui l’esecutivo e il legislativo si paralizzano a vicenda o debbono attendere il compimento di un lento processo istituzionale.
Ho l’impressione, caro Taliani, che gli americani, in generale, lo sappiano, ma siano ingabbiati in una costituzione che ha cercato di eliminare l’imprevedibilità delle crisi e di assoggettare la vita istituzionale a un calendario di ferro. Mentre in Europa le legislature possono essere brevi o lunghe, a seconda delle circostanze, la data delle elezioni americane non è una «festa mobile» e non dipende dagli alti e bassi delle vicende politiche. Cade ogni due anni, nel primo martedì di novembre, ed è eguale per tutti, al centro e alla periferia: un automatismo e una regolarità che privano i politici di qualsiasi potere discrezionale. Cambiare le regole diventa quindi molto complicato, se non addirittura impossibile. Gli americani sono pronti a sperimentare tutto ciò che è nuovo, ma in materia di costituzione sono conservatori.
Sergio Romano