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 2010  novembre 24 Mercoledì calendario

L’ETERNO, IL SOSIA, IL DOPATO E LA ZIA. MITI E LEGGENDE NERE DEL CLAN KIM —

Nei giorni scorsi gli analisti sudcoreani, scorrendo un lungo elenco di dirigenti del Nord, hanno colto la prova che Kim Jong-un, il Giovane Generale, è davvero il numero due. Non bastava saperlo fresco vicepresidente della Commissione militare né averlo visto rimirare le truppe in parata lo scorso 10 ottobre. Il terzogenito di Kim Jong-il è il numero uno della Repubblica Democratica Popolare di Corea perché il suo nome compariva accanto a quello del padre. Per gli aruspici di Seul e di Tokyo, che dedicano la loro scienza a un Paese ermetico e sistematicamente opaco, sono queste le tracce da cogliere. Seguendole, se non si arriva alla verità, almeno ci si avvicina al clan.
A Kim Jong-il non piace il clamore. Ed è dietro a quella che al mondo appare come un’astrusa dissimulazione — e che invece a Pyongyang assomiglia a una specie di saggezza confuciana — che il Caro Leader ha plasmato la famiglia, la dinastia rossa che dal 1945 tiene insieme il Paese. I miti fondanti aiutano. Kim Il-sung, padre della Corea comunista, è l’eroe della guerra di liberazione dall’occupazione giapponese, colui che — lo si impara da infanti — ha cacciato gli americani e ha accompagnato il Paese a vette di sviluppo incommensurabili. Suona dunque come una bestemmia la versione di transfughi e oppositori in esilio che sostengono come il vero Kim Il-sung non fosse in realtà il trentatreenne che arringò 100 mila persone a Pyongyang il 14 ottobre 1945, ma avesse una ventina d’anni di più: il Kim Il-sung che si impose alla storia sarebbe stato invece una creatura di Stalin, controfigura scelta ad hoc al posto di un originale fatto sparire.
Le imprese di Kim Il-sung e la nascita di Kim Jong-il sono narrate in un tripudio di arcobaleni, prodigi e meraviglie. Il soprannaturale, in qualche modo, permane: Kim Il-sung, morto nel 1994, è «presidente eterno», secondo il dettato costituzionale, e Kim Jong-il comanda dopo essere stato preparato alla successione con cura certosina. Kim Jong-il si è prima affermato come guida intellettuale, occupandosi di cinema e arte, poi brandendo il «Juche», la dottrina autarchico-marxista tuttora pilastro di una Corea tanto rossa quanto nazionalista, infine saldandosi ai militari. Addosso gli è stata cucita un’aneddotica di stravaganze ed eccessi, lussi sfrenati e affabilità improvvise (a Madeleine Albright, nel 2000: «Qual è la sua email?»). Due estati fa lo ha colpito un ictus, è dalla malattia e dall’urgenza, più che da una incubazione lungimirante, che è nata l’investitura di Kim Jong-un.
Studi in Svizzera, una stazza che non è sfuggita a i sarcasmi del Sud, somiglianza notevole con il nonno, Jong-un ha surclassato due concorrenti. Il secondogenito Jong-chol, considerato dal padre poco virile e forse davvero col metabolismo squassato — ha scritto il «Chosun Ilbo» — da troppi steroidi. Sarebbe stato visto in Germania a un concerto di Eric Clapton nel 2006 e sarebbe leale a Jong-un. Il primogenito Jong-nam, invece, si è tirato fuori dalla contesa da solo. Nel 2001 l’hanno fermato all’aeroporto di Narita, vicino a Tokyo, mentre con un improbabile passaporto dominicano cercava di andare a Disneyland. Vive in una villa a Coloane, un quarto d’ora d’auto dal centro di Macao. La moglie sarebbe una ex appartenente al Kippeumjo, la troupe per i leader. Gran bevitore ma non alcolizzato. Non parla di politica ma all’ennesimo bicchiere — è stato scritto —, si lamenta delle purghe che a Pyongyang hanno spazzato via chi gli era fedele.
Zia e zio, infine. Lei è Kyong-hui, sorella di Jong-il che la indicò come «il solo sangue della famiglia di cui, morendo, mia madre si raccomandò che mi prendessi cura». Elevata ai vertici dell’esercito, sa farsi rispettare, e pure — si dice — far piazza pulita dei rivali. Il marito è Jang Song-taek, recuperato da un arretramento punitivo e affiancato a Kim durante la malattia. E’ stato (è?) il general manager dell’impresa di famiglia, per così dire, ora vicecapo della Commissione militare, con il nipote. Adesso zia e zio vegliano, per volere del Caro Leader, sul rampollo. Se è vero che Kim Jong-un ha avviato una serie di purghe anticorruzione, è possibile che lo abbia fatto sotto il loro sguardo. Uno per tutti, tutti per uno, i Kim.
Marco Del Corona