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 2010  novembre 24 Mercoledì calendario

Otto medici su dieci prescrivono cure inutili - È la formula del catenac­cio applicata alla medicina

Otto medici su dieci prescrivono cure inutili - È la formula del catenac­cio applicata alla medicina. Stare sulla difensiva, non con­cedere troppo spazio all’av­versario. Quando per «avver­sario », va inteso il paziente. Ma avversario perché? Per­ché non tanto e non solo arri­va dal medico in cerca di vali­de risposte e terapie ai suoi malanni ma perché un doma­ni, magari anche un dopodo­mani, se quelle risposte non sono arrivate o sono arrivate male, può sempre far causa al povero e bistrattato dottore. Quindi? Quindi la formula catenaccio entra in azione preventivamente (rispettan­do, almeno in questo modo, l’adagio: meglio prevenire che curare) e stoppando l’ av­versario- paziente con due mosse: prescrivendogli un far­maco più o meno innocuo( della serie: se non fa bene, non farà neanche male) e, so­prattutto, esami su esami, per circoscrivere in modo più at­tendibile (e più sicuro per il medico) l’entità del danno o del malanno. Non siamo noi a sostenerlo ma è quanto emer­ge dalla prima ricerca nazio­nale sulla medicina difensiva, realizzata dall’Ordine provin­ciale di Roma di medici chirur­ghi e odontoiatri. Secondo l’indagine, condot­ta su un campione rappresen­tativo di tutti i medici italiani in attività, fino a 70 anni, il ti­more dei medici di essere og­getto di denunce da parte dei loro pazienti li spinge infatti a prescrivere farmaci, esami e visite in eccedenza, che fini­scono per incidere per oltre il 10 per cento sulla spesa sanita­ria del Servizio sanitario na­zionale. Una cifra considere­vole se si calcola che la spesa complessiva del Ssn è di circa 100 miliardi di euro l’anno. Fra i dati più interessanti che emergono dell’inchiesta quel­lo che le prescrizioni difensi­ve di farmaci sono effettuate dal 53 per cento dei dottori, so­prattutto tra i professionisti più giovani (fino ai 44 anni di età, mediamente), mentre ai ricoveri per ragioni difensive fa ricorso il 49,9 per cento dei medici. L’identikit del medi­co, uso al «catenaccio», ci con­segna anche il ritratto di giova­ni professionisti , specializza­ti in chirurgia, ortopedia, gine­cologia, medicina d’urgenza e assistenza primaria, e resi­denti prevalentemente nelle regioni del Sud. Ad incidere sull’ iper-prescrizione adotta­ta da molti medici sono in ogni caso più ragioni. Tra i camici bianchi molti sono terrorizzati dal rischio : il 78 per cento teme infatti di es­sere denunciato; il 65 per cen­to si sente sotto pressione nel­la pratica clinica di tutti i gior­ni mentre soltanto il 6 per cen­to ritiene che la probabilità di essere denunciati sia nulla. Così praticando, per scelta, la medicina difensiva, il 73 per cento dei medici dichiara di prescrivere visite specialisti­che ( di fatto il 21 per cento di tutte le prescrizioni). Con la stessa convinzione il 71 per cento dei dottori ammette di prescrivere esami di laborato­rio ( il 21 per cento circa del totale). E sempre per ragioni di medicina difensiva, il 75,6 per cento dei medici dichiara di prescrivere esami strumen­tali ( il 22,6 per cento circa di tutte le prescrizioni). E i ricoveri? Un bel 49,9 per cento, cioè un medico su due li prescrive (e sono l’11 per cento circa del totale delle pre­scrizioni di questo tipo ) a cuor leggero proprio per to­gliersi un peso dal cuore. Leg­germente differente il discor­so sui farmaci (specie quelli che fanno poco o nulla) con­cessi soprattutto dai giovani medici per un rapporto circo­spetto con il paziente. Un pe­so determinante, si potrebbe dire quasi opprimente, per tantissimi dottori è sicura­mente la considerazione non proprio straordinaria che ha l’opinione pubblica dei medi­ci (65,8 per cento), il rischio eventuali iniziative della ma­gistratura (57,9 per cento), la tensione del medico per altre esperienze di contenzioso vis­sute dai colleghi ( 48,4 per cen­to). Tanto che il 73,6 per cento circa dei camici bianchi affer­ma di possedere un’assicura­zione RC personale il cui co­sto annuo medio è di 1.147 eu­ro. Il 35,9 per cento dei profes­sionisti ritiene infine che gli er­rori medici potenzialmente dannosi siano abbastanza o peggio molto diffusi. Poi c’è la necessità di prevenire sanzio­ni dalle strutture di apparte­nenza ( 43,1 per cento), la pau­ra di rovinarsi la carriera (27,8 per cento), di finire sui giorna­li o in tv ( 17,8 per cento), di per­dere i pazienti (10,6 per cen­to), e ancora il timore di veni­re essere criticati dai colleghi (9,6 per cento). I numeri della paura, dun­que, sono tanti, troppi. Altro che il «dica 33» di una volta.