Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 24 Mercoledì calendario

ATTENTI AL RISCHIO NUCLEARE

Si è tentati di considerare i colpi di artiglieria su un’isola dall’altra parte del mondo un avvenimento poco importante. La tentazione è forte, specialmente quando il colpevole è la Corea del Nord, un Paese con una lunga storia di brutte azioni che si rivelano poi una sorta di politica del rischio calcolato.
Una forma di negoziazione. La guerra di Corea del 1950-53 ha avuto luogo molto tempo fa, anche se non è mai stato effettivamente firmato alcun accordo di pace. Eppure quelle tentazioni devono essere contrastate. Il comportamento della Corea del Nord è davvero pericoloso. In realtà, potrebbe rivelarsi una delle più grandi minacce alla pace e alla prosperità del nostro tempo.

La Corea del Nord, tradizionalmente descritta come «il regno eremita», è un Paese così chiuso e segreto che il mondo esterno sa straordinariamente poco di quello che vi succede. Sappiamo che questa dittatura stalinista, fondata agli sgoccioli della seconda guerra mondiale da un leader della guerriglia coreana, Kim Ilsung, e ora guidata dal suo figlio maggiore, Kim Jong-il, è povera e soffre di frequenti carestie, ma, ciononostante, è la nazione più militarizzata sulla Terra. Sappiamo anche che ha testato armi nucleari utilizzando tecnologia originariamente fornita dalla Cina e, più recentemente, acquistata da A.Q. Khan, lo scienziato nucleare pachistano rinnegato.

Sappiamo che il suo unico stretto alleato è la Cina, anche se lo fa turandosi il naso.

Oltre a ciò, sappiamo ben poco. Tre recenti avvenimenti avrebbero dovuto, tuttavia, attirare la nostra attenzione. Uno è stato l’affondamento, a marzo da parte di siluri nord-coreani, di una nave da guerra della Corea del Sud, il Cheonan: sono morti 46 marinai. Il secondo è stato l’annuncio ufficiale durante il periodo estivo che Kim Jong-Il lascerà il posto a uno dei suoi figli più giovani, Kim Jong-Eun, di cui praticamente non si sa nulla se non che ha circa 26 o 27 anni.

L’obiettivo è quindi quello di perpetuare l’unica dinastia famigliare comunista esistente al mondo. Il terzo si è verificato solo un paio di giorni fa: uno scienziato nucleare americano ha riferito che era stato portato a visitare un impianto segreto, e apparentemente nuovo, per l’arricchimento dell’uranio, del tipo necessaria per la produzione di armi nucleari.

Dopo quegli eventi ecco il quarto: il bombardamento, martedì, dell’isola di Yeonpyong, al largo della costa occidentale della Corea del Sud, proprio vicino al confine conteso con il Nord. Non è ancora chiaro quanti dei 1.300 residenti potrebbero essere stati uccisi. La Corea del Sud ha risposto al fuoco, lanciato jet da combattimento e dichiarato lo stato di elevata allerta militare.

Che cosa dovremmo farcene in Europa di questo? C’è una spiegazione relativamente ottimistica. Ma c’è anche una spiegazione più preoccupante che potrebbe portare a uno scenario estremamente pericoloso, uno scenario capace di condurre all’uso di armi nucleari per la prima volta dal 1945 e di portare l’America e la Cina in un confronto diretto.

L’interpretazione benevola è legata all’annuncio del giovane Kim come erede consacrato alla successione al potere nella Corea del Nord. Secondo questa teoria, il giovane non ha alcuna base di potere o esperienza, e quindi ha bisogno di mostrare la sua durezza e la sua determinazione per crearsi consenso tra le forze armate della Corea del Nord. Così, affondare navi da guerra, svelare impianti di arricchimento segreto e bombardare isole sarebbero atti di spavalderia.

Sono letali e preoccupanti, ma non preludono a nulla e non portano alla guerra, non più delle peggiori gesta ordinate da Kim Il-sung nel 1980, come il bombardamento della capitale della Birmania, Rangoon, che uccise quasi tutta la delegazione sudcoreana in visita o il raid sulla residenza del presidente sudcoreano, la Casa Blu. Sono atti che devono solo essere sopportati, e, ove possibile, scoraggiati.

Speriamo che questo si dimostri vero. Ma sperare per il meglio non è un buon modo di condurre la politica estera e di garantire la sicurezza. Quindi dovremmo anche immaginare il peggio o che cosa potrebbe spiegare quello che sta succedendo.

La spiegazione alternativa è pure legata alla successione, ma ha una conclusione meno rassicurante. La fine del regno di Kim Jong-il e l’annuncio del suo giovane e non ancora sperimentato successore può ben essere la causa di questi segni di aggressione. Ma potrebbero non essere solo atti di spavalderia, bensì parte di uno sforzo più disperato per mantenere un regime indebolito o per scongiurare una lotta interna per il potere. In tal caso potrebbero non esaurirsi. Potrebbero far parte di un confronto crescente con la Corea del Sud e, molto probabilmente con gli Stati Uniti.

Seguono due domande cruciali: come reagire, se sempre più persone saranno uccise dalle bombe della Corea del Nord? E come, in mezzo a un tale confronto, gestire le relazioni con la Cina?

La risposta iniziale alla prima domanda è, come per l’affondamento del Cheonan, agire in seno alle Nazioni Unite. Ma più proiettili vengono sparati e più gente muore, tanto più difficile diventa fermarsi lì ed evitare le pressioni per una ritorsione. In una battaglia di rappresaglie, è facile immaginare come le cose potrebbero degenerare e andare fuori controllo, fino al punto in cui la Corea del Nord minacci di usare, o usi, le armi nucleari. Alla fine si andrebbe a vedere il bluff: se in risposta all’uccisione di centinaia di migliaia, addirittura milioni di persone, gli Stati Uniti sarebbero disposti a usare le armi nucleari per punire la Corea del Nord, come hanno sempre minacciato di fare. Poi, dobbiamo pensare alla Cina. Come potrebbe reagire a una guerra di rappresaglie? Ha significativamente omesso di condannare la Corea del Nord per l’affondamento della Cheonan in marzo. Dice sempre che è favorevole alla pace, alla calma e alla stabilità. Ma sembra anche che preferisca mantenere la Corea del Nord come un alleato, uno stato cuscinetto sul proprio confine orientale. Se il conflitto si intensifica, dovrà scegliere quale politica vuole davvero preservare, se la pace o l’alleanza. Uno dei motivi per cui è possibile immaginare che la Corea del Nord usi il suo deterrente nucleare è perché pensa che l’America non avrebbe il coraggio di reagire, sapendo che c’è la Cina dietro la dinastia Kim.

Lo farà anche se il regime diventa pericolosamente aggressivo? E che cosa farebbe se dovesse cadere grazie a una guerra civile interna? Potremmo essere sul punto di scoprirlo. (Traduzione di Carla Reschia)