Morya Longo, Il Sole 24 Ore 23/11/2010, 23 novembre 2010
L’ENI BATTE IL TESORO, SORPASSATI I BTP
Sui mercati finanziari è un po’ come una rivoluzione copernicana: per la prima volta nella storia (almeno a memoria d’uomo) un’impresa europea è riuscita ad indebitarsi a un tasso d’interesse più basso rispetto a quello pagato dallo stato in cui si trova. Dato che l’impresa in questione si chiama Eni e lo stato si chiama Italia, la rivoluzione ci tocca da vicino: il gruppo petrolifero ieri ha infatti emesso un prestito obbligazionario da un miliardo di euro con un rendimento del 3,56%, «battendo» il corrispondente BTp che ieri pagava sul mercato intorno al 3,71%. Questo significa che gli investitori considerano lo stato più rischioso dell’impresa, tanto da ordinare l’Eni-bond per 2,3 miliardi. Vuol dire che ritengono i corporate bond di elevata qualità il vero «rischio zero» nei paesi cosiddetti periferici. Eni, insomma, ha sostituito i BTp o i BoT. L’Abc della finanza è stato capovolto: il privato diventa più sicuro (o percepito tale) dello stato. Direbbe Copernico che il sole non gira più intorno alla terra. Ma viceversa.
L’emissione obbligazionaria annunciata e collocata ieri dall’Eni è dunque il simbolo della rivoluzione causata dalla crisi degli stati sovrani. Dopo il caos scoppiato sulla Grecia in primavera e, più di recente, quello che ha colpito l’Irlanda, sul mercato da tempo alcune imprese sono percepite più sicure degli stessi stati. Sui mercati secondari (cioè sulle "borse" delle obbligazioni) è evidente da mesi: se un anno fa mediamente i bond aziendali avevano credit default swap (indicatori di rischio) di 3,5 punti percentuali superiori rispetto agli stati europei, da aprile il rischio-stati e il rischio-imprese è diventato uguale. Poi si è invertito. Il che è paradossale: per definizione un’impresa privata, anche la più solida, ha sempre avuto più probabilità di fallire del suo governo. Ma ieri è successo qualcosa di ulteriore: per la prima volta un’impresa ha pagato minori interessi dello stato anche in emissione di bond. A questo traguardo si era avvicinata Iberdrola qualche mese fa, ma mai nessuno l’aveva tagliato. Fino a ieri.
Sul mercato a questo fenomeno vengono date due spiegazioni. Tanti sono convinti che ad essere «sbagliato» non è il rendimento dell’Eni, ma quello dei BTp. «Non è giustificabile con alcun fondamentale economico che la Repubblica italiana sia considerata oggi così rischiosa», commenta un operatore. «Il mercato è distorto», aggiunge. Tanti altri, però, ritengono che – oggi come oggi – un’impresa come l’Eni è veramente più solida dello stato. In effetti il Cane a sei zampe, pur essendo un gruppo detenuto al 30,3% dalla mano pubblica, è esposto in maniera relativamente bassa sull’Italia: solo il 9,5% della produzione arriva dalla Penisola e l’attività commerciale (per esempio i distributori di benzina) è rivolta alle famiglie. Il pensiero di alcuni è questo: nell’ipotesi – seppur ipotetica e irrealistica – di una crisi dell’Italia, l’Eni avrebbe tutte le carte in regola per resistere.
Così l’Eni ha raccolto un miliardo di euro. Il bond, che scade nel gennaio del 2018 ed è destinato ai soli investitori istituzionali, offre un rendimento di 90 punti base sopra il tasso swap. E dato che la domanda è stata buona – gli ordini sono arrivati da 220 investitori di tutta Europa – il bond è uscito con un rendimento nella parte bassa della forchetta indicata in mattinata. Questo consente all’Eni di allungare la vita del suo debito a medio-lungo termine, che passa da una media di 5,5 anni a circa 6. «La nostra attività è legata ad investimenti che offrono un ritorno nel medio lungo termine – spiega il Cfo del gruppo petrolifero, Alessandro Bernini –, per cui abbiamo la necessità che anche l’indebitamento abbia una durata lunga. La logica di questa operazione era questa». Proprio ieri, a proposito di investimenti di lungo corso, l’amministratore delegato del gruppo Paolo Scaroni ha firmato i contratti per avviare un nuovo progetto «giant» per la produzione di olio pesante in Venezuela. Il bond, insomma, calza a pennello.