Jacopo Giliberto, Il Sole 24 Ore 23/11/2010, 23 novembre 2010
UN TERMOVALORIZZATORE A OSTACOLI - C’è
la questione di Mara Carfagna sugli inceneritori in Campania; la settimana scorsa Pierluigi Bersani è andato a Palazzo Chigi per sollecitare il fatto che l’inceneritore di Salerno sia fatto dal comune anziché dalla provincia; ieri il presidente della provincia di Salerno, Edmondo Cirielli, ha annunciato che l’impianto provinciale potrà essere costruito in due anni.
Ma l’inceneritore potrebbe essere già stato costruito. Potrebbe già trasformare la spazzatura salernitana in chilowattora preziosi. Invece no. Una storia pazza dell’Italia degli appalti, dei Tar-a-ogni-piè-sospinto e della fantasia politica creativa.
Il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, Pd, il "podestà rosso" al terzo mandato, consenso solidissimo, una messe di riconoscimenti (la settimana scorsa, per esempio, una menzione speciale al Premio Pimby), in veste di commissario all’emergenza rifiuti aveva deciso di costruire un grande inceneritore. Furono espropriati i terreni.
L’inceneritore da 220-230 milioni sarebbe stato costruito in concessione con una gara. L’impresa vincitrice avrebbe realizzato e gestito l’impianto, rientrando dall’investimento tramite le tariffe di smaltimento della spazzatura e con l’incentivo Cip6 sulla corrente elettrica prodotta. L’impresa avrebbe pagato una royalty al comune per ogni tonnellata di immondizia trasformata in energia.
L’intera provincia di Salerno produce meno di 300mila tonnellate di immondizia l’anno, circa 230mila considerando la raccolta differenziata che sottrae rifiuti ai bidoni della spazzatura. Sarebbero bastate due linee capaci ciascuna di trasformare in corrente 150mila tonnellate di rifiuti l’anno. Ma nel marzo 2008 uscì il bando: un grande termovalorizzatore da 450mila tonnellate, tre linee. Il sindaco De Luca, forse per non preoccupare i suoi concittadini, vietò alla futura azienda vincitrice di trovare altrove il sovrappiù di immondizia.
Si presentò una dozzina di imprese, l’aristocrazia europea delle tecnologie di incenerimento. Molti si arresero. Le banche, per finanziare l’investimento, volevano essere sicure che sarebbero state trovate quelle 150mila tonnellate di immondizia in più da fatturare e da trasformare in chilowattora. E poi c’era un’una tantum di 31 milioni chiesta dal comune, da saldare alla firma della concessione, cioè prima ancora che il progetto fosse abbozzato sui tavoli degli ingegneri.
Appena quattro imprese si arrischiarono a studiare le offerte: la bolognese Hera (che, si dice, investì centinaia di milioni per fare "vestire" l’impianto con un progetto splendido di Gae Aulenti), la lombarda A2A, la francese Veolia con tecnologia Termomeccanica e infine il raggruppamento formato dalla torinese-avellinese De Vizia con la società francese di ignegneria Cnim. Come primo atto, Cnim-De Vizia e Veolia furono buttate fuori, e ci vollero Tar e Consiglio di Stato per farle rientrare in gara.
L’unica selezionata, alla fine, è stata l’aggregazione della De Vizia Transfer con la Cnim. La De Vizia (con filiale nella provincia di Avellino, da dove viene la famiglia De Vizia) è un grande gruppo diversificato: per esempio gestisce la logistica del gruppo Fiat e opera nella gestione ambientale. La Cnim ha quelle griglie Martin che si usano nei termovalorizzatori di mezz’Europa.
L’offerta ha superato la fase amministrativa e tecnica e all’apertura della busta l’azienda ha proposto due condizioni: la garanzia dell’approvvigionamento di rifiuti e distribuire quei 31 milioni a rate durante i 20 anni della concessione (56 milioni, contando gli interessi).
Sembrava fatta. Invece no. Un decreto ha tolto la competenza dei rifiuti campani ai comuni e il sindaco ha annunciato che avrebbe mandato deserta la gara. L’ultima offerta sopravvissuta fu dichiarata non aggiudicabile. Ai terreni espropriati è stata cambiata destinazione d’uso, diventata commerciale. La questione ora è al Tar. E il comune di Salerno rischia di dover pagare penali all’azienda estromessa nell’ordine dei 70 milioni.
Ora, è in vista il bando provinciale. Se si presenteranno, saranno imprese e banche coraggiose. Molto coraggiose.