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 2010  novembre 20 Sabato calendario

L’ORIENTE E I SEGRETI DEL SUCCESSO

Aeroporto di New Delhi, ore 3 del mattino: i negozi sono aperti, i servizi di controllo della sicurezza funzionano, il traffico dei passeggeri è leggerissimo, quasi inesistente, ma tutto funziona. Aeroporto di Parigi, 4.30 del mattino: è tutto chiuso, il passeggero in transito in arrivo dall’Asia, cioè il sottoscritto, deve uscire dall’aeroporto in quanto alcune delle sale d’aspetto sono chiuse e i controlli di sicurezza non aprono fino alle 5.30 del mattino. Vi potrà sembrare una differenza da poco, ma, alla fine del lungo viaggio al seguito del presidente Obama che ho fatto la settimana scorsa, questa differenza nella gestione degli aeroporti è stata una delle tante cose che mi ha colpito nel valutare il diverso ritmo con cui si muovono le due economie, quella europea appunto e quella in genere del Sud-Est asiatico.

È chiaro che alla base dei tassi di crescita che in India dovrebbero essere tra il 9 e il 10% per i prossimi trent’anni, come ha detto il primo ministro Singh, vi è la necessità di far avanzare una popolazione poverissima sui livelli medio-bassi delle popolazioni occidentali. Eppure, anche piccole cose come l’attitudine nei confronti del lavoro, l’essere aperti nelle ore più strane dimostra un’aggressività e una voglia di fare di cui forse dovremmo aver più bisogno noi che cresciamo a malapena all’1,5 per cento.

Questo è solo uno degli aspetti. Mi ha colpito l’assoluta padronanza dell’inglese in India, in Indonesia e in Corea e la visione globale degli uomini d’affari. Il problema è soprattutto evidente in un paese come il nostro, dove si fa molta fatica a parlare l’inglese e a essere aperti non solo nei confronti delle esportazioni, ma degli investimenti diretti. Uomini d’affari indiani con cui ho parlato, pianificavano investimenti per centinaia di milioni di dollari negli Stati Uniti, in Russia, in Sud America, molto meno in Europa e ancora meno in Italia. L’atteggiamento è di coloro che cercano mercati di grandi dimensioni, ma soprattutto mercati in grado di dare garanzie di mobilità e di gestione flessibile dei loro investimenti. Dal nostro punto di vista, queste possono sembrare sfide lontane, ma il tempo corre e se non ci adegueremo presto in termini di apertura, aggressività e flessibilità sul lavoro (Marchionne insegna) la prospettiva per noi sarà soltanto quella di un rapido declino.