Massimo Fini, il Fatto Quotidiano 23/11/2010, 23 novembre 2010
IO DICO: “MEGLIO LA CARFAGNA DI GUZZANTI”
Posso scrivere un articolo in laude di Mara Carfagna? Ha annunciato le proprie dimissioni da ministro, dal Pdl, dal Parlamento dopo il voto sulla Finanziaria. In un Paese dove non si dimette mai nessuno, a cominciare dal “lider maximo”, e dove c’è voluto del bello e del buono per schiodare persino Scajola dalla sua poltrona, non è cosa da poco. Poi Carfagna ha fatto un po’ di marcia indietro. Possiamo immaginare le pesanti pressioni e le lusinghe del Pdl. Le auguriamo che sappia e possa resistere.
Comunque si dimetta o no alla fine, ha messo il dito su questioni serissime e fastidiosissime per il suo partito. Ha detto che in Campania “mi viene impedita la possibilità di battermi per la legalità”, ha parlato di “guerra per bande” per aggiudicarsi il termovalorizzatore di Salerno e i relativi appalti che stanno finendo nelle mani di Nicola Cosentino, indagato per collusione con i clan camorristi, ha fatto capire che il Pdl si sarebbe ridotto a un comitato d’affari. Altro che “fatti locali”, “crisi di nervi”, “capricci” come sono stati subito battezzati dai giornali del Cavaliere e dai suoi scherani fra cui si è distinto per cinismo quel fascista travestito da fascista che è Ignazio La Russa col suo latino da avvocato fallito: “De minimis non curat praetor...”.
Ma peggio di La Russa si è portato Paolo Guzzanti nell’intervista concessa al nostro Pagani. Pieno di livore per uno scazzo che Carfagna ha avuto con sua figlia Sabina che in un comizio a Piazza Navona le aveva dato pubblicamente della puttana. Era normale che Carfagna replicasse, anche duramente. Per Guzzanti le parole di Carfagna diventano invece “ignobili comunicati contro Sabina” (le parole della Guzzanti invece com’erano?). Guzzanti, padre, poi afferma di non voler fare il moralista ma trova il modo di ricordare che Carfagna ha fatto “lap dance” nelle discoteche e ha posato per fotografie osè. “C’è un certo stridore” dice “fra quelle istantanee e l’essere ministro”. Ma se fare la “lap” o posare semisvestita non erano qualità per fare politica questo valeva anche prima, quando Carfagna fu eletta in Parlamento e poi fu nominata ministro, in epoche i cui Paolo Guzzanti era ben incistato nel Pdl e non proferì parola, non obiettò nulla. In ogni caso oggi Carfagna è ministro e va giudicata come tale e non per i suoi precedenti di ragazza immagine o di valletta. E a detta anche delle opposizioni è stata un buon ministro, equilibrato.
Più avanti Guzzanti sorpassa la “questione Carfagna” e impartisce lezioni “urbi et orbi”: “Berlusconi ha disossato la dignità delle donne con lo stesso sistema con cui ha disarticolato la democrazia. I due processi sono complementari... Berlusconi è la quintessenza dell’albertosordismo nazionale. Il dramma è che la gente lo segue”. E Guzzanti ci ha messo quindici anni per capirlo? E chi, se non Guzzanti, ha seguito Berlusconi in questi quindici anni scrivendo, sul “Giornale”, articoli di una lascivia laudatoria che non trovano uguali nemmeno durante il fascismo. Del resto ai pezzi su commissione sembra avere una certa abitudine. Racconta lui stesso che un giorno gli telefonò il direttore di “Panorama”, Pietro Calabrese, chiedendogli un articolo elogiativo sulla povera Carfagna perseguitata a causa della sua bellezza. “Mi prestai ed eseguii il compitino”. È giornalismo questo o è un mestiere più simile a quello di “Betulla”? Uno che in gioventù ha militato nel Psi, che in seguito è stato craxiano (il che non vuol dire essere stati socialisti, cosa che vale anche per Giuliano Ferrara), quindi berlusconian-cossighiano (un mostro bicefalo, animale quasi unico nella fauna politica), per poi lasciare il Cavaliere per motivi che hanno a che fare più che altro con la sua diletta figliolanza e scoprirsi alla fine liberale, non può dare lezioni di nessun tipo. Tantomeno di morale.
Carfagna mi sembra intellettualmente più onesta. Ha ammesso: “So benissimo che la mia carriera politica è stata calata dall’alto”. E bisogna aver capito poco dell’animo femminile per non ritenerla sincera anche quando dice: “Posai per quelle foto e ne sono contenta perché i miei nipotini potranno dire: mamma mia com’era carina nonna da giovane”. Nella volgarità del Guzzanti invecchiato malissimo (da giovane, quando lavorava a “Repubblica”, è stato uno dei migliori inviati della sua generazione) questa frase diventa masturbatoria.
Non so se Mara Carfagna sia appartenuta alla “mignottocrazia” come l’ha bollata Guzzanti rimangiandosi poi tutto per timore di una querela e su diktat di quell’altro vecchio malvissuto che è Fabrizio Cicchitto. Ma a me, oggi, la vera “mignotta” mi pare proprio Paolo Guzzanti.