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 2010  novembre 23 Martedì calendario

“Ho battuto la bulimia e vi dico che il tennis non deve essere sexy” - «Nel 2005 mi chiamò a casa Edwin Moses, a momenti svenivo

“Ho battuto la bulimia e vi dico che il tennis non deve essere sexy” - «Nel 2005 mi chiamò a casa Edwin Moses, a momenti svenivo. Da allora iniziai a perseguire lo scopo della Fondazione: portare verso lo sport i bambini che altrimenti non ne avrebbero la possibilità. E non per farne dei campioni, ma per educarli alle sfide che dovranno affrontare nella vita». Monica Seles, che cosa pensa della terza Fed Cup vinta dall’Italia? «Che oggi le tenniste italiane sono straordinarie. E mi tolgo il cappello davanti alla Schiavone che è riuscita a conquistare Parigi alla sua prima finale Slam: so cosa vuol dire, sei nervosissima». Meglio il tennis femminile oggi o ai suoi tempi? «Oggi un problema sono gli infortuni: serve più riposo. Gli Slam hanno senso solo se le migliori sono in gara». Le Williams si ritireranno? «No: sono ancora così forti. E il fatto che la Wozniacki sia la nuova n. 1 per loro sarà uno stimolo». Chi la sorprende di più nel tennis di oggi? «Kim Clijsters: incredibile il suo rientro dopo la maternità, non so come faccia a viaggiare per tornei con la bimba. Kim è una gran persona, e che vinca o perda resta sempre la stessa, è la sua forza». La Henin potrà tornare grande? «Senza infortuni può tornare a essere una delle migliori». Lei ha vinto tanto e sofferto tanto: si considera fortunata o sfortunata? «Sono fortunata perché nella mia vita ho potuto fare la cosa che amavo, giocare a tennis. Ma ho conosciuto anche momenti terribili, l’attentato che subii ad Amburgo o la perdita di mio padre. L’importante è vivere sempre in modo pieno». Il dolore rende più forti? «Il dolore è il dolore, devi lasciarlo dietro di te. Ho visto ciò che ha fatto il cancro a mio padre, la vita è così fragile, una telefonata può cambiartela in un minuto. Io cerco di non pensare al passato o al futuro, ma di vivere nel presente». Il tennis è più passione o più mestiere? «Se lo fai 11 mesi all’anno e 8 ore al giorno, tende a diventare un lavoro. Ma per me è stato anche una passione. Per questo amo il mio impegno con Laureus: quando sono in Africa o nell’Est Europa e vedo un ragazzino che ti guarda con gli occhi sgranati, e capisci quanto puoi cambiare la sua vita, mi rivedo in lui. Penso a quando Yannick Noah venne a fare un clinic in Serbia: avevo 5-6 anni e mi regalò una racchetta, per me fu un dono straordinario. La mia gioia più grande oggi è restituire un po’ di quanto ho avuto». Lo sport femminile ha raggiunto la pari dignità con quello maschile? «Nella maggior parte del mondo sì, oggi una ragazza può scegliere fra tantissime possibilità. Il tennis è stato importantissimo come apripista. Un tempo se eri una sportiva potevi guadagnarti da vivere solo con tennis e golf. Ma il consiglio di Billie Jean King è sempre valido: non accontentatevi, ragazze». Qual è il segreto del successo di tanti tennisti serbi? «I buoni maestri e soprattutto la straordinaria forza mentale». In passato lei lottò contro la bulimia: come la superò? «C’è stato un periodo in cui il cibo era il mio sfogo, sono arrivata a pesare anche venti chili più di quanto sono ora. Ne sono uscita abolendo le diete e cambiando il mio modo di vivere e pensare, perché le diete ti fanno sentire depressa quando ti pesi e ti accorgi di essere due chili di più. In tutto il mondo, anche in Italia, anche nel tennis, siamo bombardati da immagini di donne sexy e bellissime. Le donne lottano contro questa immagine irreale, a cui è impossibile adeguarsi. Invece è importante, specie per le ragazzine, accettare il proprio corpo. Per questo tengo molte conferenze in Usa a donne che hanno problemi di peso con il proprio corpo».