DOMENICO QUIRICO, La Stampa 23/11/2010, pagina 18, 23 novembre 2010
Notti dei lunghi coltelli nella Sarkolandia delusa - Una cosa è già certa: a destra non sarà una battaglia in stile lieve, da epigramma volteriano
Notti dei lunghi coltelli nella Sarkolandia delusa - Una cosa è già certa: a destra non sarà una battaglia in stile lieve, da epigramma volteriano. Sono semmai grovigli viperini e dissanguatori, botte da orbi. Perché i combattenti si conoscono perfettamente, da anni condividono il Potere e hanno conservato tutti i reciproci dossier, da spigolare con verve invelenita. I francesi si leccano le labbra: tornano i bei tempi da Quarta Repubblica, in programma insinuazioni veleni barbouzes dei Servizi, spiate, dossier più o meno veri. Il sarkosismo, per un attimo intravisto come una grandezza inespugnabile, cui tutto riusciva a puntino, si sta dimostrando invece assai friabile. Il Presidente, come Napoleone nel 1812, ha perso per strada un esercito, ora è gracile, gramapelle e ossa. E allora largo ai gerarchi convertiti in volenterosi antisarkosisti di destra; che si gettano nella mischia, covano ambizioni invulnerabili, disintegrano le alleanze, prenotano pezzi del Potere. Sarkozy non fa più paura, i suoi biasimi ringhiati non tengono in riga la truppa. È una campagna elettorale sfacchinata in anticipo, che rischia di seminare di cadaveri la pianura politica della attuale maggioranza. La sinistra, beatamente impegnata a sua volta a regolare i conti, è ormai la sua ultima preoccupazione. Tre anni fa Saekozy aveva festeggiato il trionfo alla guida di una Grande armata che andava dalla destra estrema, astutamente sottratta a Le Pen, fino ai centristi più moderati. Oggi avvia la battaglia per la rielezione circondato da una sciupata Vecchia Guardia, pretoriani il cui universo teologale è riassumibile in un sbrigativo articolo unico: Sarkozy ha sempre ragione. Sono Claude Guéant, segretario generale dell’Eliseo, un dottor sottile che detesta, come molti veri ambiziosi, la scenografia del potere preferendo il suo segreto esercizio. E poi Brice Hortefeux, ministro degli Interni, e Xavier Bertrand, ex segretario dell’Ump fatto rientrare al governo per la battaglia finale. Gente che deve restare fedele perché non ha forza politica senza Sarkozy; sparito lui, rientrerebbe nel nulla. Il Nemico, N maiuscola, è Dominique de Villepin. Tra lui e il presidente corre un odio più che politico: teologal-penalistico. L’ultimo primo ministro di Chirac vuole vendicarsi di essere stato trascinato nel fango giudiziario dell’oscuro scandalo Clearstream. E ha deciso di replicare promuovendo la politica rovina dell’uomo che designa come «il problema della Francia». Ha fondato un partito di cartapesta il cui unico scopo è sottrarre voti a Sarkozy nel 2012, accreditato già di un sette per cento. È in agguato pronto a saltare su ogni occasione per sferrare una coltellata. Anche una storia di 17 anni fa: la vendita di sottomarini al Pakistan con contorno di tangenti, e forse di un sanguinoso attentato che costò la vita a tredici francesi. È subito corso in tivù, al telegiornale, per suggerire, con un sorriso da tempi borgiani, sospetti che potrebbero, chissà, portare all’attuale presidente. Che appare, su questo soggett,o molto nervoso. Fino a insultare con il termine di «pedofilo» un giornalista che aveva posto una domanda su una società off shore collegata all’«affaire Karachi». Rischiose anche le rabbie centriste. Ovvero Borloo, ex ministro dell’ Ecologia beffato nell’ambizione di diventare primo ministro. E Hervé Morin, leader del Nuovo centro, ex, inconsolabile, ministro della Difesa. È vero: sono entrambi politici pieghevoli fino alla genuflessione; e, come diceva Edgar Faure, il centrismo francese è un piccolo mondo la cui circonferenza è ovunque e il centro in nessun luogo. Ma sono altri voti da sottrarre al futuro primo turno e il conto torna sempre meno. È nel presidenziale Ump che ormai si cammina tenendo pronto il coltello. Ci sono «centristi» anche qui, di cui una guardinga eminenza è l’ex premier Raffarin; chiedono, seppure a mezza voce, con grande prudenza, una politica più sociale, più gollista, non amano l’autoritarismo presidenziale. Sarkozy ogni tanto li invita a pranzo, fa finta di chieder consiglio. Ma solo, notano, per fare con più gusto quello che vuole lui. Poi ci sono gli ambiziosi: come François Fillon e Jean-François Copé. Il primo ministro ha imposto la riconferma dopo essere già stato licenziato sui giornali, i rapporti di forza con il Palazzo che lo trattava da «esecutore», per la prima volta sono cambiati. Ha ambizioni ma sfingee; una parte del centrodestra lo accredita di qualità, soprattutto in opposizione ai difetti di Sarkozy. E poi Copé, anche lui in grado di strappare, a forza, al presidente la guida del partito; è della stessa razza, nelle vene una ambizione capace di deviare i fati. Ha già prenotato il dopo Sarkozy. Ma non ha fissato quando inizierà: nel 2017? O nel 2012? Sarà, dunque, una battaglia che si combatterà soprattutto sulpiano della comunicazione (e della disinformazione). Allarmano alcune avvisaglie, il moltiplicarsi di misteriose, e criminali, attenzioni ai giornali. Come lo spionaggio (governativo) di curatori di inchieste scomode. E i ladri appassionati di null’altro che computer usati posti nelle redazioni troppo curiose. L’ultimo episodio nel fine settimana. Venti computer spariti dalla sede dal pettegolo e informato giornale online Rue89 .