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 2010  novembre 23 Martedì calendario

LA DISFATTA DEL 1940 IL SUICIDIO DELLA FRANCIA

Ho letto il libro di Max Gallo sulla sconfitta della Francia nel 1940, «Dall’abisso alla speranza». La tesi di Gallo è che la Francia, già prima dello scoppio della guerra, fosse indebolita al suo interno da una serie di forze e movimenti, ma nessuno avrebbe immaginato che il voto di dissoluzione della Terza Repubblica, il 10 luglio 1940, avrebbe avuto una maggioranza schiacciante: 569 voti contro 80. Come spiegare un simile fatto nella patria della libertà?
Gianni Veniani
Veniani@hotmail.com
Caro Veniani, Max Gallo ha ragione. La Francia degli anni Trenta fu un crogiolo di idee, passioni e sentimenti antidemocratici che ebbero un effetto devastante sul morale della Terza Repubblica. Questo clima intellettuale aveva cominciato a manifestarsi dopo la guerra franco-prussiana ed era stato alimentato dai numerosi scandali finanziari degli anni seguenti. Per i critici della democrazia quegli scandali erano l’inevitabile risultato di un sistema politico in cui la classe dirigente governava alla giornata, conquistava i propri elettori con qualche mediocre compromesso, si lasciava corrompere dall’affarismo capitalista e dall’egoismo borghese, non aveva le virtù necessarie per fare della Francia una grande comunità nazionale, unita e solidale. Alla società frammentata e atomizzata delle democrazie parlamentari, molti intellettuali contrapponevano una società organica in cui i cittadini sono legati l’uno all’altro dalla comunanza delle tradizioni e delle memorie. Lo studioso che ha maggiormente esplorato questo fenomeno è lo storico israeliano Zeev Sternhell. In tre libri che coprono il periodo dalla guerra franco-prussiana agli anni Trenta, Sternhell ha descritto la nascita di una destra rivoluzionaria che presenta alcune delle caratteristiche tipiche dei regimi fascisti e per certi aspetti li anticipa.
Questa destra assume dimensioni inquietanti dopo il crac finanziario del 1929 e minaccia la democrazia nelle grandi manifestazioni popolari del 1934. Ma è sconfitta nel 1936 da un Fronte popolare composto da socialisti, comunisti, radicali. Senza la guerra avrebbe avuto negli anni seguenti, con molte probabilità, un ruolo marginale. Ma ritorna in scena dopo lo scoppio di un conflitto a cui la Francia è moralmente e materialmente impreparata. La disfatta sembra confermare le tesi della destra rivoluzionaria sull’impotenza del sistema democratico ed è quindi, per molti, benvenuta, salutare e addirittura, secondo la definizione di Charles Maurras, una «divina sorpresa». È benvenuta perché conferma agli occhi dei francesi le tesi sull’impotenza della democrazia rappresentativa. È provvidenziale perché permette agli esponenti della destra rivoluzionaria di mettersi al lavoro per realizzare finalmente uno Stato nuovo. Il maresciallo Pétain, vincitore di Verdun e simbolo della patria, non è soltanto un’ancora di salvezza. È anche il padrino della creatura che molti profeti e intellettuali hanno sognato sin dagli anni Ottanta del secolo precedente.
È questa, caro Veniani, la ragione per cui la Terza Repubblica si è suicidata con un voto pressoché unanime nel luglio del 1940.
Sergio Romano