Massimo Spapani, Corriere della Sera 23/11/2010, 23 novembre 2010
L’ALBERO CHE PRODUCE LA PLASTICA
Le piante potrebbero diventare fabbriche «verdi», progettate, grazie all’ingegneria genetica, per produrre plastica. E liberarci dalla necessità, come accade oggi, di ottenerla attraverso la lavorazione del petrolio. Il gruppo di ricerca del Brookhaven National Laboratory, del Dipartimento per l’energia degli Usa, insieme ad altri collaboratori, ha fatto un primo passo importante che incoraggia l’idea che si possa giungere a una produzione così elevata di materie prime dalle piante per produrre plastica da diventare di interesse industriale. «Abbiamo progettato un nuovo percorso metabolico nei vegetali per la produzione di un tipo di acido grasso, l’omega 7, che potrebbe essere utilizzato come precursore delle particelle chimiche per produrre il polietilene, la più comune tra le materie plastiche» spiega John Shanklin, biochimico a capo della ricerca.
«Le materie prime per la maggior parte dei precursori della plastica oggi derivano dal petrolio o dal carbone, il nostro metodo invece si basa su una fonte rinnovabile e sostenibile, gli acidi grassi dei semi delle piante. La nostra ricerca dimostra che alti livelli di acidi grassi omega 7 per produrre plastica possono essere ottenuti dalle piante».
La scoperta dei geni che codificano per gli enzimi responsabili della cosiddetta produzione «insolita» di oli vegetali, ha incoraggiato molti ricercatori a studiare il modo per far esprimere questi geni al fine di far produrre questi oli in altre specie di piante. «Ci sono piante che producono naturalmente questi acidi grassi omega 7, che si trovano per esempio nei semi dell’euforbia, ma il loro rendimento e le caratteristiche di crescita non sono adatti per la produzione commerciale — spiega Shanklin — e anche i tentativi iniziali di far esprimere i geni in altre piante hanno portato a livelli molto bassi degli oli desiderati». Per superare il problema gli scienziati hanno affrontato una serie di esperimenti di ingegneria metabolica per aumentare l’accumulo di omega 7 in piante transgeniche. E la specie utilizzata è stata Arabidopsis thaliana. Hanno costruito una variante di un enzima naturale della pianta che «lavora» più velocemente e con maggiore specificità per la produzione di acidi grassi omega 7. Così l’accumulo di queste sostanze è passato dal 2% al 14%. Ma questo miglioramento non era ancora sufficiente per la produzione industriale. Gli scienziati hanno così apportato una serie di ulteriori modifiche metaboliche della pianta e dopo aver testato singole caratteristiche, hanno combinato le più promettenti in una nuova pianta. Il risultato è stato un accumulo di acidi grassi omega 7, che ha raggiunto un livello del 71%.
«Questo esperimento — conclude Shanklin —, è la dimostrazione della validità della strategia che punta a modificare il metabolismo per la produzione di acidi grassi omega 7, come fonte di materie prime industriali. Ma quest’approccio in generale può anche essere sfruttato per migliorare la produzione di una vasta gamma di acidi grassi nei semi delle piante». È pur vero che già oggi molti recipienti vengono realizzati con acido polilattico e ci sono resine derivate dall’ a mido d i mais o dalla canna da zucchero. Ma in questo caso si tratta di piante alimentari e nasce il problema della sottrazione alla loro funzione primaria. La nuova ricerca invece punta alla produzione di plastica biodegradabile da piante non commestibili.
Massimo Spampani