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 2010  novembre 23 Martedì calendario

FECONDAZIONE, I FIGLI DELLA PROVETTA ALLA RICERCA DEL PADRE MISTERIOSO

In una stanzetta dalle pareti bianche, tra un barattolino di plastica e una pila di riviste pornografiche... Un asettico e anonimo fai da te di donazione. Da qui un figlio, o più di un figlio, per un’altra coppia. Anche omosessuale. Se non una single desiderosa di maternità. Donatori anonimi in molti Paesi, in altri rintracciabili solo su richiesta dei figli maggiorenni. In Italia la fecondazione eterologa è vietata, ma il problema potrebbe presentarsi per le tante coppie che vanno a risolvere la loro sterilità in Spagna, Francia, Germania, Gran Bretagna, negli Stati Uniti. Laddove l’eterologa è permessa, con donatori di sperma o ovuli estranei alla coppia. Anonimi per la coppia, se non (ma solo in alcuni Paesi) per le caratteristiche somatiche: colore di capelli, occhi, pelle, altezza. Garanzie sulla loro «salute» genetica vengono dalle norme del centro per la sterilità prescelto. Ora, però, c’è una rivolta dei figli della provetta maggiorenni. Vogliono sapere chi è il loro genitore biologico, in particolare cercano il padre.
I genitori biologici
Avere queste informazioni per legge è possibile in Australia, Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Gran Bretagna, Olanda, Germania e Svizzera. Non lo è in Francia, Belgio, Spagna, Canada e negli Stati Uniti. Leggi per togliere l’anonimato su richiesta del figlio dopo la maggiore età sono in discussione o al voto. Pro e contro. E spesso i donatori anonimi provengono da altri Stati. Anche giovani italiani, quando la donazione è pagata. In Italia, dove la fecondazione eterologa non si può fare, anche questo genere di donazioni, ovuli e sperma, non sono contemplate.
In Canada, il problema è stato portato in tribunale da Olivia Pratten. Lei, quasi trentenne, vuole sapere chi è suo padre. Dalla sua battaglia è venuta fuori una proposta di legge. Da oltre dieci anni Olivia cerca quel donatore numero 128 che, quasi tre decenni fa, ha offerto il seme per concepirla. Olivia chiede che anche i figli dei donatori di sperma o di ovuli abbiano gli stessi diritti degli adottati (ma anche questo non è uguale per tutti i Paesi, in Canada sì) che se vogliono possono contattare i genitori biologici. Da più di dieci anni Olivia si batte per scoprire la sua mezza identità genetica. Per ora ha saputo che il seme fecondante era di uno studente di medicina di Vancouver, capelli biondi, occhi marroni e buona salute. Oggi quel «padre» è probabilmente un medico sui 50-60 anni. Forse vive ancora a Vancouver. Forse ha una famiglia con figli cresciuti con lui. Forse sa dai giornali di questa sua figlia «donata» ma non si fa vivo. E la trentenne Olivia potrebbe anche averlo incontrato e avere avuto una relazione con lui, senza sapere che fosse suo padre. Né lui di aver incontrato la figlia. È possibile. Emilia Costantini con gli stessi elementi ha costruito la trama del romanzo Tu dentro di me (2009), la storia di un amore tra un giovane e la madre biologica anonima.
Ma ancor più in linea con la battaglia di Olivia Pratten è il film The Kids Are All Right (I ragazzi stanno bene), di Lisa Cholodenko, vincitrice dell’Acting Award all’ultimo Festival del Film di Roma. Protagonista femminile Julianne Moore, 50 anni. Nella pellicola Nic e Jules (Annette Bening e la Moore) sono una felice coppia gay, con due figli adolescenti avuti dal medesimo donatore di sperma. Al compiere della maggior età della più grande, i ragazzi decidono di rintracciare il loro padre biologico, Paul (Mark Ruffalo), un estroverso ristoratore, scapolo impenitente. L’ingresso dell’uomo nella vita della famiglia non sarà senza conseguenze. «Negli Stati Uniti ci sono sempre più famiglie di questo tipo. I miei figli, a New York, vanno a scuola con figli di famiglie che hanno due papà o due mamme ed è perfettamente normale. È il futuro. E uno studio del New York Times ha evidenziato che i figli di coppie omosessuali hanno un buon rendimento scolastico, socializzano bene, si comportano bene, insomma sono assolutamente felici», dice la Moore.
Una questione di soldi
Temi di stretta attualità. In Canada i donatori di sperma sono calati da quando le donazioni non si pagano (legge del 2004). Oggi l’80 per cento dello sperma utilizzato da donne canadesi nelle cliniche della fertilità proviene dagli Stati Uniti, dove il pagamento è ancora consentito (minimo 100 euro, più spese e soggiorno). Diversi sono i Paesi in cui la donazione di sperma non è gratis o, comunque, il pagamento non è illegale. Per esempio in Romania un donatore ottiene anche 35 euro per una donazione, in Spagna sui 30-40 più spese e soggiorno pagato. A Londra ormai un terzo dei donatori di sperma è straniero (Sudafrica, Polonia, Ucraina, Colombia) e molti di essi provengono dall’Australia e dalla Nuova Zelanda. I galeotti spediti in quelle terre ostili ormai centinaia di anni fa, alla spicciolata stanno tornando a casa, non fisicamente, ma grazie al loro dna.
Una delle maggiori cliniche londinesi specializzata in inseminazione e infertilità, la The Bridge Centre, ha confermato che molti donatori sono viaggiatori australiani, che così facendo riescono in parte a pagarsi i loro lunghi viaggi in giro per il mondo. I rimborsi per il tempo tolto al lavoro e per i trasferimenti sono di circa 500 sterline. E questo anche per contrastare il calo di donatori verificatosi dopo la legge che in Inghilterra ha tolto l’anonimato. Oggi le liste di attesa, per mancanza di sperma, sono anche di tre anni.
I supermarket del seme
Problemi che ha anche la danese Cryo Bank, la principale banca del seme del mondo, sede ad Aarhus. Duemila bambini concepiti all’anno in tutto il mondo grazie al suo seme congelato. I donatori sono alti, biondi e colti. E possono anche essere selezionati per la somiglianza con il padre sterile. Si tratta di un vero supermarket del bimbo perfetto. Fino a qualche anno fa, i clienti erano per l’80 per cento coppie eterosessuali sterili, per il 10 per cento coppie lesbiche e per il 10 per cento donne single. Oggi queste percentuali sono state stravolte da un nuovo modello di società, dove le single raggiungono anche il 40 per cento delle richieste e le coppie omosessuali sono raddoppiate.
Controlli o limiti sono in genere piuttosto rigorosi: le banche del seme accettano sperma solo da donatori sotto i 45 anni (in Spagna lo stop scatta invece a 35 anni o dopo i 6 figli concepiti), e che rispettino precise condizioni di salute. Oppure: stop dopo 25 donazioni o dopo dieci figli nati dallo sperma di quel donatore. Alcuni centri, poi, accettano il seme soltanto da donatori che abbiano un determinato quoziente intellettivo.
Il donatore seriale
Anche in Francia è prossima una legge per abolire l’anonimato. Laurent è un donatore d’accordo con la trasparenza. Sposato, due bambini. Professione: meccanico d’aereo. È uno dei 10 mila donatori anonimi francesi «padri» di circa 50.000 bambini. Le donazioni sono gratis. Perché Laurent è diventato donatore di sperma? «Ho sempre pensato di non fare abbastanza per gli altri. Dono il sangue due volte all’anno, invio sempre un assegno a Telethon, mi fermo ogni volta che vedo un autostoppista». E si sente egoista perché ha potuto «donare» solo dieci bambini: questo impone la legge. Altro limite è l’età: massimo 45 anni. Ora è ex donatore. E fra un po’ sarà anche ex donatore anonimo.
Le selezioni sono rigide, anche sotto il profilo psicologico: vanno evitati i donatori compulsivi, coloro che vogliono spargere il loro seme per tutta la Francia. Forse un po’ compulsivo è Ed Houben, olandese, 41 anni. Timido, single (non ha nemmeno la fidanzata), un po’ sovrappeso, ma padre biologico di oltre 50 figli. Dopo anni di onorato servizio per il centro Cecos (aveva raggiunto il limite di 25 donazioni previste in Olanda) ha continuato da solo: donatore fai da te e non anonimo. Si offre sul Web. Per soldi? Assicura di no. «Faccio questo — dice — perché so quanto sia dura per le persone che vogliono disperatamente avere un figlio. E passare attraverso le cliniche può essere una procedura lunga e costosa». Lui online garantisce che non fa discriminazioni ai danni di lesbiche o donne single. Il fai da te si compie in casa o in hotel. Procedura come in clinica. Nessun contatto fisico. E in più, Ed va alle feste di ogni «figlio biologico», se invitato. Lui, anonimo, non è mai voluto restare. Essere «papà» record sembra essere il suo unico onorario.
Mario Pappagallo