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 2010  novembre 23 Martedì calendario

NUOVE DISCARICHE E SANZIONI AI COMUNI. QUEL PIANO TRADITO

Neppure un mese fa, nei giorni della rivolta di Terzigno. L’avvocato Luigi Cesaro, presidente della Provincia di Napoli, riceve i giornalisti per una chiacchierata informale. Dalla finestra del suo ufficio si vede l’ampio piazzale sottostante, ingombro di rifiuti. Com’è che si risolve davvero questa eterna emergenza? Cesaro si agita nella sua poltrona. Qualche istante di silenzio. Poi la risposta. «Non ne ho la minima idea».
Il problema è che non c’era più bisogno di idee, almeno così sembrava. Il decreto 90, poi convertito nella legge 123/08, a farla breve il piano rifiuti varato da Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso, doveva essere la Bibbia della "monnezza", con precetti ai quali era impossibile derogare. Non era solo il primo atto di un governo che ne aveva sostituito un altro travolto dai cumuli di spazzatura. Era l’ultima possibilità. «Non esiste un piano B, non ne abbiamo bisogno», così disse il premier al termine del suo primo Consiglio dei ministri. Era il 21 maggio 2008.
Il grande errore fu compiuto nei mesi seguenti. Alla fine dell’estate la città torna pulita. Sollievo, euforia. Ma quell’illusione ottica è un effetto del passato e non del presente. Gianni De Gennaro, nominato Commissario straordinario all’emergenza con l’ultimo atto del secondo governo Prodi, 8 gennaio 2008, usa l’esercito per spalare l’immondizia. Riesce ad aprire due nuove discariche in un solo mese, Sant’Arcangelo Trimonte e Savignano Irpino. Nel maggio 2008, quando il nuovo governo si insedia, per strada non restano che 17 mila tonnellate di rifiuti, un’inezia rispetto al disastro di gennaio, quando in Campania c’erano per terra 300.000 tonnellate.
Bertolaso e la Protezione civile proseguono il lavoro, portano a termine la trattativa già avviate per l’apertura di Chiaiano. Ma una volta finita quella fase dell’emergenza, la legge 123/2008 resta lettera morta. Gli amministratori locali si crogiolano nelle sue lacune, manca ogni istruzione su chi, e come, deve darsi da fare per raggiungere il 50% della raccolta differenziata, l’obiettivo minimo fissato per decreto. Ma intanto si procede con la chiusura per decreto dei sette impianti di Cdr, addetti alla separazione dei rifiuti, ormai resi obsoleti dal molto presunto avvio della differenziata.
La 123/2008 prevede anche lo scioglimento dei Comuni inadempienti nella gestione dei rifiuti, e il 30 gennaio 2009 il Viminale rimuove i sindaci di Maddaloni, Castelvolturno e Casal di Principe. Ma per opportunità politica o quieto vivere nulla accade in altre città che non si avvicinano neppure al requisito minimo di raccolta differenziata fissato per legge. Come Napoli.
Dei nuovi termovalorizzatori, ne era previsto uno per ogni provincia, nessuna traccia. È stato invece inaugurato l’inceneritore di Acerra, che dei suoi 607 giorni di vita non ne ha ancora trascorso uno solo funzionando a pieno regime. Un mistero, sul quale però si basava l’intero ciclo di smaltimento dei rifiuti disegnato dal decreto.
Alla fine, come in un malsano gioco dell’oca, si è tornati alla casella di partenza. Il grande buco, l’unico appiglio. Il governo regionale forza la mano per l’apertura di Cava Vitiello a Terzigno, la più grande delle nove discariche previste dalle legge. Ma il 29 ottobre 2010 è lo stesso Berlusconi a firmare l’accordo che cancella Cava Vitiello dalla 123/2008, insieme ad altri due siti, Valle della Masseria e Andretta. Le tante proteste dei manifestanti hanno avuto il loro effetto. In tutta la Campania si prende nota dell’accaduto. Aprire una discarica ormai è impresa impossibile. Idee, manco a parlarne. Non restano che i viaggi della speranza all’estero. A spese nostre.
Marco Imarisio