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 2010  novembre 23 Martedì calendario

Coco Chanel L’irrgolare. Chanel, la vita di una donna posseduta dalla sua leggenda di Edmonde Charle Roux

Coco Chanel L’irrgolare. Chanel, la vita di una donna posseduta dalla sua leggenda di Edmonde Charle Roux. Rizzoli 1977 • Il padre. Albert Chanel fanfarone poi donnaiolo e violento. Venditore anbulante. Un giorno del 1881 capitò a Croupière e trovò alloggio da Marin Devolle che divenne suo amico. Marin aveva una sorella Jeanne, giovanissima sarta, che faceva l’amore di nascosto nel fienile con Albert finché un giorno del 1882 lui, stufo, decise di andarsene in città. Sapeva di lasciare una diciannovenne incinta. Quando Jeanne lo ritrovò era prossima al parto, lui di sposarsi non ne voleva sapere però decise di riconoscere il bambino e fu così Julia Chanel, concepita in un fienile nacque in un’osteria l’11 settembre del 1882 (fu dichiarata figlia di genitori sposati avevano falsificato lo stato di famiglia) •Si trasferirono a Saumur. Di nuovo incinta e con Albert era sempre in viaggio, Jeanne faceva tutti i lavori possibili: puliva cucine, faceva la lavandaia, la cucitrice per un pensionato e la lavapiatti in un albergo, tutto in un solo giorno. Alloggiavano in un due piani, ma abitavano solo la mansarda al 29 rue Sainte-Jeanne. Era una casa logora e cadente (nello stesso cortiletto invecchiava Marie Augustine Nivellau, l’Eugenie Grandet di Balzac). • Gabrielle. Il 19 agosto 1983 nacque Gabrielle Chanel à la Maison de Dieu di Saumur. Il padre non c’era, a registrarla all’anagrafe ci pensarono tre impiegati settantenni analfabeti che le storpiarono pure il cognome in Chasnel. Fu battezzata il 21 agosto dal vicario di Notre Dame de Nantilly nella cappella degli Hospice. La famiglia era assente, i padrini sconosciuti (un certo Moïse Lion e la madrine la vedova Chastenet). Il cognome di Gabrielle era falso e lo stato di civile di Jeanne era finto (la dichiarava ancora una volta sposata con Albert). I due si sposeranno il 17 novembre del ’84, quando Jeanne era in attesa di Alphonse il terzo figlio. • Croupière. A corto di soldi Jeanne e i figli tornarono a Croupière. Furono gli anni più belli e spensierati per Gabrielle. Li nacquero Antoinette, Lucien e Augustin (che morì poco dopo la sua nascita). Nel 1993 Jeanne, Julia e Gabrielle raggiunsero Albert a Brive-la-Gaillarde. Jeanne lavorava come locandiera ma la sua forte asma la debilitava il suo fisico già indebolito la perpetuo stato di gravidanza e dal dure lavoro al quale si sottoponeva senza mai lamentarsi. Morì il 16 febbraio 1895. Aveva 33 anni. Gabrielle 12. Suo marito non c’era ma quando tornò si affrettò a portare le ragazzine su di una carretta a cavallo all’orfanotrofio della Congregation di Saint-Coeur de Marie nell’abbazia di Obasine.(«. Mi hanno tolto tutto e sono morta. Avevo dodici anni. Si può morire due volte nella vita» Coco Chanel). • Moulin. Nel 1900 Gabrielle ha 17 anni, viene trasferita a Moulins in un istituto religioso dove conobbe una sua zia (la sorella più piccola di Albert) Adrienne. Avevano la stessa età e diventarono inseparabili confidenti. All’istituto impararono a cucire ma fu la tanto odiata zia Julia (la sorella più grande del padre) che le insegnò ad usare la fantasia per abbellire abiti e cappelli. • Sarte. A vent’anni Adrienne e Gabrielle furono sistemate come commesse in una ditta specializzata in corredi per spose in rue de l’Horloge a Sainte Marie. Dormivano nella stessa camera. Presto si sparse la voce che le due ragazze cucivano come fate. Così Gabrielle prese in affitto una camera in rue du Pont-Guinguet e si mise in proprio rubando i clienti al negozio. • Poseuse. A Moulins la vita era allegra, le due ragazze belle ed eleganti erano piene di ammiratori andavano a ballare al Café Chinois, la domenica erano alle corse di cavalli, alla Tentation per prendere un sorbetto e poi finalmente alla Rotonde, un café concerto dove Gabrielle riuscì a farsi scritturare come poseuse assieme ad Adrienne. • Coco. Gabrielle non aveva gran voce ma di certo non le mancavano pubblico e claque. Cantava solo due canzoni. Una era Ko ko Ri ko e l’altra era Qui qu’a vu Coco dans le Trocaderò? E per chiedere il bis il pubblico, per lo più militare, si limitava a gridare: «Coco, Coco, Coco». Le rimase. • Clistere. Gabrielle voleva le luci della ribalta. Ci credeva e volle andare a Vichy. Etienne Balsan, il suo primo amore glielo sconsigliò: «Canti come un clistere» • Gommeuse. A Vichi Gabrielle fu costretta a rendersi conto che non aveva la stoffa per questo mestiere dopo essersi esibita in un vestito di lustrini neri (alla Mistinguett’) come Gommeuse all’Alcatraz di sera e aver fatto la mescitrice d’acqua alla Grille di giorno se ne tornò ben presto tra le braccia suo Étienne. • Mantenuta. Étienne era un ufficiale di famiglia alto borghese, paffutello, non bello né slanciato. Banale. Ma era vivace e scherzoso. Aveva la passione per i cavalli. Portò Gabrielle con sé a Royallieu le insegnò a montare e la iniziò al mondo delle corse. Coco viveva nella dependance, quando non era alle scuderia o con gli amici di Étienne se ne stava in camera a poltrire, leggeva romanzi rosa e feuilleton oppure faceva cappellini per le sue amiche. Sapeva non l’avrebbe mai sposata (era cresciuta in un orfanotrofio e poi aveva compiuto 25 anni). Era una mantenuta. • Atelier. Alla fine degli anni 10 Gabrielle aveva voglia di novità e per evitare che riprovasse col canto Étienne le mise a disposizione la sua garçonnière di Parigi, al 160 Boulevard Malesherbes, come atelier per fare capellini («Un passatempo dignitoso» diceva lui). Chanel aveva successo. Tante signore della Parigi bene acquistavano da lei (molte erano ex amanti di Balsan che in quel posto si erano concesse piccole follie all’oscuro dei mariti). Gli amici di Royallieu la venivano a trovare spesso soprattutto Arthur Capel, detto Boy, un’inglese, alto, pallido con i capelli neri e folti. • Boy. Poco dopo Coco si rese conto che la garçonnière non era più sufficiente e chiese a Balsan un negozio col suo nome. Lui si rifiutò (amava spendere solo per i cavalli) allora intervenne Capel, grandissimo amico di Étienne che con il suo permesso che realizzò i desideri della sua nuova protetta. Gabrielle si sentiva più sicura con Boy, lui la pendeva in considerazione, le chiedeva il suo parere, le faceva leggere i libri di Herbert Spencer, Saint-Yves d’Alveydre o Nietzche e Voltaire. E a dicembre del 1910 l’atelier si trasferì in un mezzanino al 21 di Rue Cambon. • Danseuse. Gabrielle però voleva fare anche altro. Voleva imparare a danzare e Capel l’accontentò. Divenne allieva di Caryathis. Gabrielle era perseverante e puntuale ad ogni lezione ma non aveva la stoffa così qualche mese dopo dovette rinunciare al suo sogno di ballerina. • Deauville. Grazie alle sue nuove amicizie Caryathis, Elise Jouhandeau, Gabrielle Dorziat, Jeanne Léry e Marhte Davelli, Gabrielle conobbe i locali alla moda di Parigi: La Butte, Le Sacre du Printemps ma l’aria di guerra si avvicinava così Gabrielle si stabilì con Cayathis a Deauville, nella stazione balneare in voga fra i vip e dopo essersi fatta il bagno nella Manica («Nessuna donna di buon costume avrebbe mai osato bagnarsi in acque di mare»), aprì un negozietto (finanziato da Capel) nel centro cittadino, in rue Gontaut Biron, con, sulla tenda, il suo nome, nero su bianco. Gabrielle si sentiva libera, non seguiva assolutamente i dettami che la moda del momento imponeva, girava in tailleur di taglio maschile, sempre accompagnata da uomini, anche quando Boy non c’era. • Vignette. Capel e Chanel si fecero immortalare in una caricatura di Sem, disegnatore che raffigurò Boy in veste di centauro con un casco da polo intento a rapire una donna, Gabrielle, e una scatola di cappelli con su scritto Coco. Sopra alla lancia c’era un cappellino piumato. • Mannequins. Il negozio andava così bene che Gabrielle dovette chiamare i rinforzi così arrivarono Antoinette (la sorella piccola) e Adrienne, le mandava a passeggiare al molo con indosso i cappellini per procacciare clienti. • Amici. Il miglior amico di Capel era Clemanceau, (ex presidente del Consiglio che operò una decisa svolta politica verso il nazionalismo e il centralismo statale). Era «Un cafone» secondo Coco ma Arthur lo definiva «un genio». Gabrielle sapeva che Clemenceau presentava giovani donne a Boy ma lei fingeva di esserne all’oscuro. E si dedicò al lavoro. La Signora Rothschild, una parigina molto viziosa, litigò con il suo modiste, il numero uno Mr. Paul Poiret, rivale di Chanel, così accompagnata da tutte le sue amiche si recò da Coco. Così Chanel vestiva le teste della marchesa di Chaponay, della principessa di Faucigny-Lusinge, della contessa di Pracomtal, di Cécile Sorel e tutte quelle signore che prima la ignoravano. Le presentarono Misia Sert, pianista parigina, che presto diventò una sua cara amica. Fu lei ad incoraggiarla ad estendere le sue creazioni e grazie a lei Coco Chanel creò il suo primo modello nel luglio del 1914, ispirato alla moda maschile, con un taglio alla marinara, senza busto con una linea che suggeriva appena il corpo. • La Grande Guerre. I taxi parigini divennero famosi. Ci fu la corsa verso il mare. Parigi si riversò a Deauville, signore senza guardaroba ma con i mezzi per rifarselo si presentarono da Chanel. Gli alberghi divennero ospedali e le dame si offrivano come paramedici per alleviare le ferite dei soldati. Presero dei vecchi camici da cameriera e chiesero a Coco di farne qualcosa di adatto a loro e Gabrielle ne fece delle uniformi deliziose. Le donne si spogliarono di preconcetti e di vestiti e si tuffarono nella Manica le dame si spogliavano di vestiti e preconcetti e si tuffarono nella Manica e Gabrielle pensò per loro un costume da bagno a sbuffo che si arrestava al ginocchio. • Infermiera. Gabrielle si rifiutò di fare l’infermiera e quando Balsan le chiese il perché lei si limitò a rispondere «Non è roba per me» e lui le disse di non averla mai vista al fronte a far visita alle truppe lei con un tono secco disse: «non è di mia competenza». • Ritz. Parigi alla fine del 1914 sembrava più tranquilla così si ripopolò pian piano. Le donne iniziarono a frequentare bar e hotel, di andava sempre al Ritz («Era il più riscaldato») che dava proprio su rue Cambon, era tempo di tornare e di trasferirsi a casa di Capel. Parigi conobbe era sotto le prime Cannonate e le signore accorsero da Chanel a chiedere un abbigliamento notturno veloce da indossare per non scendere in piena notte nella Hall dell’hotel in camicia da notte. Gabrielle creo per loro il pigiama. • Clémenceau era ormai presidente della Commissione dell’esercito, l’uomo più temuto di tutta Francia e nominò Capel nella Commissione franco-inglese per i carboni di guerra. Ma prima dell’estate Boy volle concedersi una breve vacanza con Gabrielle e la portò a Biarritz. Gabrielle capì immediatamente le potenzialità di quella località: Biarritz era l’avamposto sulla Spagna. Chanel affittò Villa de Larralde (di fronte al casino, su di una discesa che portava in spiaggia). Chiamò, Antoinette per farne la guardiana mentre le sarebbe tornata a Parigi in Rue Cambon a presenziare il quartier generale e star vicino a Boy. Nel 1915 Chanel apriva la sua Boutique a Biarritz neanche un anno dopo aveva più di trecento lavoranti. Prese tutti gli utili e rimborso Capel fino all’ultimo centesimo. Lui non glieli aveva mai richiesti. Lei sperava che questa mossa servisse a cambiare le carte in tavola e a farsi sposare. Lui passava sempre più tempo a Londra per via del suo incarico, lei frequentava artisti, lui divenne sempre più geloso si rese conto che lei se la cavava anche senza lui. • Harper’s Bazar la rivista americana pubblicò nel 1916 per la prima volta un modello di Coco. Era un modello della collezione Biarritz. Niente corpino, niente volants. L’abito er a tagliato a V lasciava scorgere il collo e anche qualcos’altro, le maniche inguainavano le braccia dalla spalla al polso come una calza. In testa solo un cappellino dal bordo largo. Era presentato come lo Chanel’s Charming Chemise Dress. • 1917. A Vincenne venne uccisa Mata Hari, a Caporetto ci fu la famosa battaglia, in Russia non c’era più lo zar e in Francia Clémenceau fu chiamato a governare ma a Biarritz Coco acquistò Villa Larralde in contanti (300mila franchi). • A Londra Boy si fidanzò con Diana Lister, al suo ritorno a Parigi non ebbe il coraggio di dire niente a Coco. Rapiti dalla passione trascorsero intere giornate in casa ma dopo un po’ confesso tutto a Gabrielle. Lei ascoltò in silenzio. Non versò una lacrima. Coco affittò un appartamento al piano terra al Quai Billy, la vista dava da una parte sulla Senna e dall’altra sulla collina del Trocaderò. Le finestre erano ricoperte di seta opaca, i mobili erano raso terra e c’era un Buddha gigantesco. Il soffitto dell’anticamera era laccato nero e c’erano giochi di specchio. Nel 1918 si parlava di vittoria ma anche delle nozze di Boy. Gabrielle era sola. Si trasferì a Saint-Cucufa, in una villa La Milanaise con un giardino vista Parigi che festeggiava ed acclamava Clémanceau. La solitudine della villa però non lenì il dolore di Coco così prese a frequentare uomini più ricchi e nobili e affogò in qualche notte di passione il suo dolore. • Nel 1919 Antoinette si sposò con un aviatore canadese Mr. Flemming. I testimoni della sposa sono il fidanzato (segreto) di Adrienne e Boy che accompagna Coco. Al matrimonio c’era tutta la compagnia di Royallieu, Balsan, LaBorde etc. Gli uomini in tight con le croci appena appese. Antoinette in un meraviglioso vestito creato dalla sorella. Gabrielle le aveva prestato la sua RollsRoyce per il viaggio di nozze. Sembrava un giorno perfetto ma Boy aspettava il suo secondo figlio dalla moglie. Capel partì da Parigi alla volta Cannes, chi dice per raggiungere la moglie, chi dice per trovare una casa isolata per lui e Coco. Ma alle 14.30 di un giorno tra il 22 e il 24 dicembre, all’altezza di Fréjus, una gomma della macchina scoppiò, l’autista perse il controllo e Arthur Capel morì. LaBorde si precipitò alla Milanaise ad avvertire Coco che volle subito andare a Cannes («Il peggio – diceva LaBorde – era che quella donna piangeva con gli occhi asciutti»). Arrivarono alle tre del mattino, dopo 18 ore di viaggio, ma arrivarono tardi, la bara di Capel era chiusa. Gabrielle non avrebbe mai più rivisto Boy e non sarebbe andata neanche ai suoi funerali però si recò sul luogo dell’incidente con lo chauffeur di Bertha (la sorella di Boy): «La macchina era lì, sul ciglio della strada, lei si appoggiò al paraccarro e pianse atrocemente, per molte ore» precisò lo chauffeur. • Di ritorno alla Milanaise fece rivestire la sua camera di nero, pareti, moquette, tende e lenzuola perfino il soffitto era nero la prima notte che vi dormì urlò al suo maggiordomo: «Joseph, presto mi tiri fuori da questa tomba!». L’indomani ordinò al tappezziere di «mettere la camera in rosa». • Bel Respiro. A Parigi Gabrielle lasciò il n.21 di rue Cambon, dove aveva un licenza come modista e si trasferì come sarta al n.31 della stessa strada e tre mesi dopo lasciò la Milanaise per il Bel Respiro, una residenza sulla collina di Garches. Portò con sé Joseph Leclerc, inseparabile maggiordomo e sua moglie Marie, Raoul, lo chauffeur, i due cani lupo, Soleil e Lionne, i loro cinque cuccioli, e Pita e Poppée, i cani cacciatori, ultimo regalo di Boy. Il Bel Respiro divenne presto il luogo d’incontro di artisti: Stravinsky (ci abitò per due anni con la sua famiglia), Cocteau, Reverdy, Juan Gris, Misia Sert. Nel ‘19 Coco andò a Venezia con Misia e suo marito. Fu grazie alle gite con Juan Maria Sert che Coco si innamorò di Venezia e sempre grazie ai Sert conobbe Serge Diaghilev. • Generosa. Al suo ritorno a Parigi Draghilev non trovava i mezzi per mettere in scena Le Sacre. Fu allora che si presentò alla sua porta una bella signora elegante. «Era l’amica di Misia e porse a Draghilev uno chèque che superva tutte le sue speranze» con la condizione che non ne parlasse mai (Boris Kochno, Segretario di Draghilev). Gabrielle dava anche una pensione di 3mila franchi a suo fratello Alphonse, tabaccaio, e più tardì (negli anni 30) ne darà una anche all’altro fratello, Lucien. Si prende cura dell’educazione del nipote pagandogli un dei migliori collegi (figlio di Julia morta qualche anno prima di Capel) e per i suoi amici non esiterà a saldare il conto di almeno due disintossicazioni di Cocteau, i funerali di Draghilev, sosteneva economicamente le imprese dei suoi amanti. • Il Gran Duca Dimitri. C’è chi dice che Coco lo abbia conosciuto a Venezia grazie alla contessa Pavlovna e chi dice che era il compagno della sua amica Gabrielle Dorziat e che a Biarritz vedendo l’intesa tra i due le disse: «Se ti interessa te lo cedo, è un po’ caro per me». Dimitri Pavlovnic, nipote di Alessandro III, cugino dello zar Nicola II. La sua faccia era ritratta sui francobolli Russi. Era un ottimo ballerino ma aveva ai piedi solette di carta per mascherare i buchi delle scarpe. Si trasferì al Bel Respiro con Piotr, il suo fido cameriere (non lo lasciò mai da quella notte del 1917 quando fu mandato in esilio). Gabrielle aveva 11 anni più di lui. La loro relazione durò un anno poi però la loro amicizia non venne mai meno (Dimitri lasciò Cocò per offrire il suo nome a una giovane americana Audrey Emery). •N°5. Nel 1920 nasceva il n.5 (profumo che le sarebbe valso, nel corso della sua vita, 15 milioni di dollari secondo il Times nel 1971). L’incontro tra Gabrielle e Ernest Beaux, il profumiere, avvenne a Grasse probabilmente con l’aiuto di Dimitri (il profumiere (era il figlio di un chimico alla corte dello Zar). Ernest Beaux aveva messo a punto alcune fragranze e fece scegliere a Gabrielle il suo profumo tra una decina di fialette. Scelse la N°5. quella con 80 ingredienti, con il profumo di un giardino sconosciuto (fu la prima volta vennero aggiunte in un profumo essenze sintetiche). Coco lanciò anche una nuova moda tra le confezioni. Ancora una volta vinceva la semplicità: un flacone esenziale, un blocco ad angoli acuti, con la una scritta N°5 Chanel sempre in contrasto nero su bianco. Nel sigillo apposto sul collo, in un cerchio nero la sigla, doppia C. • La doppia C. A Ponteils, nelle Cévènnes, paese natale di Joseph Chanel (bisnonno di Coco) si usava incidere le proprie iniziali su tutto ciò che si possedeva secondo il motto «Ama soltanto ciò che ti appartiene». Lui, taverniere, incise su tavole e panche e posate due grandi C, di cui una rovesciata (oltre al cognome, un richiamo anche alle fedi nuziali: si era da poco sposato). • Cambiamenti. Cambio d’uomo, cambio di casa: questa volta la prese a Parigi, al 29 di faubourg Saint-Honoré, nella dimora dei conti Pillet-Will, un palazzo costruito nel 1719. All’inizio aveva affittato il pianterreno poi aggiunse il primo piano. Camere immense, soffitti alti e giardino molto ampio. Gabrielle lo arredò seguendo i preziosi consigli di Le Corbusier, Mackintosh e Van de Velde arricchendolo con oro e cristalli. Il primo mobile di pregio che apparve il quella casa però era un pianoforte per far festa tutte le sere con i suoi amici artisti. • Pierre Reverdy. Poeta, figlio di un viticoltore, capelli nero corvino, non era né slanciato né seducente ma a colpire Gabrielle oltre alle sue parole c’era la profondità dei suoi occhi neri. Si amarono inmol ma qualche anno dopo, il 30 marzo del 1926, Reverdi alla disperata ricerca del Signore si ritirò in una casetta a Solesmes affianco all’abbazia. • Antigone. Adattamento di Cocteau 33 anni, scene di Picasso 41 anni, musiche di Honegger, 30 anni e costumi di Chanel 39.Era la prima volta che faceva dei costumi di scena. «ho chiesto i costumi alla signorina Chanel perché è la più grande sarta del nostro tempo e non immagino le figlie di Edipo mal vestite». Cocteau affidava a lei i costumi di tutte le sue opere, Gabrielle lo ospitava spesso al Faubourg con i suoi amici fumatori di oppio. • Le train Bleu. Draghilev commissionò ai due le train bleu. Opera presentata aux Champs Elisées il 13 giugno 1924. Alla prova generale nulla funzionava, né i balletti né i costumi. Chanel era in fibrillazione, le calzamaglie dovevano essere scucite e rimontate, le gonne aggiustate «Sempre togliere, sempre spogliare. Non aggiungere mai. Non c’è bellezza maggiore che la libertà dei corpi...» ripeteva Coco alle sue lavoranti spossate «Sempre troppo di tutto, troppo di tutto» mormorava. «Parla, mentre lavora, con una voce espressamente contenuta. Parla, indica e ricomincia con una pazienza esasperata». • «... le sue ire, le sue cattiverie, i suoi gioielli favolosi, le sue creazioni, i suoi ghiribizzi, le sue esagerazioni, le sue gentilezze nonché il suo humour e le sue generosità, che compongono un personaggio unico, avvincente, attraente, repellente,eccessivo... insomma umano» Cocteau su Coco • Distinzioni «I costumisti lavorano con una matita: ed è arte. Le sarte con forbici e spilli: è una cosa diversa» Chanel a Vogue edizione francese 1947 • Il Duca. Dal 1924 al 1929 Gabrielle fu l’amante del duca di Westminster. A presentarli ad un party a Montecarlo fu Vera Bates, una sua amica nonché sul suo libro paga come procacciatrice di clienti. Vera una delle donne più amate nell’ambiente londinese, molto amica di Churchill, sposata con un colonnello italiano Berto Lombardi. Dal momento in cui si conobbero Bend’Or la corteggiò con lettere d’amore, gardenie, orchidee, frutti dell’orto, e salmoni di scozia viaggiavo con un corriere speciale, in aereo, verso Parigi. In una corba di ortaggi nascose un astuccio che conteneva una pietra: uno smeraldo allo stato greggio. Lui era alto, biondo, atletico, elegante, distaccato, scherzoso, burlesco e generoso. Nascondeva diamanti sotto i cuscini delle sue amate e le ammirava mentre dormivano (quel che non si diceva era che le picchiava quando non le amava più). Ogni mattina esigeva che il suo cameriere gli stirasse le stringhe delle scarpe anche se le suole erano bucate. Fumava il sigaro in vestaglia e beveva la Charteuse Verde (liquore). Prima di Coco ebbe due mogli e una dopo. Aveva due yachts e un orrendo castello a Eaton Hall. Lei voleva sposarlo a tutti i costi ma la passione con Bend’Or durò fino al 1928. Poi capì che lui voleva un erede. A 46 anni si sottopose a visite, a cure fastidiose e ginnastiche umilianti ma tutto si riassunse in una parola: Sterile («Ho sempre avuto un grembo infantile. Già al tempo di Boy...»). • Per l’estate del 1928 Coco acquistò una casa per l’estate, La Pause, con un terreno coltivato ad ulivi sulle alture di Roquebrune, Costa Azzurra, a pochi chilometri da quella del suo amico Winston Churchill. Il tout Londre vi fece capolino. Gabrielle diede alla sua amica Vera e a suo marito la casetta in fondo al giardino, La colline. Tra il 28 e il 29 le cose tra i due iniziavano ad andare male e terminarono in una crociera con Misia sul Flying Cloud. Si fermarono a Venezia per salutare Draghilev. Era malato Le ricevette al letto all’Hotêl Les bains il 17 agosto 1929. La notte tra il 18 e il 19 morì. Bend’Or ripartì e Gabrielle restò per i funerali: «Quel catafalco fluttuante che è un corteo veneziano portava verso l’isolotto funebre di San Michele le spoglie del mago» (Paul Morand, Venise). Seguivano quattro amici in abiti estivi: Kochno, Lifar, Misia e Gabrielle vestite di bianco («Erano così giovani, tutte in bianco! Erano così bianche!» Draghilev pieno di gioia a Kochno dopo che le sue due amiche erano venute a trovarlo in hotel). Al ritorno a Parigi Gabrielle riprese le sue abitudini e la sua cerchia di amici. Bend’Or, a Londra aveva deciso di sposarsi (con una certa Loelia Mary Pensonby) e volle presentarla a Coco per aver il suo parere. Gabrielle sprofondò nel dolore ma fece finta di nulla. Riprese frequentare Reverdy ma la loro relazione non durò che un anno (il tempo di scrivere un libro di aforismi). •Hollywood. Nel marzo del 1932 quattordici milioni di americani erano disoccupati. Era il momento di osare. E Goldwyn era sicuro bisognava esibire nomi di prestigio a Hollywood. Bisognava dare alle donne un motivo in più per andare al cinema «Primo per vedere i suoi film e le sue dive, secondo per vedere le dernier cri della moda (Sam Goldwyn a Laura Mont nel collier’s 1931)». Ingaggiò Coco, lei esitava ma alla fine cedette. Firmo un contratto di un milione di dollari. Ma dopo il primo film le attrici si ribellarono: non avrebbe accettato che venissero loro imposte, un film dopo l’altro , le creazioni di una stessa mente, fosse pure quella di Chanel. • Armadi. L’ispirazione Gabrielle la trovava spesso negli armadi dei suoi uomini (camicie da amazzone ai tempi di Balsan, maglioni e blaser in stile inglese ai tempi di Capel, rubachka ben aderenti in omaggio a Dimitri e dal ’26 al ’31 bluse e gilet a righe larghe, cappotti per lo sport, abiti per le corse in perfetto stile Eaton Hall). Nel 1926 Chanel creò un abito in crêpe di Chinenero, senza polsi ne colletto, con le maniche lunghe e attillate, sblusato sulle anche, che la gonna rinserrava e modellava strettamente: un tubino.«Ecco la Ford firmata Chanel» (Vogue America). •Hollywood/1 Samuel Goldwyn. Nel marzo del 1932 quattordici milioni di americani erano disoccupati. Era il momento di osare. E Goldwyn era sicuro bisognava esibire nomi di prestigio («Andare al cinema? primo per vedere i miei film e le mie dive, secondo per vedere le dernier cri della moda» (Sam Goldwyn nel ‘31): scelse Chanel. Un contratto di un milione di dollari. Ma dopo il primo film (Tonight or Never con Gloria Swanson) le attrici si ribellarono: non avrebbe accettato che venissero loro imposte, un film dopo l’altro, le creazioni di una stessa mente, «fosse pure quella di Chanel». Lei intascò 1 milioni per un film lui tanta pubblicità. •Hollywood/2 «Era il Mont-saint-Michel delle natiche e dei seni» e ancora «Era come una serata alle Follie-bergère. Una volta che si è detto che le ragazze erano belle e che c’erano le piume si è detto tutto». «L’atmosfera? Infantile... Misia ne era scocciata più di me. Io ne ridevo. Un giorno siamo state invitate da un grande attore che in nostro onore aveva fatto tingere d’azzurro gli alberi del suo giardini. Mi è sembrata una cosa gentile ma stupidina... Le stelle? Ah, quelle! In viaggio ne ho incontrata solo una per cui valesse la pena di spostarsi. Eric von Stroheim. Almo con lui l’esagerazione aveva ragion d’essere». Coco Chanel • Umiliazione. Nel 1936, Gabrielle governava quattromila dipendenti nel suo laboratorio. E secondo gli scioperi del mese di maggio erano un affare da uomini, un problema loro fin quando a scioperare non furono i lavoratori tessili: allora divenne un affronto personale e fin quando le donne non fecero lo sciopero bianco. Un giorno, vestita di un abito blu scuro con indosso un bel po’ di gioielli, si presentò al 31 di Rue Cambon ma nessuno la fece entrare. Fu umiliata. I risposta alle richieste delle lavoranti ne licenziò trecento. Poi propose di far loro dono dell’azienda a condizione di mantenerne la direzione. Rifiutarono. La collezione si avvicinava e Gabrielle spalle al muro dovette cedere alle richieste iniziali («hanno calpestato il mestiere!») • Paul Iribarnegaray, detto Iribe. Illustratore satirico. A 17 anni pubblicò i suoi primi disegni su L’Assiette au Beurre, a ventitre fondò il suo primo giornale le Temoin. Lavorava con Jim (pseudonimo di Jean Cocteau). Gabrielle se ne era innamorata. Con lui il 7 novembre 1932 inaugurò un’esposizione come non se ne erano ma i viste. Solo gioielli di cui nessuno in vendita tutti disegnati da Chanel. Iribe si trasferì a casa sua a Parigi. Nel 33 finanziato da Gabrielle (era l’editore) riapri le Temoin, una rivista nazionalista e xenofoba che rispecchiava la Francia di quei tempi. Gabrielle viveva nell’indifferenza più totale per politica l’unica cosa che le interessava era che Iribe la disegnava nelle sue vignette, la esponeva. Si sentiva così sicura con lui che per la prima volta Gabrielle lasciò che un uomo si intromise nei suoi affari. Dopo i moti del 6 febbraio Gabrielle impaurita dalla miseria licenziò il fido Joseph (16 anni di servizio) e tutta la servitù ad eccezione di una cameriera. Lasciò il Faubourg, prese i suoi mobili e si trasferì in hotel al Ritz, in una suite, arredata fastosamente dove dispiegò i suoi amati paraventi Coromandel. Il Faubourg non aveva più senso per Gabrielle, quell’estate si sarebbe fatta consolare da Iribe (che stava ottenendo il divorzio da Maybelle Hogan) alla Pausa. Ma nell’estate del 1935 Iribe morì mentre giovava a tennis su un campo di terra battuta a Mentone. Gabrielle era lì. Ancora una volta in suo soccorso arrivò Misia che interpretò il silenzio della sua amica come un grido atroce. Non la lasciò più. Viaggiarono e al ritorno tutti si adoperavano per farla lavorare, distrarla dalla sua vita. • La Seconda guerra mondiale. Nel 39 era tutto chiaro. La «drôle de guerre» iniziava. Chanel che viveva nella paura di rimanere povera licenziò di colpo tutte le sue lavoranti e chiuse i battenti. Tutti la supplicarono di non farlo, le proposero di collaborare, poteva far le divise di guerra («Chiedetelo a Poiret, non è mica morto ch’io sappia»). Ripeteva a tutti: «Non è tempo da vestiti». E aveva ragione. Si rifugiò a Corbères a l’hôtel Pèlerin nei bassi Pirenei dal nipote, il figlio di Julia. Le sue sorelle erano morte e aveva scritto ai fratelli per comunicare che data la situazione le avrebbe tagliato i viveri (Lucien le mandò dei soldi la credeva nella miseria più totale). • Gabrielle aveva 56 anni quando tornò a Parigi, i tedeschi avevano imprigionato il nipote. Al suo arrivo trovò il Ritz occupato dai tedeschi. Capì ma insistete perché le dessero una stanza, anche piccola: «A che scopo cambiare? Presto o tardi gli alberghi saranno tutti occupati. E allora? Tanto vale restare qui. La mia camera è piccola? Costerà di meno...». E forse il fatto che i tedeschi abitavano lo stesso albergo le tornava comodo, à Corbières i tedeschi avevo imprigionato il nipote si era fermata già qualche giorno a Vichy per tentare la sua liberazione ma non ci era riuscita. • Hans Gunter Von Dincklage. Nato ad Hannover il 15 dicembre 1896. Alto, sottile e slanciato. Soprannome Spatz. Poco Serio. Apparteneva ad una famiglia di Signorotti dell’Hannover. Incaricato di una missione della Propaganda del Reich sotto il pretesto di un impiego di addetto stampa. Era agli ordini di Goebbels. Sempre in abiti civile. Parlava volentieri inglese. Era discreto. Gabrielle aveva 13 anni più di lui. Furono felici per tre anni. • Ariana. Coco profittò Quindici anni prima aveva ceduto ai fratelli Wertheimer il diritto di produrre e vendere i suoi profumi (Chanel n.5, n.22, Gardénia, Bois des Ñles, Cuir de Russie, Sycomore, Jasmin) ma anche se aveva firmato il contratto non si era mai veramente rassegnata a non averne alcuno diritto soprattutto sul n.5. Si giocò la carta della superiorità dell’epoca: Lei era ariana loro no, era in Francia loro emigrati ebrei negli Stati Uniti e fece loro una guerra senza eguali. Per anni si giocarono tiri mancini ma qualche anno più tardi Pierre Wertheimer cederà e le concederà il 2% lordo sulle vendite dei suoi profumi nel mondo intero, lei, 65 anni, sarebbe diventata una donna dalle rendite colossali (sul contratto con Wertheimer falsificò la sua data di nascita sui documenti non poteva accettare che lui fosse più giovane di lei). • Coco profittò di questa guerra per far causa ai Fratelli Wertheimer, ai quali anni prima, aveva ceduto con regolare contratto, i diritti dei suoi profumi (Chanel n.5, n.22, Gardénia, Bois des Ñles, Cuir de Russie, Sycomore, Jasmin): lei era ariana, loro ebrei, lei viveva i Francia e godeva dell’amicizia dei tedeschi loro erano emigrati negli Usa. Anni dopo Pierre Wertheimer stancò di giocare tiri mancini le concederà il 2% lordo sulle vendite in tutto il mondo. • Pace separata. Verso dicembre del ‘43 il nipote di Gabrielle non era ancora tornato. Spatz le presentò un amico di giovinezza, Theodor Momm che trovò un escamotage per farlo rimpatriare. Lei gli manifestò tutta la sua amicizia. Forse peccando di presunzione o più probabilmente perché nel ’40, in un breve viaggio a Vichy divenne una collaborazionista, Gabrielle propose di fare da intermediario tra il Reich e Churchill, in fondo i tedeschi non ci sapevano fare con gli inglesi, «Hai perduto sangue e lacrime e la predizione si è avverata. Ma questo non ti farà entrare nella Storia Winston. Adesso devi risparmiare vite umane e metter fine alla guerra. Tendendola mano alla pace dimostrerai la tua forza. Ecco la tua missione» diceva all’ufficiale tedesco come se stesse parlando a Churchill . • Operazione Modellhut. Theodor Momm si rivolse all’ufficiale della Gestapo Walter Schellenberg che parve molto interessato all’idea, sperava anche lui in una pace separata, era l’ultima chance del Reich. Ne discusse anche con Himmler che gli diede carte bianca. Gabrielle avrebbe ricevuto gli ordini necessari alla missione. Modellhut (l’operazione Modello Cappello) era stata discussa a Berlino e probabilmente fu lì che iniziò la relazione tra Coco e l’ufficiale delle SS. Lui era, biondo, aitante, un play boy di 31 anni. Coco esigette di avere come dama di compania Vera Bates Lombardi (in fondo era lei la prediletta di Winston Churchill e senza di lei aveva ben poche chance di realizzare i suoi intenti di pace). Vera si trovava a Roma e suo marito, si era rifugiato a Frascati dagli Aldobrandini (come altri ufficiali). Gabrielle le fece recapitare, tramite Spatz, un mazzo di fiori con un biglietto nel quale le chiedeva di ritornare a Parigi per aiutarla con la riapertura della sartoria. Vera declinò l’invito e Spatz la fece arrestare così toccò a Schellenberg farla scarcerare. Andò a Parigi (portò con sé il suo cane Teager, un molossoide). A Parigi Coco si inventò una Chanel Spagna e per portare Vera a Madrid, dove l’ambasciatore inglese avrebbe collaborato con loro per farle incontrare Churchill. Ma a Madrid nessuno collaborò con Coco, l’ambasciata era più favorevole ad ascoltare Vera, inglese di nascita, che rivelò il piano dei tedeschi, che una presuntuosa stilista. Qualche mese dopo arrivò la notizia che Churchill si era ammalato e l’operazione saltò. Coco tornò prima a Parigi e poi raggiunse Schellemberg a Berlino. • Svizzera. Nel 1944 era di ritorno i suoi amici la salutavano ma erano abbastanza distaccati. Un giorno la arrestarono probabilmente con l’accusa di collaborazionismo e probabilmente fu Churchill con l’intercessione del Duca di Westminster a farla rilasciare dopo poche ore. Lei esiliò in Svizzera dove aveva accumulato i proventi dei suoi profumi venduti all’estero, raggiunse Spatz. Schellemberg poteva divulgare l’operazione Medellhut dal carcere. In estate trascorreva qualche settimana a La Pausa. Nel 1947 morirono Josè Maia Sert e Vera Bates, nel 1950 morì Misia. Gabrielle si sentiva terribilmente sola. Nel ’51 Schellemberg scarcerato si rifugiò prima in Svizzera poi a Pallanza, vicino al Lago maggiore, in una casa della quale Gabrielle pagò tutte le spese. Gabrielle venne ricattata da un’agente che aveva scoperto la relazione tra i due e lei pagò. Il 31 marzo del 1952 a Torino Schellenberg morì. Vera morta, Schellenberg morto. Lei tornò a Parigi. • Fiasco. Vendette la Pausa a Emery reeves (agente letterario di Churchill). Ormai le bastava la piccola camera d’albergo del Ritz che dava sulla rue Cambon e un posto dove lavorare. Nient’altro. Il 5 febbraio 1954 la prima collezione. Un disastro. La moda ora acclamava Christian Dior (balenciaga, Piguet, Fath, Rochas). Pierre wertheimer, principale azionista della la Societé des Parfums finanziatrice delle collezioni volò dall’america per verificare se valeva la pena investire nella nuova collezione che Coco aveva in mente per riscattarsi dal fiasco di quel febbraio. Vedendola motivata e coraggiosa come al solito, lui che la ammirava tanto non poté resisterle e approvò i finanziamenti. E un anno dopo Chanel ritrovò la sua onnipotenza, prima negli Usa poi nel mondo. Era riuscita a far tremare Dior, Balenciaga, Piguet, Fath e Rochas. Reverdy era però l’unico che l’aveva perdonata le inviava ancora i suoi manoscritti con dediche poetiche. Lui morì a Solmes il 17 giugno 1960. Gabrielle fu informata da Braque, Picasso e Teriade. «D’altronde, non è morto. Sa, i poeti non sono come noi: non muoiono mai del tutto» (Gabrielle quando le si parlava di Reverdy). • La fine. Gabrielle ora lavorava soltanto. Passava dalla sua camera al suo atelier, attraversando soltanto la rue Cambon. Era sola. Guardava sempre la televisione «La televisione mi abbrutisce. Anche se il programma non è interessante non ne posso fare a meno. Almeno quando sono da sola è sempre acceso». Lo sbarco sulla Luna non le interessava «cosa immaginano che andremo a vivere lì? Costruiremo lì delle capanne? Che ci sarà un servizio aereo tre volte a settimana?» tutte fandonie e sera del ’69 «era una sera in cui avevo sonno. E per fortuna non mi sono svegliata». Aveva crisi di sonnambulismo, alcune notti la si trovava in piedi, addormentata, talvolta nuda, intenta in qualche conversazione con l’invisibile oppure che tagliava con forbici inesistenti abiti per una signora. Il 10 gennaio del 1971 dopo una passeggiata Gabrielle era così stanca che si sdraiò sul letto vestita (Chanel naturalmente), la cameriera Céline (che Coco chiamava Jeanne), riuscì lo a farle togliere solo le scarpe «mi cambierò dopo aver cenato». Sul comodino un souvenir da quattro soldi, in Sant’Antonio da Padova in similoro (ricordo di un viaggio a Venezia con Misia), e un regalo di Stravinsky, un’icona. Le pareti della sua camera erano laccate di bianco, non un quadro («è una camera da letto, non un salotto»), uno specchio senza fronzoli («non è uno specchio da cerimonia. È uno specchio che ti restituisce in faccia un’immagine vera») e un paravento dove appuntava le cartoline degli amici. «Soffoco... Jeanne!» la cameriera si precipitò da Gabrielle, la trovò con in mano una siringa ebbe appena il tempo di dire «Ah, quelle mi uccidono... mi avranno ucciso. È così che si muore». Céline-Jeanne le chiuse gli occhi. Nel suo guardaroba aveva tre tailleur Chanel.