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 2010  novembre 22 Lunedì calendario

Se Mondrian ci spiega il teorema di Pitagora - E’ risaputo, è quasi un luogo comune. Di tutte le discipline scolastiche quella in assoluto meno amata è la matematica

Se Mondrian ci spiega il teorema di Pitagora - E’ risaputo, è quasi un luogo comune. Di tutte le discipline scolastiche quella in assoluto meno amata è la matematica. A parte qualche rara eccezione, gli studenti non solo la trovano arida e noiosa ma la percepiscono come un incubo oppressivo, uno strumento di tortura tanto sottile quanto crudele: le definizioni astruse, le insulse formulette, le regole da mandare a memoria suscitano, e non a torto, un senso di profonda avversione. Tra aritmetica, algebra e geometria - che Lautréamont nei suoi visionari Canti di Maldoror celebrava come «grandiosa trinità» e «triangolo luminoso» - è soprattutto l’ultima a essere insegnata nel modo peggiore e, di conseguenza, a risultare la più incompresa e detestata. Paul Lockhart, autore di un appassionato e corrosivo pamphlet Contro l’ora di matematica (Rizzoli 2010), ha pienamente ragione ad affermare che «le lezioni di geometria sono di gran lunga la componente più distruttiva dal punto di vista mentale ed emotivo dell’intero programma di matematica della scuola dell’obbligo». La presentazione falsamente rigorosa della geometria elementare, le assurde definizioni di punto, di retta, di piano o di angolo, che fanno acqua da tutte le parti, le presunte dimostrazioni formali invece di educare al ragionamento e di trasmettere il fascino della disciplina costituiscono, nella maggior parte dei casi, un insulto all’intelligenza degli studenti e mortificano doti preziose, che andrebbero coltivate e incoraggiate, come l’intuizione spaziale e il senso della bellezza. Un secolo fa il grande matematico francese Henri Poincaré metteva in guardia contro l’insensatezza e la nocività dell’insegnamento dogmatico. Così osservava in un capitolo di Scienza e metodo (1908): «Il professore detta che “la circonferenza è il luogo dei punti del piano equidistanti da un punto interno detto centro”. L’alunno diligente scrive questa frase nel suo quaderno, quello negligente scarabocchia dei pupazzetti, ma né l’uno né l’altro hanno capito. Il professore prende allora il gesso e disegna una circonferenza sulla lavagna. “Ah - pensano i ragazzi - una circonferenza è un tondo, avremmo capito subito”». È bene dirlo chiaramente, a scanso di equivoci. La responsabilità dello stato disastroso in cui versa l’insegnamento della matematica, e della geometria in particolare, non grava solo sulle spalle dei docenti, i quali si dibattono tra mille difficoltà e sono, in un certo senso, essi stessi vittime del sistema di formazione universitario, che da almeno quarant’anni si rivela fallimentare nell’assolvere il proprio compito di trasmissione e di costruzione del sapere. La responsabilità è da attribuirsi principalmente ai famigerati programmi ministeriali e alla loro più diretta emanazione, i libri di testo sui quali i nostri figli sono costretti a studiare. Grafica d’antan, che mette tristezza al primo sguardo, linguaggio spesso pomposo e al contempo impacciato, grande sfoggio di dogmatismo che lascia in ombra le idee fondamentali e le ipotesi implicite, nessun tentativo serio di esplorare i legami, gli intrecci affascinanti con altri campi della cultura, come l’arte, l’architettura, la musica, la fisica, la filosofia. Non ha questi difetti il «grande racconto della geometria» - C’è spazio per tutti - del prolifico Piergiorgio Odifreddi, primo libro, in uscita domani da Mondadori, di una serie di quattro (a quel che è annunciato) nei quali sarà ripercorso l’intero corpus delle discipline matematiche. Innanzitutto, il volume è magnificamente illustrato, una vera gioia per gli occhi: ma l’apparato iconografico non ha valore puramente esornativo. Le figure accompagnano il testo e lo commentano, sono esplicative e, al tempo stesso evocative. La spirale della conchiglia del Nautilus (come già messo in luce da D’Arcy Thompson in Crescita e forma ) guida il lettore alla scoperta delle proprietà della sezione aurea e delle quantità irrazionali; i quadrati colorati nelle tele di Mondrian e di van Doesburg fanno da controcanto visivo alle costruzioni necessarie alla dimostrazione del teorema di Pitagora. In secondo luogo, la scorrevolezza della scrittura e la verve espositiva non vanno mai a scapito del rigore dei ragionamenti: non si dimentichi che Odifreddi, fin troppo noto come polemista, è un valente logico matematico, autore di importanti contributi alla teoria della ricorsività. Infine, e questo è forse il merito maggiore del volume, le straordinarie scoperte della geometria antica - dagli Egiziani, agli Indiani, ai Greci - sono narrate come avventura del pensiero, che infrange ogni barriera tra i diversi campi del sapere. Da Platone ai teorici rinascimentali della prospettiva, da Tolomeo a Keplero, da Euclide a Einstein, da Archimede a Buckminster Fuller, si disegna un fitto ordito di rimandi e di suggestioni, che costituisce la trama stessa della nostra cultura occidentale.