MARIO TOZZI, La Stampa 22/11/2010, pagina 21, 22 novembre 2010
“Dobbiamo salvare le ultime 3200 tigri” - Prima che gli uomini si trasformassero in super-predatori, prima che l’accumulo si trasformasse nell’unica legge, prima ancora che le città stuprassero le foreste c’era solo una regina della giungla asiatica
“Dobbiamo salvare le ultime 3200 tigri” - Prima che gli uomini si trasformassero in super-predatori, prima che l’accumulo si trasformasse nell’unica legge, prima ancora che le città stuprassero le foreste c’era solo una regina della giungla asiatica. Era la maestosa tigre, superbo retaggio di un mondo primordiale forse più duro, ma senz’altro più armonico. Di decine di migliaia di tigri ne restano poco più di tremila al mondo, per salvare le quali stavolta non basteranno più le parole o gli impegni generici. Se non vogliamo che il prossimo anno della tigre, nel 2022, venga celebrato senza le protagoniste. Forse credevamo che le tigri fossero protette, invece Thailandia, Myanmar e Cina costituiscono ancora oggi una trappola per gli scopi meno giustificabili e violenti. Pelli, ossa, denti, zampe e interi animali rarissimi vivi (come il leone asiatico) vengono illegalmente, ma proficuamente, commerciati, approfittando della lontananza dal governo e incentivati dai margini di profitto elevatissimi. NA San Pietroburgo, Cina e Thailandia (che importano) sono chiamati a rispondere di questi traffici al pari degli altri Paesi asiatici esportatori, per un totale di centinaia di individui uccisi ogni anno. Tutto il resto del mondo li guarda, anche se non può fare a meno di ripensare sulle strategie che hanno contribuito a distruggere gli habitat di quei felini, fondamentali, se non si vuole che le tigri divengano poco più che morti viventi. Il modello di sviluppo occidentale, insieme con l’assalto alle risorse naturali, è leel 2008, per salvare una troupe televisiva, Putin addormentò una tigre di 450 chili in Siberia con un proiettile sonnifero. Da ieri fino a mercoledì il premier russo promuove con la Banca mondiale una conferenza internazionale per la tutela del grande felino. Nel neoclassico palazzo Mariinskij di San Pietroburgo si riuniscono i leader di tredici paesi (Bangladesh, Birmania, Butan, Cambogia, Cina, India, Indonesia, Laos, Malesia, Nepal, Russia, Thailandia, Vietnam) per avviare strategie globali e salvare gli ultimi 3200 esemplari sopravvissuti al mondo (la metà in India). Un secolo fa erano circa 100mila, prima che venissero decimati dalla caccia tale almeno quanto il bracco- naia di migliaia di uccelli vivi, naggio. meglio se accecati, per massa- Ma gli europei non hanno la crarne altri? Eppure è ciò che coscienza a posto. Cosa dire- succede quotidianamente. Il ste se vedeste qualcuno far cor- Parlamento europeo approva rere un cane fino a che non san- una normativa che peggiora guini dalle zampe e muoia sfini- (almeno nel nostro Paese) la to? O qualcun altro usare centi- sperimentazione animale, preindiscriminata e dalla distruzione del loro habitat. Tra i protagonisti dell’incontro c’è Wen Jiabao, la cui Cina è il principale consumatore di prodotti derivati dalla caccia alle tigri; ogni anno vengono uccisi 150 esemplari per alimentare un mercato nero tradizionale di medicinali e afrodisiaci. La Russia invece è l’unica Nazione in cui i felini sono cresciuti, dagli 80-100 esemplari degli anni ‘60 ai 500 attuali. L’incontro di San Pietroburgo, al quale partecipa anche il Wwf, è sponsorizzato dalla Banca mondiale, che ha già annunciato uno stanziamento di 350 milioni di dollari. L’obiettivo è raddoppiare il numero delle tigri entro il 2022. vedendo la vivisezione per le cani, per esempio facendoli grandi scimmie selvatiche, che nuotare fino alla morte, per veci assomigliano al 98% del Dna, dere dove arriva la nostra soe sugli animali randagi di cui glia di resistenza o di dolore. non sia possibile dimostrare L’uomo è la sola specie animal’appartenenza. Si potrà speri- le che riduce in schiavitù e tormentare su specie in via di tura altre specie, anche al di là estinzione e sfiancare gatti e della propria stretta sopravvivenza. Di più, è l’unica che lo fa anche per esigenze voluttuarie come la cosmesi o la pulizia personale. Senza sperimentazione animale le malattie mieterebbero più vittime fra gli umani? Due fatti ci impediscono di prendere scientificamente sul serio questa affermazione. Per primo, ciò che è sperimentato sugli animali non sempre funziona sull’uomo, come dimostrò la talidomide nella Germania degli Anni 70. Ed è noto che alcune sostanze tossiche per l’uomo non lo sono per gli animali (stricnina). Alla fine sarà sempre e solo la sperimentazione umana a decidere sulla terapia da utilizzare. Alcune ricerche dimostrano che la correlazione fra studi pre-clinici e benefici terapeutici è debolissima, tanto che spesso la ricerca in vivo può essere considerata irrilevante. Il secondo è che oggi la scienza e la tecnologia consentono ciò che anni fa era impensabile, come la sperimentazione su tessuti o cellule in vitro, lasciando in pace l’individuo. E non possiamo considerare gli animali come modelli causali analogici di cartesiana memoria, anche perché non tutti saranno senzienti, ma tutti certamente soffrono e almeno si potrebbero risparmiare loro quei dolori. Che non vengono risparmiati nemmeno ai 250 mila uccelli attualmente detenuti (nella sola Toscana), in condizioni di atroci sofferenze, per funzionare da richiami vivi allo scopo di uccidere altra selvaggina. Non è solo questione di animalismo, ma di ripristino della legalità, visto che la Corte costituzionale aveva già bocciato un’analoga legge regionale e che si preparano le sanzioni da parte della Ue. In quanto a diritti degli animali non umani, il nostro Paese è quasi l’ultimo in Europa, grazie a una lobby profondamente minoritaria, ma estremamente aggressiva in Parlamento. Negli ecosistemi malati la caccia fa danni almeno quanti il bracconaggio reca alla tigre.