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 2010  novembre 22 Lunedì calendario

Un altro ex agente del Kgb e sua moglie intossicati con il mercurio a Londra - Marina Kalashnikov, moglie di Victor, ex agente del Kgb, mostra le mani al fotografo del Sunday Times

Un altro ex agente del Kgb e sua moglie intossicati con il mercurio a Londra - Marina Kalashnikov, moglie di Victor, ex agente del Kgb, mostra le mani al fotografo del Sunday Times. Sono gonfie, irritate, con una macchia blu che parte dalla base del pollice e arriva fino al polso. Suo marito, che oggi fa il giornalista ed è un uomo che forse sa troppo, è di fianco a lei, immobile. E’ un uomo alto, con i capelli castani, corti, che un tempo è stato un atleta. Adesso è come se il suo corpo si stesse ritirando piano. Balla nei vestiti, è scavato in volto e non può fare a meno di grattarsi la pelle pallida. La notte fatica a dormire, non riesce più a parlare fluidamente, ha perdite di memoria e spesso è vittima di attacchi epilettici. «La polizia segreta russa ci ha avvelenato». Lo pensano dalla primavera scorsa quando i primi sintomi hanno cominciato ad attaccarli mentre viaggiavano per conferenze tra l’Estonia, la Polonia, la Russia e il Belgio, poi le analisi tossicologiche in un ospedale tedesco hanno dato corpo ai sospetti. E’ come se qualcuno li avesse seguiti nell’ombra per aggredire il loro fisico, smontarlo pezzo a pezzo e obbligarlo alla sofferenza con la gelida ferocia di chi è convinto di presentare il conto di un tradimento. «Il Kgb era una sorta di fratellanza. E chi ne ha fatto parte non può uscirne mai più. Tanto meno può sollevare dubbi sull’operato di chi comanda. Un mio contatto governativo mi aveva avvisato: o scrivi di noi con maggiore simpatia o saranno guai». Nelle loro vene, Frank Martin, medico dell’ospedale della Carità di Berlino, ha trovato 53 microgrammi di mercurio per ogni litro di sangue. La media di un essere umano sano è di due. Nel miscuglio chimico che li sta fiaccando, Anthony Dayan, professore di tossicologia al St Bart’s Hospital Medical College, ha trovato anche tracce di tallio, di cadmio e di polonio, la sostanza radioattiva che mischiata al tè portò alla morte della spia Alexander Litvinenko nel 2006 a Londra. Per questo che gli inglesi si sono presi a cuore il caso. Al G20 in Corea del Sud il presidente russo, Dmitry Medvedev, ha invitato Cameron a Mosca dopo quattro anni di tensioni. Cameron ha accettato l’invito e il viaggio è previsto per la seconda metà del 2011. Le diplomazie sono al lavoro per evitare che le differenze tra i due Paesi esplodano in modo clamoroso nel corso di quello che dovrebbe essere un incontro di riavvicinamento. Il caso Kalashnikov arriva nel momento sbagliato e complica ulteriormente un rapporto da sempre difficile. I servizi segreti russi sono un incubo costante dei sudditi della Regina e oggi sembrano particolarmente attivi. Alla fine di giugno undici agenti dormienti di Mosca sono stati fermati negli Stati Uniti. Tra loro Anna Chapman Kushchenko, figlia di un ex diplomatico con il fisico da modella e un comportamento descritto come «sessualmente aggressivo». Aveva vissuto per cinque anni a Londra dove si era sposata ed era abituata a frequentare banchieri e uomini politici alle esclusive feste di Chelsea. Perché aveva fatto base in Inghilterra? L’MI5 pubblicò in quei giorni un comunicato sul proprio sito in cui sosteneva che in Gran Bretagna «sono presenti almeno venti organizzazioni straniere che lavorano contro gli interessi nazionali. E i servizi cinesi e russi sono la parte più pericolosa di questo fronte ostile. Lo spionaggio è agli stessi livelli dei tempi della Guerra Fredda». Un’esagerazione? Sir Christopher Meyer, ex ambasciatore inglese a Washington, con quattro anni di esperienza diplomatica a Mosca, rincarò la dose. «Con Medvedev e Putin la Russia sta vivendo un rigurgito di nazionalismo e non è un caso se l’uomo che ha ucciso Litvinenko è seduto in Parlamento a Mosca. Se i russi investono tutti quei soldi per spiare gli americani è ovvio che fanno lo stesso con noi». Una storia antica, che ha avuto una breve pausa solo nell’era Gorbaciov. Nel 1957 Danilo Skoropadskyi, politico ucraino, fu assassinato a Londra. Nel 1971 Edward Heath, primo ministro Tory, espulse dalla Gran Bretagna, che da sempre accoglie i rifugiati politici dell’ex Unione Sovietica, 105 spie che lavoravano sotto copertura per l’ambasciata. Nel 1978 fu la volta del dissidente bulgaro Georgi Markov, pugnalato a una coscia con la punta avvelenata di un ombrello. Nel 2006 Litvinenko, la cui vedova ha raccontato ieri che nove settimane prima della morte del marito una partita di polonio sarebbe stata consegnata alla polizia segreta russa. Sarebbe. Un braccio di ferro logorante. In settembre il leader separatista ceceno Akhmed Zakayev, che dal 2003 ha ottenuto asilo politico nel Regno Unito, è stato arrestato a Varsavia sulla base di un mandato d’arresto russo. «E’ un terrorista». Per la Gran Bretagna un perseguitato. Adesso l’avvelenamento Kalashnikov, che negli Anni 90 era stato collega di Alexandr Lebedev, il proprietario dell’Independent che ha denunciato pochi mesi fa un tentativo di avvelenamento da mercurio. Non sarà banale l’incontro tra Cameron e Medvedev. Il professor Antony Dayan spiega che «il mercurio è un veleno inefficace per uccidere. Troppo lento. Ma è perfetto per farlo diventare pazzo. Paranoia e depressione sono sintomi molto frequenti». L’hanno poeticamente ribattezzata la sindrome del Cappellaio Matto, quello di Alice nel Paese delle Meraviglie, il compare dello stravagante coniglio fuori controllo che corre senza meta in un mondo che non c’è.