Valerio Berruti, Affari & Finanza 22/11/2010, 22 novembre 2010
FERRARI AL GRAN PREMIO DELLA BORSA
Può un errore come quello commesso durante l’ultimo Gran premio di Abu Dhabi gettare un’ombra sulla Ferrari? Insinuare il dubbio che davvero la rossa di Maranello non sa più vincere? È il terzo anno consecutivo che finisce così e qualcuno potrebbe anche tirare fuori il vecchio detto che "tre indizi fanno una prova". Sicuramente qualcosa sta accadendo nell’ultima industria dell’auto a cui è affidato il grande sogno della velocità, dei record e dell’eccellenza italiana. Anche dal punto finanziario. La Fiat, proprietaria all’85 per cento, ha già accantonato 122 milioni di euro per riprendersi il 5 per cento di quota attualmente in possesso di Mubadala Development, un fondo di investimento di Abu Dhabi. Un’operazione che, in vista di una futura quotazione in Borsa, riporterebbe la quota del Lingotto in Ferrari al 90 per cento, permettendo così al gruppo di Marchionne di far cassa: per esempio, cedendo fino al 39 per cento della partecipazione ma continuando a mantenere, con il 51 per cento, il controllo della casa di Maranello.
Manovre che naturalmente aprono scenari nuovi e tutti da scoprire per un marchio che resta comunque il miglior concentrato di vittorie, fascino e business. L’unico che se un giorno decidesse di uscire dalla F1 metterebbe davvero in ginocchio il sistema sportivo più ricco del mondo. Il motivo? Il Cavallino è il marchio che ha vinto di più, l’unico ad aver sempre partecipato, fin dall’inizio. Insomma, un incredibile moltiplicatore del suo stesso successo.
Dal punto di vista economico, del business vero e proprio, tutto quello che la Ferrari tocca si trasforma in oro. Una sorta di Re Mida dell’automotive. Fanno impressione i suoi numeri, le vendite sempre in crescita, il fatturato, passato negli ultimi cinque anni da 1,2 miliardi di euro a quasi 1,8. Fa impressione la forza del suo brand. Nella classifica 2010 "Best Global Brands" stilata da Interbrand, società di consulenza nel campo dei marchi a livello internazionale, l’Italia è rappresentata da Ferrari, Gucci e Armani. Molti altri marchi vanno e vengono, la casa di Maranello c’è sempre.
Il suo nome spalanca tutte le porte, in ogni angolo del mondo. È un sogno anche per i più grandi piloti. A dicembre 2008, Sebastian Vettel, ora campione del mondo proprio a spese della Ferrari, si lasciava andare a una incredibile dichiarazione d’amore nei confronti della rossa di Maranello: «Se devo scegliere tra guidare una Ferrari e diventare campione del mondo, decido per la seconda. Ma bisogna essere realisti: non lo puoi diventare se non guidi una delle migliori macchine disponibili. E la Ferrari ha dimostrato come si deve fare». Certo, poi è successo proprio il contrario ma quella è un’altra storia. Non cambia la sostanza, la forza straordinaria e il fascino di questo marchio unico al mondo. Un marchio che ancora oggi riesce a dividere il paese. Che tiene incollati 10 milioni di telespettatori davanti alla tv per assistere alla disfatta dell’ultimo gran premio di Abu Dhabi.
Un marchio di automobili ma anche un modello economico di business, creato, voluto e coccolato da Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari dalla fine del 1991, anni duri anche per il Cavallino. I suoi numeri, dicevamo, fanno impressione, così come la capacità della Ferrari di creare supercar uniche al mondo. Nei primi nove mesi dell’anno i ricavi sono cresciuti del 4,8% raggiungendo quota 1,35 miliardi di euro, l’utile ha fatto registrare più 9% a 192 milioni, grazie anche all’incremento del 2,4% (fino a 4.598 unità) del numero di auto vendute dai concessionari di tutto il mondo. Se si considerano invece i ricavi del solo terzo trimestre 2010, l’incremento rispetto allo stesso periodo del 2009 è ancora più evidente, con un più 12,6%. Ed è anche per questo che la Ferrari prevede di chiudere il 2010 con una crescita a doppia cifra del risultato economico. «Si tratta del secondo migliore risultato dopo il record del 2008 ha detto Montezemolo durante il Salone dell’auto di Parigi in un anno non straordinario. La testimonianza che abbiamo reagito benissimo alla crisi mondiale con una continua innovazione di prodotto con uno sforzo continuo e costante, continuando a investire proprio nella ricerca e sviluppo, esclusa la Formula 1, il 1819% del fatturato».
Insomma, mentre il resto del mondo dell’auto perde i pezzi, le vendite Ferrari, sempre nei primi nove mesi dell’anno, riescono a crescere del 5 per cento in nord America, del 17 in Inghilterra e del 10 in Australia. Sono state 6.250 le vetture vendute lo scorso anno e qualcosa di più sarà il bilancio finale di quello in corso. Con un aumento delle vendite, fisiologicamente legato al progressivo ingresso in nuovi mercati. Oggi sono 57 i Paesi nel mondo in cui è presente la Ferrari, nel 1993 erano appena 29 con vendite concentrate soprattutto in Usa, Germania e Italia. Un dato quasi raddoppiato, anche in questo caso senza precedenti. I dealers sono arrivati a 200 ma continueranno ad aumentare con i nuovi mercati. Il prossimo, all’inizio del 2011, sarà quello indiano, dove la Ferrari conta di stabilirsi a Munbai e Nuova Delhi.
Tra i nuovi mercati spicca, come avviene un po’ per tutti, la Cina, con un più 15%, con 300 vetture vendute e un obiettivo a breve di 500. Per la rossa questo diventerà, infatti, entro i prossimi cinque anni uno dei primi tre mercati al mondo, raggiungendo gli attuali livelli di Italia e Germania, mentre gli Usa resteranno il primo mercato. Secondo la Goldman Sachs, quest’anno la Cina registrerà un Pil superiore a quello della Germania, nel 2015 supererà il Giappone e nel 2040 gli Stati Uniti. È per questo che gli uomini Ferrari si stanno preparando a incassare questa nuova vittoria commerciale. Soprattutto Montezemolo.
Quella della Cina e delle nuove frontiere è, infatti, una sfida tutta sua. È sotto la sua guida che la casa di Maranello ha cominciato a diventare davvero internazionale con una serie di accordi commerciali per l’importazione di vetture in Cina. È anche grazie a lui che, appena due anni dopo l’insediamento, nel 1993, al Moma di New York vengono esposte per la prima volta una 166 MM del 1948, una F40 del 1987 e una F1 del ‘90. Per la Ferrari sono gli anni della svolta con l’inarrestabile crescita sui mercati di tutto il mondo. Ma è anche l’inizio della consacrazione del mito.
Ecco dunque cosa è diventato oggi l’impero Ferrari che lo stesso Montezemolo non perde occasione per definire «L’eccellenza dell’industria automobilistica, la forza del Made in Italy nel mondo, l’essenza della competitività». È impossibile, infatti, trovare un’altra realtà dello sport automobilistico che riesce a mettere insieme in maniera così perfetta emozione, tradizione, successo e tecnologia. Tutti i suoi modelli ne sono la rappresentazione. Ognuno di essi rappresenta sempre un grande passo in avanti, in ognuno c’è una pagina di rivoluzione tecnica appena scritta nella Formula 1 che gli uomini di Maranello sono subito pronti a trasferire sui modelli stradali.
Qualche esempio? Eccolo. Nel ‘97 sulla F355 viene istallato per la prima volta il cambio tipo F1 con comandi al volante. Due anni dopo la 360 Modena è la prima vettura stradale ad essere realizzata interamente in alluminio. Nel 2002 arriva la scocca in carbonio della Enzo. E ancora, nel 2004 sbarcano sulla 430 tutti i controlli elettronici della F1, comandati dall’ormai famoso "manettino". Nel 2009, infine, la rivoluzione della 458 Italia, prima auto stradale al mondo con tutti i comandi principali sul volante. Oggi i modelli in gamma sono 4: due dodici cilindri (Scaglietti e 599) e due con motore V8 (California e 458 Italia), tutti interamente realizzati nella fabbrica di Maranello, fabbrica modello, naturalmente. Con tanto di Galleria del vento, progettata da Renzo Piano, primo passo verso la trasformazione dello stabilimento modenese in un caso esemplare per la cultura industriale. In Ferrari sono convinti si tratti di una specie di campus. Un </n>progetto che hanno chiamato </n>"Formula uomo". Un nuovo ap</n>proccio al lavoro che punta mol</n>to sulla qualità della vita in azien</n>da. Che vuol dire anche utilizzo di </n>energia pulita, di luoghi di risto</n>ro e relax per i dipendenti e le lo</n>ro famiglie. Un investimento di </n>200 milioni di euro negli ultimi </n>dieci anni ma anche questo un </n>altro grande business. Perché </n>tutto quello che tocca la Ferrari </n>diventa oro. O almeno così è ac</n>caduto finora.